I fatti ormai sono noti: il Centro Culturale Villa Paradiso ha in programma per fine mese la proiezione di un film di parte russa sulla guerra in Ucraina, questa proiezione è entrata nella polemica nazionale sugli “eventi filo-russi” da parte del PD di Schlein, che deve giustificare al suo elettorato l’ennesimo prossimo voto comune con Fratelli d’Italia sull’invio di armi in Ucraina.
Il sindaco Lepore si è speso personalmente per far annullare l’evento salvo, ad ora, dover ammettere di non poterlo vietare. D’altra parte l’argomento “non si può fare propaganda nelle sale pubbliche” è apparso subito debolissimo, basti andare a vedere quanti eventi di propaganda sono stati concessi nelle sale bolognesi di proprietà pubblica, dagli antiabortisti a pezzi di “ex sinistra antagonista” che raccolgono fondi per armamenti all’esercito ucraino.
La vicenda ha provocato la precipitazione di una “crisi di maggioranza” nel centrosinistra bolognese. Impossibilitato a vietare la proiezione, Lepore si è consolato buttando fuori dalla maggioranza i Verdi, il cui consigliere Celli aveva espresso una minima posizione di buonsenso contro la censura.
Tanto è bastato per essere etichettato come filo putiniano e quindi essere messo fuori dalla giunta. Anche senza i Verdi, del resto, Lepore conserva una comoda maggioranza di 24 consiglieri su 36.
Ma questa reazione, vista da molti come sproporzionata, è solo l’ultimo passaggio del tentativo di Lepore di fare quadrato intorno alla giunta, iniziato con il rimpasto delle deleghe di pochi mesi fa, sempre più sotto pressione per gli stravolgimenti urbanistici necessari al partito del cemento e che creano sempre più scontento nella cittadinanza: Passante, scuole Besta, tram, FICO e zona fieristica, e così via.
I Verdi a Bologna hanno sostenuto il sindaco Lepore salvo trovarsi subito dopo le elezioni senza un assessorato e solo con la delega al benessere animale affidata a Celli, unico consigliere eletto. Delega poi ritirata nel recente rimpasto di giunta.
Nei primi due anni di mandato Lepore, i Verdi si sono ritrovati in una posizione intermedia: dentro la maggioranza, fuori dalla stanza della Giunta dove si decide davvero qualcosa.
Da questa posizione hanno anche provato a tirare la corda dichiarandosi contrari ad alcune scelte, come quella del Passante o del progetto sulle scuole Besta, ma restando appunto in una maggioranza su cui non potevano incidere.
A dicembre Celli aveva lanciato un curioso “penultimatum” annunciando che per queste differenze si sarebbe dimesso nel giro di qualche mese. Lepore ha evidentemente anticipato i tempi togliendosi di mezzo una piccola contraddizione interna su un terreno come quello ambientale che sta diventando il suo vero problema di consenso in città.
Qualche mese fa un assessore disse in un’assemblea di quartiere che non poteva nascere un nuovo comitato per ogni progetto del Comune. E invece sembra proprio che stia succedendo, a furia di progetti pensati male e attuati peggio, a furia di progetti che si dichiarano green e ambientali mentre coprono di cemento i quartieri.
Chiaramente Bologna resta una città chiave per il centrosinistra, e i Verdi nazionali dopo 24 ore di silenzio sono scesi in campo direttamente con Bonelli, il quale al Corriere di Bologna specifica che proprio perché ci sono stati voti discordanti in consiglio comunale “è necessario lavorare per costruire un dialogo in città. Come partito nazionale ci impegneremo perché questo accada”.
Insomma, non c’è una rottura nazionale con la linea di internità dei Verdi al centrosinistra. D’altronde anche sul piano nazionale i Verdi provano a sfruttare la stessa tecnica dello smarcamento che hanno usato in questi due anni a Bologna, per esempio votando formalmente contro l’invio di armi in Ucraina e poi bloccando la partecipazione di iscritti ai Verdi a iniziative politiche anti-NATO.
Le stesse contraddizioni che agitano gli “ecologisti” a Bologna e sul piano nazionale esistono anche sul piano della regione Emilia-Romagna, dove la consigliera dei Verdi Silvia Zamboni resta in maggioranza con le stesse contraddizioni di un Celli, per esempio sul porto di Ravenna che diventa sempre più un porto della NATO in contrasto a quello triestino su cui investono i cinesi, coi rigassificatori e il pesante investimento dell’israeliana ZIM.
Per non parlare del disastro delle alluvioni in Romagna del Maggio 2023, conseguenza anche dello spaventoso consumo di suolo permesso dalla legge regionale voluta fortemente da Bonaccini.
È da notare che in regione Emilia-Romagna continua ad esistere il gruppo “Emilia-Romagna coraggiosa, ecologista, progressista”, figlio della lista personale di Elly Schlein che aveva puntato tantissimo sulla questione ambientale, il cui unico membro Igor Taruffi è nientemeno che responsabile organizzazione della segreteria nazionale del PD di Elly Schlein!
La questione ambientale a Bologna e in Regione Emilia-Romagna sta diventando il principale problema politico del Partito Democratico e dei suoi alleati. Sarà da vedere se nei prossimi mesi questo creerà altri problemi politici ai Verdi o se tutto rientrerà, magari con le dimissioni di Celli e il subentro in Consiglio Comunale di qualcuno ancora più allineato.
Quel che è certo è che ora le contraddizioni ambientali restano tutte in capo a Coalizione Civica, che con la vicesindaca Clancy (a cui è stata “scaricata” anche la complicata delega dell’ambiente durante il rimpasto di giunta) e tre consiglieri (tra cui l’assessora alla mobilità in Città Metropolitana, Larghetti) ora si ritrovano nel ruolo di unico “alleato di sinistra” a cui tocca stare zitto e votare tutto. Anzi, votare tutto e rivendicarsi anche opere come il Passante spacciandole per green.
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