Ieri come Potere al Popolo abbiamo partecipato a un incontro col Comune, che sta avviando il percorso di riforma dei Quartieri con un giro di consultazioni con tutte le forze politiche, come anticipato dal Sindaco Lepore quest’estate. Questa riforma è stata presentata con l’obiettivo di aumentare la partecipazione ed evitare un “nuovo caso Besta”, il che ci conferma che la lotta al parco Don Bosco è stata vincente non solo nel salvare il parco e nell’imporre alla Giunta il confronto con i cittadini.
Oggi non è stato presentato un progetto, ma è stata ribadita la volontà di un percorso democratico e partecipato che dovrebbe culminare, entro due anni, in una riforma dei quartieri per ampliare il coinvolgimento dei cittadini.
Da parte nostra, abbiamo sollevato una serie di questioni sia sul metodo sia sugli obiettivi. La partecipazione autentica richiede una chiara volontà politica, una visione ed una riforma complessiva degli Enti Locali. Vale la pena recuperare il meglio dell’esperienza storica dei Quartieri bolognesi ed inserirlo in una visione nuova della Città Metropolitana che superi le contraddizioni presenti (con il Sindaco deciso solo dagli elettori del capoluogo – meno del 40% degli amministrati – e gli Amministratori scelti dai consiglieri comunali) e attivi strumenti adeguati e creativi di coinvolgimento che contemplino informazione diffusa, maggiori conoscenze, indagini sul campo, protagonismo civico.
I bilanci comunali sono scarni, anche a causa dei vincoli di bilancio incastrati a forza in Costituzione, e i pochi fondi disponibili, come quelli del PNRR, sono vincolati nei bandi e nelle tempistiche, sottraendoli quindi a qualunque dibattito pubblico. In questo quadro, ai Quartieri rimangono le briciole: una riforma dei Quartieri ha senso solo se è occasione di coinvolgimento della cittadinanza alle decisioni del Comune al fine di creare una democrazia partecipata a Bologna.
Sul percorso della riforma, abbiamo espresso la nostra contrarietà a percorsi partecipativi “preconfezionati”, come quelli già visti diretti dai “facilitatori” della Fondazione Innovazione Urbana, utili solo a legittimare decisioni già prese. Un vero processo democratico deve coinvolgere i cittadini singoli e organizzati nelle associazioni e nei comitati, così come i dipendenti pubblici dei Quartieri e le loro rappresentanze sindacali. L’obiettivo di una qualunque riforma dei quartieri deve essere quella di dare più potere ai cittadini, che a partire dal livello di quartiere possano decidere e incidere sulle scelte del Comune.
Infine, abbiamo sottolineato l’urgenza di affrontare i numerosi nodi già aperti per cui i cittadini richiedono un confronto reale con l’Amministrazione, e che non possono essere rimandati al momento in cui sarà in funzione l’eventuale riforma. Dal parco Don Bosco, dove i cittadini di San Donato hanno saputo del progetto di demolizione parziale delle scuole Besta dai giornali, alla questione dell’aeroporto, rispetto a cui non si capisce quale sia la strategia del Comune, alla cementificazione del Lazzaretto-Bertalia.
C’è la questione del Passante di Mezzo e del ricorso al TAR presentato dall’associazione AMO Bologna, a cui ora il Comune richiede un pagamento di 36.000 euro: abbiamo ribadito che questa richiesta è inaccettabile e che il Comune deve rinunciarci se vuole davvero aprire un dialogo e un confronto democratico con i cittadini. Infine, c’è la grande questione delle aree demaniali delle ex-caserme, dalla Sani alla Stamoto ai Prati di Caprara Ovest, importanti spazi cittadini il cui futuro deve essere discusso con la cittadinanza, e non come sta avvenendo adesso con il Governo, Invimit e Cassa Depositi e Prestiti.
È a partire da questi temi che ci impegneremo affinché ogni percorso di riforma dei quartieri abbia come strumento e come obiettivo la reale partecipazione dei cittadini.
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