Le istituzioni, le categorie economiche, i sindacati genovesi hanno rivendicato durante l’audizione di fronte alle commissioni parlamentari maggiori soldi pubblici per fare fronte alle conseguenze del crollo del ponte Morandi per le attività portuali e di trasporto collegate al porto. Sono stati evocati scenari drammatici anche per i lavoratori, ma per essi ci si è limitati a chiedere fondi per la cassa integrazione guadagni in deroga per le piccole imprese che ne sono sfornite.
Ma c’è uno strumento di legge già in vigore e già finanziato che il Presidente Signorini non cita e si guarda bene da applicare, con il silenzio dei sindacati che non fanno nulla per rivendicarlo, nonostante la legge gli assegni una valenza strategica e un orizzonte di tre anni come la fase di ricostruzione del ponte.
Si tratta del Piano dell’organico del porto dei lavoratori delle imprese di cui agli articoli 16, 17 e 18 previsto dalla legge 84/1994. Il Piano ha valore di documento strategico di ricognizione e analisi dei fabbisogni lavorativi in porto.
Sulla base del Piano l’Autorità di sistema portuale adotta piani operativi di intervento per il lavoro portuale finalizzati alla formazione professionale per la riqualificazione o la riconversione e la ricollocazione del personale interessato in altre mansioni o attività sempre in ambito portuale.
Il CALP – Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – denuncia questa gravissima omissione nei confronti dei lavoratori mentre tutta l’attenzione è rivolta a favore delle imprese e chiede l’immediata apertura del tavolo per la redazione del Piano.
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