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Delibera commissariale dell’Ater di Roma, come si cancella l’edilizia pubblica!

È stata annunciato l’inizio della fase operativa relativa alla dismissione di circa 7000 alloggi di proprietà dell’Ater di Roma, a seguito della delibera commissariale dell’Ater di Roma.

Nel seno della normativa, tra le più controverse del decennio, ossia il piano casa Renzi-Lupi contenuto nell’omonima legge, piano che a sei anni di distanza dalla sua promulgazione non ha portato neanche un alloggio disponibile alle assegnazioni, continua la campagna di privatizzazione e gestione privatistica del patrimonio di edilizia pubblica destinata all’assistenza abitativa della Capitale.

Scriviamo continua, in quanto già da tempo è in atto la vendita del Patrimonio cosiddetto di pregio ma non solo, ossia con gli immobili situati nel centro storico, ma anche a Donna Olimpia, borgata sita a Monte Verde, via Monte Cervialto, fra Val Melaina e Nuovo Salario etc… a prezzi tutt’altro che contenuti, ma stabiliti su base d’asta, ed all’Housing Sociale, progetto che era stato annunciato come rivoluzionario ma che  ha visto mettere a disposizione dei “fortunati” vincitori del bando case a prezzi tutt’altro che calmierati in quartieri in cui il mercato privato è marginale se non nullo.

Vediamo con ordine i vari passaggi attraverso i quali si sta privatizzando un bene collettivo che dovrebbe servire a dare sollievo alla pressione abitativa di questa città e ad avere una funzione di calmierazione degli affitti e del mercato della casa:

A)    Vendita “Patrimonio di Pregio”: la vendita a lotti su base d’asta del patrimonio di pregio è arrivata ormai al XIII bando, con prezzi che in alcuni casi sfondano il milione d’euro. L’Ater classifica tali immobili come di pregio, e prevede di destinare il ricavato della vendita al risanamento del bilancio, gravato dalle cartelle esattoriali per debiti contratti in maggior parte col Comune, cui l’Ater deve (cosa assurda!) il pagamento dell’Imu nonostante la finalità sociale degli alloggi che detiene e gestisce.

Il tema centrale di questa operazione è però quello dell’esclusione a priori dei ceti popolari da alcuni contesti, come il centro storico, quartieri ben serviti e/o stabili signorili, favorendo – anziché contrastare – i processi di gentrificazione.

B)    L’Housing Sociale: non ha nessuna normativa nazionale di riferimento, ma si regge su un comma inserito in un maxi emendamento dalla Regione Lazio, il quale concede la possibilità all’Ater di andare in deroga alla legge (ma ricordiamo che gerarchicamente la legge nazionale è superiore alla normativa regionale).

I prezzi proposti agli inquilini che abbiamo assistito nella fase di adesione al bando, sono totalmente fuori linea con i contesti in cui le case sono collocate, contesti in cui il mercato privato o non esiste o è esiguo e in molti casi i canoni di mercato sono addirittura inferiori a quelli proposti. Parliamo di un valore che oscilla fra i 9 e gli 11 euro a metro quadro, con canoni di locazione che arrivano anche a 750 euro, importo cui vanno sommati i servizi, spesso non erogati.

Va segnalato che uno stesso nucleo familiare assegnatario di un alloggio in Housing Sociale, avrebbe potuto avere accesso a quello stesso alloggio attraverso Bando Erp, in quanto in alcuni casi i redditi richiesti sono compatibili a entrambi i bandi. Questo perché nel bando Erp il reddito per i lavoratori dipendenti ed i pensionati è abbattuto del 40% e nell’Housing Sociale no.

Di conseguenza un nucleo con 34.000 euro di reddito complessivo lordo, derivante da lavoro dipendente, ha accesso ad entrambi i bandi con la differenza che nel caso in questione pagando dieci volte di più del canone sociale medio, si avrà l’accesso all’alloggio in tempi più rapidi anziché nei tempi biblici del bando comunale.

Comunque rimane il fatto che l’applicazione dei canoni non in linea con l’edilizia pubblica è un atto contrario alle norme dell’ERP e è illegittima l’applicazione della L. 431/98 per calcolare i canoni negli alloggi Erp.

C)    Piano Vendita 7000 alloggi: la normativa di riferimento è il Piano Casa del 2014 recepito nel 2015 dalla Regione Lazio durante il primo mandato di Zingaretti. Questa prevede la vendita di non più del 15% del patrimonio (46.000 alloggi circa più altri 2.000 circa in gestione).

