RICATTO DEL DEBITO, PRIVATIZZAZIONI, TURISMO DI MASSA ED EMERGENZA SOCIALE
Roma da tempo ormai viene definita una città in declino.
I posti di lavoro diminuiscono, il reddito pro capite si assottiglia, il divario con il nord del paese si allarga, i servizi e lo stato sociale vengono tagliati, l’emergenza sociale è oramai una realtà in tutte le periferie. Queste trasformazioni sono gli effetti delle scelte politiche passate, sia sul piano locale sia sul livello nazionale che si sono mosse in assoluta continuità nonostante l’alternarsi dei differenti colori politici da un lato con misure di austerità dall’altro con la repressione delle esperienze e delle lotte sociali. Manovre, si può davvero dire, di macelleria sociale che sono state giustificate negli anni con la necessità di tenere i conti in ordine e di dover sostenere un debito cittadino che oggi si attesta a 12 miliardi.
Gran parte delle difficoltà finanziarie dei Comuni nasce da una serie di normative che hanno imposto vincoli ai bilanci degli enti locali culminati con la modifica dell’articolo 119 della Costituzione nel 2012 che ha imposto il pareggio di bilancio anche sul fronte degli enti locali, al fine di “assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea”. Anni di austerità che si sono tradotti in un impoverimento generale, soprattutto per le periferie della città, con tagli di oltre l’80 per cento delle risorse per le politiche abitative, per le scuole, per la manutenzione di strade, del verde pubblico, del trasporto locale e delle attività culturali. Nel mentre, per rispettare il pareggio di bilancio, aumentavano le multe e le imposte. Le tasse locali sono passate dai 956 milioni nel 2008 a 2,6 miliardi nel 2017: 1,6 miliardi di euro di tasse in più per le tasche dei romani, che pagano oggi l’IRPEF più cara d’Italia.
Questo processo era stato avviato nel 2001 con la modica del Titolo V della Costituzione, che era stata fortemente voluta dal centrosinistra, di federalismo fiscale e stretta sugli investimenti che ha negato di fatto una redistribuzione delle risorse all’interno del territorio nazionale. La questione dell’autonomia regionale è oggi all’ordine dell’acceso dibattito politico, con la proposta da parte dei territori del nord della Lega e del PD di una legge sull’Autonomia differenziata, ostacolata prevalentemente dai Cinquestelle che devono rendere conto al proprio elettorato del centro-sud. Roma da questa riforma avrebbe solo da perdere e continuerebbe a seguire la scia già intrapresa dell’aumento delle tasse, del taglio dei servizi e della privatizzazione dei beni della collettività.
E poi c’è la spinosa questione del debito, che grava come un macigno sulle casse comunali. Ogni anno la Capitale deve prevedere una sottrazione di 200 milioni di risorse per il saldo del debito pre-commisariamento del 2008 oltre che al saldo del debito ordinario. I tassi di interesse sono altissimi, superiore al 5% annuo, molto al di sopra del costo del denaro presso la BCE. Si calcola che nel 2048, al termine della scadenza dei debiti, il comune avrà pagato alle banche 7 miliardi di interessi su 7,1 miliardi di prestiti. Come forza politica crediamo che sia centrale la rinegoziazione del debito per ridurne gli interessi, ovvero il costo, soprattutto se si considera che circa l’80% del nuovo debito di Roma è concesso da istituzioni di natura pubblica: in primis Cassa Depositi e Prestiti e poi la Banca Europea degli Investimenti. Queste istituzioni dovrebbero essere costrette dal potere politico a garantire un basso servizio del debito, e non i tassi elevatissimi e fuori mercato del 5% circa che pretendono oggi, proprio mentre il costo del denaro è ai minimi storici.
Per fare fronte alla crisi della città, le amministrazioni hanno rilanciato il turismo, allocando grande parte degli investimenti per la riqualificazione delle zone centrali. Ma è evidente che quello che per la classe politica e per investitori privati rappresenta “l’oro di Roma” non lo è invece per tutti i suoi abitanti. I costi economici e sociali per tutta la collettività sono elevatissimi: i 13 milioni di visitatori ogni anno gravano su gestione rifiuti, viabilità, congestione urbana e indirettamente nella gentrificazione di alcune zone e nella desertificazione di altre. I benefici invece non arrivano in maniera analoga: dei 5.6 miliardi che i turisti spendono in città solamente una piccola quota rientra nelle casse del Comune: alte quote rimangono alle agenzie online di prenotazione, ma anche a tutte le società private che gestiscono i siti storico-culturali in città L’unica entrata pubblica è rappresentata dalla Tassa di soggiorno, 130 milioni nell’ultimo anno, nata con il federalismo fiscale nel 2011. Davvero un guadagno troppo misero per gli oneri che la città deve sopportare.
Per costruire una politica per gli abitati, sono necessari atti politicamente coraggiosi per uscire fuori da questa spirale costituita da ricatto del debito, disciplina fiscale, privatizzazioni e desertificazione sociale.
Non esistono forze politiche amiche. La Lega, oltre ad alimentare un clima razzista e mettere in campo misure sempre più repressive, ha deliberatamente affondato la città bocciando il Salva Roma. Il Partito Democratico è stato l’artefice di tutte le riforme di austerità, rivendicandosi in ogni occasione la necessità di continuare a privatizzare e di annientare il diritto del lavoro, non ultimo il rifiuto dell’ipotesi di un salario minimo nazionale. Il Cinquestelle che ha rappresentato per certi aspetti il riscatto di una rivendicazione popolare, oggi sta dimostrando l’incapacità di portare avanti le proprie proposte (su Roma gravissimo è il nuovo piano di sfratti e il via libera al nuovo stadio a Tor di Valle) continuando le politiche delle giunte precedenti. Solo la rottura dei vincoli imposti dalle politiche di austerità è la precondizione per riacquistare la possibilità di scelta di reperimento e utilizzo delle risorse cioè per fare politiche che diano risposte concrete di miglioramento della vita dei cittadini e delle cittadine di Roma. Nel mentre, la battaglia che va messa in campo deve mettere come primo punto la redistribuzione delle risorse dal centro verso i quartieri e gli abitanti.
ASSEGNAZIONE IMMEDIATA DEI 130 MILIONI DELL’ANNUALE TASSA DI SOGGIORNO PER GLI INVESTIMENTI NELLE PERIFERIE.
Contro il vostro profitto la nostra politica mette al centro le persone e i territori.
Con queste parole d’ordine saremo in piazza il 22 giugno corteo per una città aperta e contro gli sgomberi.
Ne parliamo venerdì 21, a San Lorenzo in Via dei Volsci 33, Roma – ore 18:30, con:
Coniare Rivolta, collettivo di economisti
Guido Lutrario, Federazione del Sociale USB
Maria Vittoria Molinari, Potere al Popolo!
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