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Valerio Verbano, Roma non dimentica

E sono 39. Trentanove. Tanti sono gli anni infatti che separano la giornata di ieri, venerdì 22 febbraio 2019, da quel maledetto 22 febbraio del 1980 in cui Valerio Verbano, giovani militante dell’Autonomia operaia, fu assassinato da un commando dei Nar – seppur la verità giuridica non “riuscirà” mai a esprimere un giudizio nel merito dei fatti – nell’abitazione dove viveva con i suoi genitori, Carla e Sandro, in via Monte Bianco.

Eppure, a giudicare dal numero dei partecipanti al corteo che si è celebrato tra le strade di Montesacro, Val Melaina e Tufello, trentanove lunghissimi anni non sono bastati a cancellare la memoria di quel triste primo pomeriggio romano.

Per l’ennesima volta, come oramai consuetudine per le vie battute in gioventù da Valerio, più di mille persone sono scese in strada per ribadire l’importanza del ricordo di quel giovane ragazzo colpevole, se così si può dire, di essere un antifascista militante.

Una ricorrenza di puro antifascismo, dunque, che si staglia in un contesto in cui la perdita di memoria storica, quando non la sua diretta falsificazione, gioca in favore di quelle forze che la storia stessa avrebbe già spazzato via dalle proprie pagine, se non fossero chirurgicamente rimesse in partita in funzione reazionaria e per ragioni di opportunità e agibilità politica.

E allora, proprio per questi motivi, il valore di un gesto come quello messo in atto da studenti, adulti, abitanti del quartiere, amici di Valerio, attivisti di molte realtà cittadine, che hanno speso il pomeriggio assieme tra i saliscendi di questa pezzo di città, assume una valenza politica decisiva nel quadro in cui opera: la barbarie a cui si assiste, con una velocizzazione importante negli ultimissimi anni, trova un punto di resistenza che parte dalla consapevolezza di non lasciar cadere nel vuoto lo sforzo prodotto da chi che ci ha preceduto nella lotta in favore degli ultimi.

Questo portava avanti Valerio con le sue indagini personali sui rapporti tra l’estrema destra romana e le forze istituzionali del paese.

E questo non è scomparso con il suo tragico omicidio, perché, come ribadito più e più volte dalle mille voci del corteo, «Valerio è vivo e lotta insieme a noi. Le nostre idee non moriranno mai».

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1 Commento


  • Gianni Sartori

    Butto giù – senza filtri – qualche considerazione. Intanto, sarà anche scontato e banale, ma ricordiamoci di chi siamo noi e di cosa sono loro.
    Noi – i compagni, in senso lato e pur tra mille contraddizioni, errori, conflitti, derive – siamo quelli che hanno creduto e credono in Giustizia, Libertà, Uguaglianza…
    Loro nel Potere, nella gerarchia, nei privilegi, nella proprietà e nello sfruttamento. Noi comunque, bene o male, siamo stati tutti un po’ Corbari, Durruti, Che Guevara, Bobby Sands, Txiki…
    Loro la feccia del mondo.
    Questo tanto per esser chiari e sgombrare il campo.

    Attenzione quindi a non cadere nella logica degli “opposti estremismi”. Magari nella macabra contabilità del numero dei morti ammazzati per stabilire chi fosse più malvagio.
    Certo, volendo, non ci sarebbe partita.
    Le vittime dei fascisti sono molte di più (uno a dieci direi, minimo).
    Ma questo potrebbe occultare il fatto che erano-sono (i fascisti, non le vittime) sostanzialmente guardie bianche, cani da guardia del capitalismo, squadroni e squadrette della morte, organici e complementari alla repressione statale. Quindi, se proprio si volesse quantificare i morti ammazzati, il conto andrebbe fatto con tutte le vittime: da Portella della Ginestra a Francesco Lorusso, da Franco Serantini a Piazza della Loggia, da Battipaglia a Mariano Lupo…
    Ai fascisti (così come ai mercenari del GAL, ai miliziani dell’UVF e dell’UFF o ai falangisti e alla banda – l’ESL – del maggiore Haddad, quello di Sabra e Chatila…) veniva subappaltato – in parte almeno – il lavoro sporco supplementare.
    Del resto – fatte le debite proporzioni – non è quello che avviene anche ai nostri giorni, qua e là per l’Europa? Uno a caso, in Francia.
    Cito testuale da Contropiano del 22 febbraio (art. di Giacomo Marchetti):