Di queste case l’Ater nel 2016 dichiarava che 362 non erano in regime Erp (dal sito aterroma.it/patrimonio/patrimonio.html). Il primo dato che salta all’occhio è che a fronte dei nuovi 708 alloggi previsti nel triennio in corso, ottenuti da frazionamento o nuove realizzazioni, se ne vendono 7000 (dieci volte tanto), promettendo che con gli introiti se ne realizzeranno altre.

Questa promessa è al momento fuori da qualsiasi piano generale serio e progettualità. Come, dove e quando si realizzeranno ulteriori alloggi al momento non ci è dato saperlo. I meccanismi individuati per la vendita delle case popolari vere e proprie sono quelli di partenza del valore minimo OMI, eventualmente abbattuto, con previsione di mobilità per chi non accetta il patto di acquisto e non rientra nelle categorie tutelate.

La nostra organizzazione sindacale, giorno per giorno a fianco dell’inquilinato dell’Ater nei procedimenti amministrativi e contabili, non può far a meno che richiamare che quello stesso scrupolo con cui gli uffici si prodigano nell’emanare revoche e decadenze, sfratti e sgomberi, venga del tutto meno laddove vi sia interesse a vendere e prendere i soldi.

Sarà concessa la nuda proprietà, la vendita fino al terzo grado (mentre per l’accesso al nucleo familiare e il subentro in un’assegnazione è ammesso il secondo grado e spesso costatiamo ostracismo).

Chi ha controllato gli acquirenti che hanno rivenduto a prezzi da libero mercato?

Chi controlla l’uso del patrimonio in seguito alla vendita, la messa in affitto, la conversione in bed and breakfast o in uffici degli alloggi realizzati come case a disposizione della collettività?

In sintesi, la stessa gestione che negli anni è diventata penalizzante nella gestione degli inquilini a regime Erp, si dimostra molto libertina e permissiva per chi ha acquistato ed ha innescato processi speculativi su un bene pubblico.

Non si tiene conto che buona parte del Patrimonio è stato costruito con i soldi versati dai lavoratori ed è quindi vincolato ai meccanismi previsti dalla legge sulla Gescal. Ma non sono le uniche falle del piano vendita. Ricordiamo che in passato sono già stati venduti alloggi e nei cosiddetti condomini misti spesso la gestione separata produce condomini salatissimi con continua assenza dì servizi e manutenzione.

La stessa Ater ammette che si darà priorità agli stabili le cui spese di riqualificazione sarebbero “insostenibili”.

Che vuol dire? Che a riqualificare i palazzi ci dovranno pensare gli inquilini di tasca propria. Dopo aver pagato per anni Gescal e servizi non avuti, ora dovranno pagarsi casa e riqualificarsela da soli, stando attenti ad eventuali ruberie di amministratori senza scrupoli.

Perché prima di autorizzare la vendita di parte del Patrimonio la Regione Lazio non usa i fondi della Gescal contenuti nella delibera 18 del 2014, vincolati illegittimamente ad altre voci di bilancio, per riqualificare ed incrementare il patrimonio? Perché non si danno avvio ai lavori usando il superbonus approvato dal Governo per l’efficientamento energetico?

Ma anche in questo caso i nostri zelanti amministratori pubblici fanno forzature tutte con la finalità di cancellare il diritto alla casa e quindi gli ricordiamo che sul patrimonio pubblico non si può speculare e che il decreto Renzi/Lupi sulla casa non cancella la legge 560/93 che regola i principi per le dismissioni e tutela gli inquilini che non possono acquistare.

Rimane infine il grande tema dell’emergenza abitativa, che a seguito della crisi economica dovuta alla pandemia rischia di acquistare dimensioni mai viste. Sarebbe forse meglio che le case, anziché tenerle vuote ed allarmate per essere vendute, anziché darle a sei o settecento euro al mese, venissero assegnate a canone sociale a quei cittadini che non ce la fanno a pagare un affitto, un mutuo, che sono in graduatoria o in occupazione in attesa di avere la tanto agognata casa a canone commisurato al reddito.

L’Asia-Usb difende e promuove il patrimonio pubblico per il diritto all’abitare di tutti e tutte. Per più case pubbliche e di qualità, per una corretta gestione e manutenzione dell’intero Patrimonio Erp, contro i processi di privatizzazione e messa a bilancio delle case, di speculazione ed impoverimento dei ceti medi e popolari, contro le politiche di gentrificazione e svuotamento del centro storico.

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