Amazon, la multinazionale statunitense che rende il suo proprietario, Jeff Bezos, l’essere umano più ricco del mondo con un patrimonio personale stimato di 177 miliardi di dollari, che conta una capitalizzazione in borsa di circa 1.700 miliardi, che nel 2020 ha segnato un fatturato di quasi 350 miliardi e un utile netto di più di 17 miliardi, ha comprato il deposito Atac di piazza Ragusa. A prezzo scontato.
La notizia è stata resa pubblica ieri mattina, mentre contemporaneamente si vocifera anche di un interessamento per altri due depositi della municipalizzata del Comune di Roma, la rimessa San Paolo e piazza Bainsizza, inseriti nell’operazione di (s)vendita del patrimonio per far tentare di far tornare i conti con quanto stabilito nel Concordato preventivo.
Amazon si è aggiudicato lo stabile al prezzo di 10,5 milioni di euro, mentre la valutazione prudenziale stabiliva il valore di mercato dell’edificio a 14 milioni. Un affare per la multinazionale statunitense, unica partecipante all’asta dopo che il Campidoglio non è riuscita a finalizzare la proposta di acquisto tramite il finanziamento con in fondi del Pnrr (che a quanto pare contiene “condizionalità” così vincolanti da impedire qualsiasi destinazione dei fondi verso obbiettivi non considerati “giusti” dall’Unione Europea).
Tra processi di esternalizzazione dei servizi, mancata manutenzione del patrimonio pubblico e adeguamento dei conti secondi i vincoli di bilancio, lo storico sito di piazza Ragusa cade nelle mani della multinazionale che potrà così, al netto dei vincoli architettonici previsti dalla sovraintendenza per il cinquantennale sito, aprire un hub di servizio nel cuore della capitale.
Il sito di San Giovanni infatti non è certo in buone condizioni, ma il disinteresse istituzionale negli anni verso il patrimonio pubblico non fa altro che rendere, anno dopo anno, più costoso l’eventuale riutilizzo dei siti dismessi, aprendo le porte della speculazione a chi, come Amazon, non ha certo problemi di liquidità, né di autolesionisti vincoli imposti dall’Unione europea.
I processi partecipativi per la rigenerazione urbana annunciati dalla Giunta Raggi si sono dimostrati un buco nell’acqua. E se il resto dell’arco parlamentare adesso approfitta del clima da campagna elettorale per attaccare la Sindaca, in realtà l’operazione si inserisce in piena linea di continuità con quanto portato avanti da governi, presidenti e sindaci da 30 anni a questa parte, dalla svendita del patrimonio pubblico alla privatizzazione dei settori strategici dell’industria, dei servizi e finanche della ricerca.
Un bagno di sangue in cui chiunque abbia avuto esperienze di governo è coinvolto, dalla destra al centrosinistra, e contro cui solo un’ipotesi di rottura verticale con questo modello di sviluppo può invertire la rotta. Ne va della vivibilità (pensiamo ai trasporti, alla sanità, all’istruzione) e della buona amministrazione, sicuramente di questo paese, ma in primis della nostra città.
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