    “I neofascisti d’Oltralpe sono particolarmente attivi nelle aggressioni e servono da “utili idioti” all’entourage macroniano per dipingere questo movimento di massa con i tratti di un movimento reazionario, razzista e antisemita, anche se lo Stato è costretto a monitorare i movimenti della galassia della destra radicale perché non si autonomizzino o trascendano, nella la propria azione “funzionale”, arrivando all’omicidio politico o alla formazione di gruppi para-militari. Ipotesi piuttosto concreta, visto il recente omicidio di Clement Méric o le recenti inchieste nell’ottobre 2017 contro otto persone sospettate di avere costituito una cellula terroristica il cui nome si rifaceva espressamente all’OAS.
    Diciamo che l’annuncio macroniamo è una ennesima boutade, fatta in un contesto teso a farne il campione della battaglia contro il pregiudizio anti-ebraico, e per costringere a più miti consigli le frange dell’ultra-destra che non vogliono stare nel limite dei ruolo affidatogli dal potere”.

    Tornando al caso di Valerio Verbano. Andrebbe smontata – a mio avviso – la leggenda metropolitana per cui Nanni De Angelis (noto come esponente di TP deceduto in circostanze controverse a seguito di un arresto con Ciavardini) sarebbe andato a casa della famiglia Verbano per dichiarare la sua innocenza. Un fatto mai accaduto. Al massimo – ma è dubbio anche questo – una telefonata. E non manca chi sostiene – da destra – che il De Angelis fosse comunque il mandante (o addirittura il “palo”). Chissà…?
    Interessante poi ritrovare il nome di Marco Guerra (quello definito “un informatore di Verbano per la sua inchiesta sui rapporti tra apparati di polizia e neofascisti”) tra i firmatari di un vecchio appello per il diritto a manifestare di Casapound.
    Il Guerra, ricordo, diceva di essere trasmigrato con altri (ex?) camerati nell’estrema sinistra (un infiltrato? un caso di “sdoppiamento della personalità”?) dopo aver lungamente frequentato il gruppo di Fabrizio Zani (Ordine Nero, Quex, NAR, Frontiere – con Zarelli) uno che ha sapientemente utilizzato la copertura dell’ecologismo e del municipalismo – e addirittura di un malinteso “anarchismo” – per riciclarsi (ne so qualcosa).

    E firma – torniamo al Guerra – come Ufficio Stampa ministero Ambiente .
    Ovviamente è lecito chiedersi se sia proprio lui o un omonimo (si accettano contestazioni in merito). Tra gli altri firmatari, fascisti dichiarati come Maurizio Murelli (Giovedì nero – 12 aprile 1973 – con Vittorio Loi), Marco Battara (Orion), Gianfranco De Turris (fondazione Evola), Adinolfi (TP) e Borghezio (no comment).
    Oddio, ci sarebbe anche gente ritenuta – a questo punto a torto, vien da dire – di sinistra. Per esempio U.M. Tassinari (il fondatore di Fascinazione, diventato la discarica preferita per quanto di peggio produce la destra, da Boccacci a Freda…), Sansonetti (all’epoca di Gli altri), Paola Concia (PD), Lanfranco Pace (ex Potop, Metropoli, il Foglio), ma qui siamo alle comiche finali.
    Mancava almeno l’Oreste Scalzone (pigmalione di Tassinari, vedi l’incontro a Parigi con Adinolfi, stendiamo un pietosissimo velo).
    Mah?!?
    GS

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