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Roma. Le proposte della Raggi: sui trasporti ancora privati e zero soluzioni

Il transito alla prossima fase non sarà una passeggiata. Avvicinandosi alla fine del lock-down riemergono i problemi di congestione nella mobilità romana che erano rimasti congelati al 4 marzo scorso.

Già nei giorni passati le code alle stazioni metro davano il segnale che la situazione fosse in procinto di esplodere. Il mancato arrivo di 135 veicoli per problemi di manutenzione e di commesse, aggrava ancora di più lo scenario. Lo abbiamo detto tante volte che il Coronavirus ha  fatto emergere le contraddizioni di un sistema fallimentare. Occorrerebbe invertire la rotta, ma questo non sembra mai così lontano dalle corde di questa classe politica.

È notizia che la sindaca Raggi stia predisponendo un nuovo servizio privato tramite l’utilizzo di 70 autobus Gran Turismo per sopperire alla congestione sulla rete di trasporto metropolitano, collegando punti nodali e di scambio, oggi non sufficientemente connessi.

Si sa, in tempi di crisi si può scegliere di cambiare tutto o di perseverare nel danno. Sono pronte quattro “linee express”, ovvero di sostegno ad un sistema metropolitano già al collasso, come se a nulla fossero serviti gli altissimi costi di costruzione e manutenzione, che abbiamo toccato con mano con le ultime vicende della Metro C. Riceviamo quindi la notizia dell’ennesima privatizzazione, come risultato della conclamata  incapacità della giunta pentastellata di imporre un cambio di rotta alle strategie precedenti.

Ricordiamo che nella città di Roma in questi anni sono stati tagliate corse e percorsi, solamente dal 2013 al 2018 si è verificata una diminuzione del 7.3% della produzione (vetture-km). Parallelamente sono state affidate alla società privata Roma TPL 109 linee periferiche, che ha visto una peggioramento del servizio e delle condizioni di lavoro per il profitto di un’impresa.

Sicuramente il disastro della mobilità romana è sotto gli occhi di tutti, ma è altrettanto evidente che per ripensare un servizio che coniuga capillarità e efficienza su lunghe distanze, è necessaria una pianificazione di largo respiro.

Oggi invece ATAC sta con l’acqua alla gola. La società è in procedura di concordato preventivo dal 2018 data la necessità di rientrare il debito di oltre un miliardo, che non viene sanato da risorse pubbliche.

Questo ricatto sul debito della società è già stato strumentalizzato da Radicali e Partito Democratico per richiedere la liberalizzazione e quindi privatizzazione del servizio tramite il referendum di novembre 2018.

Durante questa crisi i problemi si stanno aggravando, a causa della diminuzione delle entrate e dovendo comunque garantire le prestazioni ordinarie: sembra che la società non sarà in grado di sostenere i pagamenti in scadenza a giugno.

Arrivati a questo punto, non possiamo che sostenere che l’unica vera soluzione per il trasporto locale della città, che non contempli ulteriori tagli, è quella di pensare una nuova pianificazione efficiente e trasparente per l’interesse generale dei cittadini, che per forza di cose rompa con il modello privatistico e con il ricatto del debito di Roma Capitale e delle sue partecipate. 

Precondizione necessaria è quella di effettuare spesa pubblica e far saltare i vincoli di stabilità comunali e nazionali che proprio durante l’emergenza COVID abbiamo visto non essere più così inviolabili.

Come primo atto è necessario pretendere immediatamente un piano statale di finanziamento straordinario per la mobilità integrata metropolitana, nonchè, sul piano del debito comunale, la revisione dei debiti contratti con la cassa Depositi e Prestiti, l’annullamento dei debiti derivanti dai derivati acquistati dal sistema bancario privato e l’istituzione di una Consulta di Audit sul debito pubblico.

Per garantire un miglioramento le nostre vite, oggi dobbiamo estirpare questo modello dalla radice.

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