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Potere Al Popolo a Savona: intervista ai candidati

La cronaca di questi giorni legata alla città di Savona è specchio di una “questione sociale”, rimossa durante il dibattito elettorale dalla maggioranza delle formazioni politiche, ma che torna prepotentemente alla ribalta nel ex capoluogo di provincia ligure.

Lo “sciopero selvaggio” dell’intera giornata del 13 marzo dei lavoratori del trasporto pubblico locale contro la privatizzazione, le lettere di licenziamento ai lavoratori di Piaggio Aereo Industries giunte lo steso giorno ed i dati Istat sull’occupazione in Liguria assolutamente non confortanti, sia sulla perdita costante di posti di lavoro sia sulla “qualità” dei nuovi contratti siglati, confermano che una parte importante del blocco sociale non ha ancora una rappresentanza adeguata in grado di difenderne gli interessi.

Anche a Savona l’esperienza di Potere Al Popolo, è stata un volano significativo di ricomposizione politica di una pluralità di esperienze e di soggetti che, traguardando la scadenza elettorale del 4 marzo, hanno posto le basi per la continuazione di questa esperienza.

È sembrato utile intervistare le/i tre candidate/i savonesi: Danilo Maramotti, Daiana Cauteruccio, Francesca Coppo per fare un quadro della situazione in generale ed un focus sull’esperienza di Potere Al Popolo in particolare.

Le domande, a cui è stata data libertà di rispondere a piacimento, sono servite per dare una traccia per un possibile racconto corale della situazione ed una narrazione collettiva di Palp.

Alle ultime elezioni a Savona, in cui hanno votato circa ¾ degli aventi diritto, la coalizione di Centro-destra ha superato di qualche punto percentuale – sia alla Camera che al Senato – il Movimento 5 Stelle che si è comunque assestato sopra il 30%,, con la Lega che raggiunge e supera il 17/%.

Il PD raccoglie un magro 21,3% al Senato e 20,9% alla Camera. A sinistra del PD, LeU ottiene comunque un voto più alto della media nazionale: 5,1 alla Camera e 5% al Senato, ma che comunque lo pone al margine della vita politica, visto e considerato tra l’altro che l’unico candidato ligure eletto tra le file di Liberi e Uguali: Luca Pastorino, andrà a Roma grazie al sistema dei resti.

Che spiegazione vi date dell’exploit della Lega e del Movimento 5 Stelle e dell’ulteriore arretramento del Partito Democratico in città?

DM: Credo che i risultati elettorali in questa città riflettano quelli del resto del Paese. Abbiamo una forte presenza di centrodestra che amministra la città. Per ora non ha dimostrato di far meglio delle amministrazioni precedenti ma è stata votata dopo anni di insostenibile egemonia del PD, caratterizzati dalla sola crescita della cementificazione e della speculazione edilizia in un mercato immobiliare drogato. Privatizzazioni selvagge e inquinamento – con le navi da crociera praticamente dentro la città, e la promessa della elettrificazione delle banchine a cui non crede nemmeno chi la fa – sono tra i gravi problemi di Savona. Una città su cui pesa anche l’infiltrazione mafiosa che ammorba tutta la regione. Di questi giorni poi lo sciopero dei lavoratori TPL, vittime di una privatizzazione che porterà tagli ai servizi, ma soprattutto al personale. Una privatizzazione senza senso, l’unico comune in Liguria a mettere in gara d’appalto un’azienda sana.

DC: Quel che percepisco dai discorsi è che questo è stato soprattutto un voto di protesta. In una città che ha visto il centrosinistra alla sua guida per decenni, la sinistra stessa ha perso voti da anni (già alle ultime amministrative, in cui al ballottaggio aveva votato meno della metà degli aventi diritto: la percezione dei votanti di sinistra era che tra centrodestra e centrosinistra, ormai, non cambiasse nulla e in molti si sono astenuti nonostante il PD al primo turno avesse comunque ottenuto più voti.

Io credo che, non solo a Savona, si sia persa l’idea di cosa sia la “Sinistra”. Solo i ciechi nostalgici pensano tuttora di votare a sinistra quando mettono la “X” sul simbolo del PD o di Leu. I più duri e puri hanno smesso di votare, alcuni votano 5stelle con l’idea del voto di protesta. Quasi tutti quelli che hanno votato PD o Leu dicono di averlo fatto per il voto “utile”.

