Le lavoratrici e i lavoratori dei Musei Civici di Milano ieri hanno scioperato e si sono incatenati nell’atrio del museo.
Le catene della precarietà non costringono solo la realtà lavorativa con contratti precari, ma l’intera vita: uno stipendio di 7-8-900 euro, turni di lavoro che tengono in ostaggio la possibilità di gestire il tempo fuori da lavoro, non permettono di vivere una vita dignitosa, né da un punto di vista materiale (come si paga un affitto a Milano con questi salari? Come si mantiene una famiglia?) né esistenziale.
La solidarietà dei lavoratori comunali, venuti a volantinare con i lavoratori in appalto è un segnale forte e importante della compattezza dei lavoratori nel rivendicare le giuste condizioni lavorative, partendo da un accordo vincolante che preveda l’applicazione del CCNL Federculture per chi è in appalto e l’inquadramento da subito nel giusto livello, il 3° impiegati e non il 2° operai (come è anche scritto tra le righe della sentenza del TAR di mercoledì 30 novembre). Un passaggio necessario per andare verso la reinternalizzazione di tutti i lavoratori impiegati nei siti pubblici.
Ribadiamo la necessità di un confronto al più presto con aziende e Comune. Dopo le parole serve un segnale concreto che sblocchi la situazione lavorativa stagnante dei dipendenti dei Musei Civici.
Lo sciopero ha causato la chiusura di diversi musei e creato disservizi con chiusure parziali in quelli maggiori, che sono presidiati anche da volontari, oltre che dai dipendenti comunali.
#SCHIAVIMAI
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