Era un ospedale strategico per la cura delle malattie polmonari, è stato chiuso nel 2015 e abbandonato al degrado. In Campidoglio un odg del consiglio comunale (firmato da M5S e Sinistra per Roma) ha chiesto che venisse riutilizzato per l’emergenza coronavirus. Ma c’è stata una levata di scudi, soprattutto da parte del Pd. Qual è la controversa storia di questo grande ospedale che si è voluto chiudere? Ne abbiamo parlato con Roberta Bernandeschi, sindacalista della Fedirets, il sindacato dei dirigenti regionali.
- In questi giorni di emergenza sanitaria, a Roma si è tornati a discutere della vicenda dell’ospedale Forlanini, chiuso nel 2015. Può ricostruirci le tappe e le scelte del processo di chiusura di questa struttura specializzata nel trattamento delle malattie polmonari?
La vicenda del Forlanini rientra nel processo più generale di rientro del deficit sanitario regionale che è iniziato nel 2006-7 e di dismissioni di ospedali pubblici con il contemporaneo accreditamento e finanziamento della sanità privata, modalita comune alle Giunte di ogni colore.
Nel 2008 un articolo di legge ne ha previsto la chiusura entro il 2014 dopo che le sue attrezzature e i reparti fossero stati trasferiti all’azienda ospedaliera San Camillo e allo Spallanzani. Per questi spostamenti la Regione Lazio ha speso milioni di euro. Così è iniziata una lunga agonia fino a che il Forlanini ha smesso di essere un immobile destinato alla sanità ed è entrato ad agosto a far parte del patrimonio regionale ed è stato sottoposto a vincolo storico artistico. Nel frattempo le Giunte che si sono susseguite lo hanno lasciato degradare nella sua parte monumentale lasciando in vita alcune palazzine e padiglioni ad uso del San Camillo pur senza contratto di locazione.
- Da quanto ci risulta la dirigenza regionale aveva espresso dei dubbi sulle decisioni della Regione Lazio, compreso un ricorso al Tar. Può confermare questo dato e raccontarci qualcosa in più?
Nel 2015 la prima Giunta Zingaretti individua i padiglioni liberi del Forlanini quale futura sede degli uffici regionali e approva una deliberazione con tanto di cronoprogramma per concentrare lì i tanti dipendenti delle sedi regionali in locazione passiva sparse per Roma. Un’ottima idea.
Poi una improvvisa inversione ad U il Forlanini viene spostato nel patrimonio disponibile per poter essere venduto da un fondo immobiliare del Mef. A posteriori si capisce il perché, Zingaretti vuole facilitare le mire del Ministero dell’Economia che ha individuato il complesso immobiliare quale sede dove trasferire le sedi romane delle Organizzazioni dell’ONU che attualmente costano 14 milioni di euro l’anno allo Stato, guarda caso la stessa cifra che secondo una perizia dell’agenzia del demanio si ricaverebbe dall’affitto dell’interno complesso ristrutturato.
Il prezzo da pagare per la Regione è trasferire il proprio personale invece che in una sede di proprietà come il Forlanini in un immobile in locazione passiva fuori il raccordo anulare presso le palazzine dell’ex Ericsson all’Anagnina già tristemente famose per le speculazioni di alcuni immobiliaristi, ed ora di proprietà della BPM.
A questo punto abbiamo fatto ricorso al Tar che proseguiremo al Consiglio di Stato per tutelare sia i dipendenti, sia i cittadini del Lazio che hanno diritto di interloquire con gli uffici regionali in una sede non disagiata, che per restituire il Forlanini ad uso funzionale alla città.
L’intento è quello di fare del Forlanini un polo amministrativo regionale, magari finalizzato per la Persona in linea con la sua storia, che pertanto sia dedicato ad accogliere gli uffici delle direzioni della Sanità, del Sociale, del Lavoro, della Formazione, che abbia una struttura socio sanitaria e un parco disponibile per il quartiere, e un centro culturale che usi il cinema e il museo già presenti.
- Se la Regione Lazio si dichiara ufficialmente proprietaria del Forlanini dal 2015, prima a chi apparteneva?
Apparteneva all’azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini ed era un edificio rientrante nell’edilizia sanitaria.
- Dal 2015 la Regione Lazio quali ipotesi di utilizzo, poi scartate, aveva ipotizzato per il Forlanini, e qual’è quella attualmente in vigore
Dell’iniziale saggia scelta del 2015 di destinare il Forlanini a sede istituzionale regionale, l’unica già di proprietà che nel tempo avrebbe potuto raggruppare sia Giunta che Consiglio regionale in un unico complesso immobiliare con un immenso giovamento per l’amministrazione, per Roma e per il Lazio le ho detto.
A dicembre del 2019 invece la Giunta regionale ha approvato una memoria che dà il via ad uno studio di fattibilità per concedere il Forlanini come sede per le organizzazioni dell’ONU senza specificare cosa otterrebbe in cambio la Regione che a questo punto sembra essere diventata solo una dependance del Mef: Zingaretti sta svendendo il patrimonio regionale allo Stato. Lei li vede Bonaccini per l’Emilia o Zaia per il Veneto che cedono e svendono un complesso monumentale di proprietà allo Stato?
- Una volta che la Regione Lazio ha avuto pieno possesso del Forlanini, avrebbe potuto utilizzarlo in qualche modo utile oppure la scelta di lasciarlo all’abbandono ha risposto solo al criterio di economicità?
Non c’è alcuna economicità nel far degradare un proprio bene che si ha l’obbligo di tutelare perché oggetto di un vincolo storico artistico. Si tratta di autentica insipienza regionale che ad oggi non ha saputo neanche riscuotere gli affitti di 5 anni dall’azienda San Camillo che occupa la palazzina S. Inoltre l’ha concesso in uso a tariffe “politiche” estremamente basse a società di cinematografari.
- La scelta di dare sempre più spazio alla sanità privata, o gestita da enti religiosi, ha una sua ragionevole motivazione economica o è una interpretazione piuttosto distorta del Servizio Sanitario Nazionale istituito nel 1978?
Su questo faccio riferimento alla evidenza oggettiva.
- Un’ultima domanda. Ma nella Regione Lazio il commissariamento della sanità è finito o nei fatti prosegue “con altri mezzi”?
Su questo non so e non posso rispondere.
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