Manca secondo me un dialogo più dal basso, non solo sulle vertenze sindacali (Mondo Marine, Tirreno Power, TPL), ma anche e soprattutto verso i cittadini comuni, quelli che nel quotidiano non hanno la possibilità di approcciarsi ai nuovi percorsi di mutualismo che hanno preso piede nel Centro Italia, o a Napoli, e che tra l’altro hanno dato vita all’esperienza di Potere al Popolo.

Un altro dato interessante è che all’interno delle fabbriche in zona (Bombardier, Continental, ecc.) è difficilissimo poter entrare con la propaganda: praticamente tutti gli accessi e i parcheggi sono chiusi al pubblico e anche la campagna elettorale si è resa quasi impossibile in quei luoghi proprio per questo.

FC: Non ci ha stupito l’arretramento del PD in città, le politiche attuate dalle ultime due amministrazioni hanno sostanzialmente confermato le politiche nazionali, con una forte spinta verso le privatizzazioni dei servizi – infatti anche con la giunta Caprioglio su determinati temi non fanno una grande opposizione – ed un amore per il cemento di cui, in un territorio come il nostro in particolare, non si avvertiva francamente il bisogno. Il Movimento 5 stelle è sempre stato piuttosto forte a Savona, onestamente non mi stupisce che buona parte dei voti del centro sinistra sia confluita lì. Diverso il discorso della Lega di cui non so dare una spiegazione, soprattutto dopo due anni di politiche comunali pressoché inesistenti, fatte a colpi di ordinanza e dando la colpa dei tagli alla giunta precedente.

Savona ha conosciuto un forte ridimensionamento del proprio apparato produttivo nel corso degli anni e un’impennata nella speculazione edilizia, mentre il turismo – sia quello balneare che quello legato al transito dei traghetti – non sembra avere avuto un impatto occupazionale così rilevante. In questa situazione di declino, è stata molto enfatizzata la creazione di occupazione che deriverebbe dalla costruzione della ex piattaforma Maersk (ora Maersk-Cosco) a Vado Ligure, anche se si prospetta una condizione molto diversa rispetto agli altri operai portuali. Quali sono, se ci sono, possibili assi di sviluppo per la città, e quali le situazioni in stallo (Bombardier, Mondo Marine, ecc.) e qual’è la situazione attuale per le fasce giovanili delle classi subalterne?

FC: Credo che per creare lavoro nella realtà savonese si debba obbligatoriamente superare l’eterna dicotomia tra “lavoro” e “salute” e dirci una volta per tutte che una cosa non può e non deve necessariamente escludere l’altra. Il tessuto industriale è quasi completamente smantellato e pensare che si possa vivere esclusivamente di turismo è, nella migliore delle ipotesi, ottimista. I giovani, ora come ora, vivono con la prospettiva di contratti stagionali, tempi determinati continuamente rinnovati e tempi pieni in nero a fronte di contratti per poche ore. I più intraprendenti aprono una partita IVA e creano micro imprese artigianali o commerciali per avere un piccolo stipendio. Senza una seria politica nazionale di industrializzazione eco-compatibile e di sostegno ai redditi bassi – ivi compresi quelli autonomi – penso che veramente poco si possa muovere.

Nel corso dei mesi che hanno preceduto l’inizio della campagna elettorale Savona è stata teatro di importanti manifestazioni antifasciste di carattere unitario, con un percorso organizzativo che l’hanno precedute che gli ha permesso una reale riuscita popolare, anche senza la presenza del Partito Democratico, ma con la partecipazione attiva dell’Anpi. In che modo le formazioni neo-fasciste sono riuscite a ritagliarsi un ruolo in una città che ha vissuto purtroppo da protagonista la stagione stragista dell’eversione nera negli anni ’60 e ’70 a causa dei reiterati attentati, anche mortali, contro una città storicamente antifascista, in che modo ha preso piede il revisionismo storico sulla Resistenza in città?

