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Le case occupate del Giambellino e la giustizia di classe

Organizzavano l’occupazione di case sfitte di Aler per darle a famiglie bisognose in una metropoli dove c’è fame di abitazioni. Non prendevano soldi, non c’era fine di lucro come riconosciuto nel corso delle indagini dagli stessi pm. Ma nove militanti del comitato Giambellino-Lorenteggio sono stati condannati per associazione per delinquere finalizzata all’occupazione abusiva.

Le pene, più alte di quelle richieste dall’accusa, vanno da un anno e 7 mesi a 5 anni e 5 mesi. Il Tribunale ha deciso che dovranno anche risarcire Aler. Soprannominato “Robin Hood” quello contro il comitato era un processo simbolo sull’emergenza abitativa.

In una città così escludente e spietata come Milano aiutavano povera gente a sopravvivere, offrendo solidarietà senza chiedere nulla e sono stati trattati e un’organizzazione criminale”, dice l’avvocato Mauro Straini.

La sentenza dimostra che alcuni valori costituzionali sono per alcuni giudici caduti in disuso. A cominciare dal diritto all’abitazione. Per il Tribunale chi si è attivato per adempiere al dovere di trovare una casa è meritevole di essere inserito in una associazione per delinquere – spiega Giuseppe Pelazza altro legale della difesa –

È ciò a fonte della violenza delle istituzioni che hanno azzerato i fondi per l’edilizia pubblica omettendo le indispensabili manutenzioni dei pochi stabili di edilizia popolare facendo così aumentare il numero dei senza casa e di chi viene costretto a vivere in situazioni di pesante degrado”.

Pelazza aggiunge che siamo costretti e sembra paradossale a rimpiangere Giorgio La Pira che da sindaco di Firenze andava personalmente a requisire gli appartamenti sfitti per assegnarli a chi casa non aveva. La sentenza bastona chi cerca di tutelare i diritti dei più deboli, secondo il legale. “E prima o poi non potrà non succedere qualcosa che rimetta le cose a posto”.

Il comitato del Giambellino aveva creato uno sportello di aiuto per le persone in difficoltà, racconta l’avvocato Eugenio Losco – organizzando attività ricreative, doposcuola, ambulatorio popolare, tutte attività lecite.

Lo scopo era questo e non quello di commettere reati. In particolare trovo fantasioso – aggiunge Losco – che si possa costituire una associazione per delinquere per commettere il reato di resistenza. Un reato dettato da ragioni estemporanee che mal si concilia con una ideazione a tavolino.

Le resistenze peraltro non sono state dimostrate. Un conto è opporsi con violenza e minacce alla polizia un conto è partecipare la propria solidarietà e anche protestare l’illegittimità politica degli sfratti. Da condannare sono le istituzioni totalmente assenti. È solo un bene che siano nati questi comitati che portano aiuto a chi ha bisogno”.

Insomma, una volta si parlava di giustizia di classe e visto quello che accade lo si può ancora fare senza essere sospettati di delirare.

* da Giustiziami.it

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