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Fico fallisce, ancora! Piccola storia e critica di un simbolo della “super Bologna”

La scorsa settimana Oscar Farinetti ha annunciato a Radio24 (la radio di Confindustria) la chiusura di FICO, un’opera incensata dall’amministrazione comunale e dai giornali di turno in maniera apparentemente inspiegabile.

I grandi paragoni che parlavano della “Disneyland del cibo” sono sempre stati fuori luogo, se ricordiamo come questo mostro sia stato realizzato grazie a “una scommessa per 140 milioni di euro per richiamare 6milioni di visitatori l’anno e registrare profitti per 70”, definizione del Sole24ore.

Palesemente non è stato così. A pagarne i costi è stato il Pilastro, con il Comune che ha ceduto i diritti d’uso di un area pari a 10 ettari per un valore di decine di milioni di euro, e la Regione che ha pagato cifre per 4 milioni per i “Ficobus” che hanno corso per mesi vuoti.

Si tratta dell’ennesimo progetto con l’obiettivo della sostituzione di classe nelle città, in una Bologna vetrina gastronomica, in cui però la storia di hub della gastronomia fatica a trovare sbocchi nel medio-termine a causa della struttura della filiera produttiva del settore.

In una città che registra un impoverimento degli abitanti a causa del lavoro povero e del turismo, unici fari per l’amministrazione Lepore.

Fico, come il Marconi Express, rappresenta perfettamente l’idea di “sviluppo” dell’attuale amministrazione: fondi pubblici e profitti privati agli amici imprenditori e ai fondi di investimento. E, se come in questi due casi, il progetto è talmente fallimentare da essere ignorato persino da turisti e cittadini, ci pensa il Comune a rimediare alle perdite.

Se il parassitismo burocratico e le mancette delle giunte Lepore/Merola non ci sono nuove, non lo è nemmeno il personaggio di Farinetti.

Dall’annuncio in radio della chiusura di Fico (all’oscuro dei sindacati) oggi sembra essersi rimangiato tutto, volendo aggiungere delle residenze all’area Fico invece di chiuderlo, in un’area già isolata dal quartiere circostante che rimane senza collegamenti decenti con la città.

Più  di 90 contratti a termine per i dipendenti FICO sono già saltati. Ma si sa, i migliori amici di Farinetti, oltre all’amministrazione comunale sono i fondi di investimento Investidustrial e Prelios sgr, che hanno ereditato tutto il valore aggiunto che Farinetti ha sottratto alla comunità dal 2002 ad oggi.

La storia di FICO è un esempio lampante dei “progetti di sviluppo” che la classe dirigente di Bologna continua a promuovere, progetti indirizzati al profitto privato, basati sulla valorizzazione immobiliare e il lavoro povero.

Noi abbiamo bisogno di altro, di progetti pubblici nell’interesse di chi a Bologna vive, lavora, cerca lavoro e studia. È quello che chiamiamo la città pubblica!

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