DM: L’antifascismo che malgrado i tempi è ancora molto sentito è l’unico pregio che mi viene in mente quando penso alla mia città. La manifestazione che si è tenuta qualche mese fa è stata corale e quello che mi ha stupito e confortato è stata la grande presenza di giovani. Per sottolineare la sua mutazione irreversibile, solo il PD non si è voluto confondere con queste “zecche da centri sociali” e non ha partecipato. Vero è che chi un tempo si sarebbe vergognato a definirsi fascista, ora non ha remore a farlo, complice la deriva a destra in cui sembra scivolare parte del paese, già ben presente prima delle elezioni.

DC: Secondo me ci sono due direttrici su cui si sono mossi i revisionisti: nella teoria sui media locali, nella pratica nel far leva sulle situazioni di disperazione.

Ci hanno bombardato per mesi (e anni) con la storia mistificata di Giuseppina Ghersi, dicendoci che difendiamo i partigiani stupratori e assassini di una bambina di 13 anni. Abbiamo anche ricevuto minacce di morte per aver tentato di riportare a galla la verità attraverso l’inchiesta di Wu Ming e il ricorso ai documenti reali, alla fine, complice una politica di finta sinistra o sfacciatamente di destra, la targa (manco fosse stato quello il motivo della discordia) è stata posta. I vinti sono diventati vincitori, come direbbe il caro Pansa.

Nella pratica sono nati gruppi di dubbia provenienza, con all’interno soggetti di cui purtroppo, al contrario, la provenienza si conosce benissimo, che mirano a mostrare che loro aiutano i casi più disperati: senzatetto, famiglie e persone in difficoltà, ovviamente tutti rigorosamente italiani. Si sono infilati tra le pieghe della crisi, cosa che evidentemente la sinistra non ha saputo fare, facendo assistenzialismo fine a se stesso.

C’è da dire però che a Savona in molti, più che fascisti, sono solo razzisti che del fascismo non hanno idea. I veri fascisti, quelli che dicono esplicitamente di esserlo, di solito vengono da fuori. Quelli che sono in città per lo più si vergognano ancora ad ammetterlo, preferiscono definirsi apolitici e poi votare Lega: ne è un esempio secondo me la scarsissima partecipazione dei savonesi alle manifestazioni di Casapound che si sono tenute in città negli ultimi anni.

Un altro fatto che ultimamente mi ha stupita abbastanza, nel quale ho visto chiaramente la portata che i residui di fascismo stavano avendo anche in una provincia “rossa” come Savona, è stata un’assemblea che si è tenuta nell’estate 2016 per impedire l’installazione di una HUB nello spazio antistante l’ex Ostello sito alla Conca Verde (che tutt’ora, forte di 216 posti letto e di tutte le attrezzature per cucinare e ospitare, risulta abbandonato e privo di una destinazione): facce conosciute urlavano “Gli daremo fuoco”!

FC: Non penso che certe organizzazioni abbiano un ruolo nella nostra città, hanno alzato la testa, quello sì, ma non hanno una sede fisica, le azioni eclatanti continuano a farle in piena notte e i pochi volantinaggi che hanno fatto in campagna elettorale sono stati “scortatissimi” con scenette per certi versi esilaranti. La manifestazione del 14 ottobre è stato un momento bellissimo, l’Anpi a Savona ha partecipato e spinto perché tutto riuscisse bene e, sentendo i racconti di amici di altre città, mi sento fortunata che da noi si riesca a collaborare serenamente. Credo infine che l’antifascismo oggi vada riportato tra la gente, per strada, rinunciando anche ad una narrazione agiografica che ha reso dei grandi uomini dei santini intoccabili ed inavvicinabili. A tal proposito trovo illuminante la figura di Di Vittorio che, faceva notare qualche giorno fa il Laboratorio Politico Jacob di Foggia, si è trasformato nella narrazione ufficiale del P.C.I. da uomo d’azione ed Ardito del Popolo a figuretta popolare ma dalla statura morale altissima, tacendo di un passato affascinante e reale ma probabilmente non utile allo spirito del tempo.

***

Quale sono state le ragioni che ti hanno spinto a candidarti per Potere Al Popolo, e cosa hai visto di differente nelle precedenti esperienze politiche elettorali per impegnarti direttamente?

