Il 22 febbraio saranno 42 gli anni trascorsi dall’assassinio di Valerio Verbano. Un omicidio avvenuto per mano fascista, in un contesto di lotta dura, dove il movimento rivoluzionario tentava l’assalto al cielo sulla spinta degli eventi internazionali e nella riattualizzazione della lotta partigiana.
Ricordare Valerio non è mai un esercizio di retorica. Valerio era uno di noi, che aveva scelto il lato giusto della barricata e della storia, con coerenza e coraggio, senza “fingersi innocente” e adeguandosi, in tutto e per tutto, alla fase politica che il paese attraversava.
Valerio era un militante comunista che aveva scelto la lunga via dell’ipotesi rivoluzionaria, in anni in cui il movimento e le diverse opzioni dell’autonomia politica di classe esprimevano una alternativa al trasformismo del PCI e alla decantata unità antifascista. Un movimento che pagò tale indipendenza e venne combattuto anche da quella “sinistra” che aveva rinunciato a qualunque prospettiva di alternativa politica e sociale.
Oggi, la storia di Valerio è la Nostra Storia e come tale va difesa, raccontata e resa strumento a disposizione delle nuove generazioni che, sull’esempio di Valerio, continuano, giorno dopo giorno, a combattere la barbarie imposta dal capitalismo odierno. Ricostruire, ove necessario, e riallacciare quel filo rosso è uno dei compiti storici del movimento comunista.
Sappiamo bene che non c’è possibilità di paragone tra gli anni di Valerio e l’attuale momento storico. Ma sappiamo altresì che mai come oggi emerge la necessità di tornare a costruire e a rappresentare un’alternativa di sistema complessiva, proprio come faceva Valerio.
Oggi, che una nuova generazione si affaccia sullo scenario politico, mantenere viva la memoria dei giovani comunisti che si sono battuti per la costruzione di un’ipotesi di cambiamento rivoluzionario, combattendo padroni e fascisti, ha un valore importantissimo sul lato dell’esempio, dell’ispirazione, della rottura di ogni compatibilità coi meccanismi di sfruttamento vigenti.
La narrazione tossica sulla storia di Valerio invece è la prova chiara di chi ne ha voluto fermare la “corsa” e con lui quella di una intera generazione. In questo, non possiamo non vedere con amarezza una forte analogia con chi, oggi, predicando l’impossibilità dell’alternativa, sceglie la via del compromesso e rinuncia alla propria indipendenza.
Allora, ricordare Valerio non è una festa della memoria, né tantomeno mera commemorazione. Il 22 febbraio è per noi un giorno di lotta perché un compagno di lotta è caduto e dal suo seme altri cento ne devono nascere. Per questo, la sua storia va raccontata alle nuove generazioni, difesa dai nemici di ieri e quelli di oggi, perché è parte del bagaglio storico e di esperienza del movimento rivoluzionario della nostra città.
Per questo e soprattutto per Valerio aderiamo al corteo del 22 febbraio, cercando di essere coerenti col senso della sua storia, ma anche con lo sguardo rivolto al futuro, consapevoli che rivitalizzare il suo esempio alle nuove generazioni di compagne e compagni significa segnare la rotta, costruire una barricata contro la sconfitta e la rinuncia. Il futuro non è scritto.
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