Il tribunale di Bologna ha condannato in primo grado gli antifascisti (tra cui un attuale membro del Coordinamento Nazionale di Potere al Popolo) che l’8 novembre 2014 contestarono i leghisti Salvini, Borgonzoni e Fabbri durante la loro provocazione al campo sinti di Via Erbosa.
In piena campagna elettorale, i leghisti scelsero proprio il campo tristemente famoso per uno degli omicidi razzisti della Banda dell’Uno Bianca.
Un ampio fronte di antifascisti costruì un presidio solidale per non consentire la provocazione, e i leghisti cercarono di aggirare il presidio.
Contro gli antifascisti che tentarono di impedire questo accesso, un gruppo dei quali giunti presso il luogo in cui il futuro ministro aveva appena tenuto una frettolosa conferenza stampa, la macchina su cui viaggiava Salvini reagì accelerando e per un soffio nessuno rimase investito.
Questi fatti sono stati documentati dalle registrazioni video, anche di media mainstream. Nonostante questo, i leader leghisti hanno deciso di andare in tribunale dipingendosi come vittime di una brutale aggressione a freddo.
In primo grado il tribunale, anche se ha emesso condanne meno pesanti di quelle richieste dalla procura, ha sentenziato per reclusioni fino a un anno e sei mesi e al pagamento di danni e spese per decine di migliaia di euro. Si tratta di condanne assolutamente fuori scala rispetto agli avvenimenti.
La difesa della Lega aveva chiesto danni morali addirittura per 200 Mila euro: è così che cercano di fare cassa per recuperare i 49 milioni che devono agli italiani?
Questi procedimenti penali, fondati sulla messa in stato d’accusa degli antifascisti, sono sempre meno isolati: basti pensare al processo che vede coinvolti gli antifascisti della vicina Carpi per aver cantato Bella Ciao di fronte a un presidio di forzanovisti.
Al di là di ogni considerazione di natura legale, è evidente che la Lega ha voluto usare tutto il suo peso nel processo di Bologna, per delegittimare e mettere pressione su chi contesta la sua costruzione di consenso politico sulla pelle degli ultimi.
Una modalità di campagna elettorale che Salvini e Borgonzoni hanno replicato cinque anni dopo con lo squallido tiro a una famiglia del Pilastro accusata di spaccio a favore della polemica mediatica e politica.
Vale sempre la pena di ricordare che la Lega sostiene insieme al PD il governo del banchiere europeo Draghi, di cui Borgonzoni è sottosegretaria alla cultura, mettendo a nudo quanto sia vuoto e deprecabile il richiamo ai valori della Resistenza cui i partiti di centrosinistra si ricordano di fare ricorso solo durante le campagne elettorali.
Di fronte all’attuale crisi strategica dei partiti che come Lega e M5S si erano candidati a rappresentare il malcontento popolare in seguito alla crisi del 2008 e ai governi dell’austerity, e nella consapevolezza che i partiti della sinistra non possono costituire un argine alla melma nera che rigurgita dalla fogne, come compagni di Potere al Popolo Bologna vediamo ulteriormente confermate le ragioni della scelta di costruire un soggetto nazionale in grado di animare il conflitto e di offrire una proposta alternativa ai settori che subiscono le conseguenze della crisi di questo modello sociale distorto.
Ora che la fase acuta della pandemia è alle spalle e che l’Italia sarà investita dagli effetti della riorganizzazione produttiva e delle riforme strutturali che accompagneranno il Pnrr, occorre dare ulteriore impulso organizzativo alle esperienze di lotta che con Potere a Popolo hanno trovato finalmente occasione di mettersi a rete.
Confermiamo la nostra solidarietà a tutti i condannati e al nostro coordinatore nazionale.
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