DM: Ho risposto di sì alla richiesta di candidarmi perché penso che oggi più che mai sia dovere civico di ognuno metterci la faccia, dichiarare da che parte sta. Perché ho trovato il programma e le istanze di Potere al Popolo sacrosante e perché lo considero l’unica voce responsabile e seria per arginare le politiche neoliberiste. Politiche che hanno portato il mercato del lavoro giovanile a una condizione preindustriale, ormai simile a quella che poteva esserci ai tempi di Oliver Twist.

DC: Sono una persona che ha sempre preferito fare e ho sempre rifiutato categoricamente di riconoscermi in un partito perché non vi ho mai trovato una rappresentanza che corrispondesse alla mia idea. Dopo alcune esperienze forti nel mutualismo e nella solidarietà attiva, ho capito che proprio a Savona mancavano soggetti che proponessero una politica di quel tipo.

Quando ho visto nascere Potere al Popolo, leggendo il programma e vedendo chi ci fosse dietro quelle proposte, ho capito subito di aver finalmente davanti un progetto politico reale: lavoro, mutualismo e capacità di creare dal basso sono state le ragioni principali che mi hanno spinta ad aderire come elettrice. La decisione di candidarmi l’ho presa per la mia città e per il Ponente tutto: bisogna riportare, proprio qui dove le destre hanno preso sempre più piede, la sinistra vera, quella che non nega l’acqua ai migranti, quella che interviene in aiuto delle fasce più deboli e che instaura un dialogo proficuo anche nelle periferie.

FC: Al di là del programma che condividevo in pieno e che per alcuni tratti ho trovato anche molto coraggioso, ai limiti dell’ “autolesionismo”, la costruzione orizzontale, pur con certi limiti, ha permesso la creazione di liste nate veramente dal basso, non i soliti nomi catapultati dal partito di turno nel collegio blindato e la costruzione di un soggetto differente dai soliti cartelli elettorali che venivano creati per la tornata elettorale. Gente come me andava a votare tappandosi il naso, cercando a tentoni il meno peggio, stavolta ha votato veramente a testa alta!

Che tipo di campagna elettorale è stata condotta a Savona e che ambiti politico sociali ha coinvolto e poi raggiunto Potere Al Popolo?

DC: Abbiamo organizzato due assemblee pubbliche, una all’inizio della campagna per scegliere le candidature e una dopo la raccolta delle firme: entrambe sono state abbastanza partecipate, ma credo soprattutto da chi già conosceva Potere al Popolo (PRC e affini). Abbiamo anche organizzato tre incontri ai quali hanno partecipato Checchino Antonini, Giorgio Cremaschi e Francesca Fornario, tutti e tre molto positivi da punto di vista della partecipazione e dell’impatto politico. Poi ci sono state assemblee e incontri di presentazione al di fuori di Savona (Roccavignale, Albenga, Celle), anch’esse abbastanza partecipate.

Abbiamo anche preparato dei video di presentazione dei candidati e un video con Moni Ovadia, alcuni di questi con un buonissimo numero di visualizzazioni sui social. Infine abbiamo organizzato volantinaggi giornalieri, senza tregua, in centro città, al Gabbiano, davanti ad alcune fabbriche e nei centri più piccoli soprattutto nei giorni di mercato.

Il riscontro è stato nel complesso abbastanza buono, siamo riusciti a raggiungere un considerevole numero di persone e a farci conoscere e sono anche uscite discussioni interessanti con persone provenienti dai più vari ambiti politici e sociali. Penso che alla fine ci abbiano votato soprattutto gli elettori che come noi avvertono la mancanza di sinistra nel panorama politico. Purtroppo non siamo riusciti a raggiungere concretamente la fetta di persone che non ha la possibilità di accedere alle informazioni al di fuori dei media canonici (TV e radio), complici anche il poco tempo a disposizione e la novità completa del progetto rispetto alle scelte elettorali in media più tradizionaliste dei cittadini savonesi…

FC: Purtroppo gli impegni di lavoro mi hanno concesso una campagna elettorale part-time, devo dire però che la risposta che abbiamo avuto quando facevamo volantinaggio tra la gente o nei piccoli incontri locali è stata buona. Abbiamo sicuramente privilegiato lo stare tra la gente, il porta a porta, abbiamo cercato di fare passare il messaggio che noi stessi candidati eravamo persone normali con tutti i problemi che le persone normali hanno…

Palp ha avuto un risultato numerico che è oscillato tra l’1,8 alla Camera e l’1,6 al Senato. In ordine di importanza Castelvecchio R.B, Bormida, Quiliano, Mioglia, Sassello – tutti sopra il 2% alla Camera e leggermente inferiori al Senato – sono stati i territori dove Palp è andata meglio, come spiegate questo dato a voi stessi e alle persone che non conoscono la città?

DC: Penso che da anni si registri un fortissimo calo delle informazioni nei comuni più distanti dal capoluogo, in alcuni non vengono nemmeno affissi i manifesti, in molti purtroppo sembra arrivare solo la Lega. Con PaP ci siamo invece proposti di raggiungere tutti i comuni, anche quelli più isolati, dove abbiamo la grande fortuna di avere dei compagni e delle compagne che hanno saputo trasmettere l’impegno e la credibilità del progetto.

FC: A Quiliano sicuramente il merito va al porta a porta fatto da alcuni compagni, letteralmente intendo, hanno bussato alle porte delle case ed hanno spiegato il programma, discusso, risposto alle domande. Negli altri comuni credo sia dovuto alla particolare attenzione che alcuni compagni hanno avuto per il lavoro nell’entroterra e nei piccoli centri, e che mi hanno trasmesso. L’esperienza più bella di questa campagna elettorale è stata una chiacchierata a tavolino a Roccavignale durante una bufera di neve.

Se e come pensate possa continuare Potere Al Popolo e come secondo voi dovrebbe riarticolarsi a livello locale savonese, ed in generale quali aspettative avete per l’assemblea del 18 marzo a Roma?

DM: Inutile negare che il non aver raggiunto il tre per cento alle elezioni è stata per noi sostenitori di Potere al Popolo una delusione. Personalmente, vedevo le speranze di raggiungere quella quota alimentate dal successo della raccolta firme. E dall’impegno che ho visto profondere da ogni militante, quotidianamente e con entusiasmo, con volantinaggi, incontri, gazebo. Si può davvero dire che per settimane sono andati letteralmente a stanare gli elettori di casa in casa. Ma non è bastato. Del resto, era un’eventualità prevista che il 4 marzo fosse comunque un punto di partenza. Si tratta solo di partire da una posizione diversa da quella immaginata, ma l’entusiasmo è rimasto quello dell’inizio.

DC: Credo che quella che stiamo costruendo sia l’unica sinistra credibile e che, con i dovuti miglioramenti, l’esperienza possa continuare e perferzionarsi.

Sul piano locale ci proponiamo di attivare dei progetti di pratica sociale che mostrino Pap nel suo punto di massima espressività politica: doposcuola, punti di ritrovo e organizzazione di manifestazioni ecc..

Sul piano nazionale mi aspetto che dall’assemblea escano direttive unanimi e che si inizi a seguire un percorso di riavvicinamento tra le realtà locali, per tentare almeno di avere tutti lo stesso metodo. Mi aspetto che, salvo un iniziale approccio teorico doveroso e richiesto soprattutto da coloro che provengono da esperienze partitiche, si avvii davvero il lavoro che da anni compiono i compagni dell’ex-OPG e le Brigate della Solidarietà Attiva: più vicini al popolo non solo in campagna elettorale, ma soprattutto al di fuori di essa, per costruire percorsi di lotta comuni e per arrivare alle prossime elezioni (politiche ma anche locali e regionali) come soggetto riconosciuto e stimato.

FC: Ora bisogna stringere le fila, parlare dei limiti e degli errori fatti e vedere come fare a raggiungere quante più persone possibile. A livello locale non credo debba riarticolarsi, si sono create delle sinergie interessanti e proficue, forse ora bisognerebbe iniziare a sviluppare una sua autonomia, nel pieno rispetto delle specificità presenti, agire forse da coordinamento, ne parleremo comunque nell’assemblea che terremo venerdì. A Roma credo che Domenica ci sarà una gran confusione, ci si conterà, ci saranno tanti entusiasti, onestamente non so bene cosa aspettarmi, credo però che il lavoro vero, quello organizzato, arriverà dopo, ora guardiamoci in faccia e confermiamo che questo è quello che vogliamo.

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