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Sindaca delle meraviglie future

Chi si loda s’imbroda

La casta politica lombarda vanta una presunzione che basta per l’Italia. E quella bresciana è ancora più presuntuosa della milanese, soprattutto se si tratta del pezzo di casta di centrosinistra.

I cittadini della Leonessa ne hanno avuto conferma dal discorso di fine anno tenuto il 20 dicembre dalla sindaca Castelletti nella prestigiosa location di Palazzo Tosio, circondata- come nei migliori rituali delle nomenklature- dalla sua Giunta.

Niente slogan”, ha promesso la Prima Cittadina. Dopodiché è stato tutto un autoincensamento, sintetizzato nella perentoria affermazione: “Brescia non è solo una buona amministrazione locale, è una città che si muove con ambizioni europee”. Precisando che “una città europea non è quella che assomiglia alle altre, è quella che guida, che anticipa”.

E Brescia, secondo lei, lo starebbe facendo. Anzi di più. La spinta verso la modernizzazione punta ora all’ambizione planetaria. Con la nascita della “Fondazione per la Cittadella dell’Innovazione Sostenibile”, la Leonessa intende infatti accreditarsi come “un ecosistema capace di proiettarsi su scala internazionale”.

Castelletti ha dichiarato che il suo sarebbe “un modo diverso di governare, fatto di responsabilità e di capacità di tenere insieme sviluppo e giustizia sociale”. Un meccanismo virtuoso che non lascia indietro nessuno (anche se poi si viene a sapere che le persone assistite dai servizi sociali sono passate in meno di un anno da 4.159 a 4.817, e sono solo la punta dell’iceberg della povertà dilagante).

Giochi di potere  ​

C’è probabilmente, in una attività propagandistica così accentuata, un obiettivo politico, che è quello di creare le condizioni favorevoli per una  ricandidatura nelle elezioni del 2028. Castelletti ha sostenuto infatti che “il mandato di un sindaco è decennale come impostazione mentale e i miei alleati in più occasioni hanno richiamato la necessità di questa continuità”.  

Raggiunta la metà della prima sindacatura, ha dunque giocato d’ anticipo parlando di cantieri, progetti ecc. che dovrebbero trovare compimento in un arco temporale che arriva fino al 2050, tanto per stare sul sicuro. Insomma tutto deve essere visto come un filo unico che lega presente e futuro…

In un lontano futuro

Anzi, verrebbe da dire che lo sguardo è rivolto prevalentemente al lontano futuro.

Ad esempio, l’ “Agenda Urbana Brescia 2050” è il documento avviato dal Comune per definire una visione condivisa e sostenibile della città al 2050,che però ha già raccolto nel 2025 centinaia di contributi da cittadini, imprese, professionisti e mondo accademico, costituendo la base per le scelte strategiche future.

Il Piano Aria e Clima «stabilisce obiettivi vincolanti:–55% di CO₂ al 2030, neutralità climatica al 2040 per Comune e Partecipate, un’infrastruttura adattiva contro ondate di calore e dissesto idraulico».

Anche per ciò che concerne la Caffaro “il Comune ha affiancato stabilmente il Commissario straordinario nella fase dell’appalto integrato che porterà alla demolizione degli edifici e alla bonifica dell’intera area, con conclusione prevista nel 2030”.

Considerando che la bonifica dell’area Caffaro era stato uno dei cavalli di battaglia del predecessore Emilio Del Bono nella campagna elettorale del 2013, e ripensando a tutti gli altri già citati fondamentali traguardi previsti per il 2030, 2040 e 2050, non può non tornare in mente la famosa frase dell’economista George Maynard Keynes: «Nel lungo periodo siamo tutti morti».

D’ altra parte, perfino la metropolitana, la più piccola del mondo, sarà dal 2029 che beneficerà di un incremento delle frequenze grazie a due nuovi treni. 

Quanto alla raccolta differenziata, fortunatamente va meglio sui tempi di attesa, l’obiettivo resta l’83,3% per il 2027.

Solo la cementificazione andrà veloce

C’è solo un settore dove gli avanzamenti sono previsti in tempi assai rapidi: quello della cementificazione. La sfida principale del Partito Unico degli Affari si gioca sull’abitare, con l’operazione Sanpolino, che la sindaca- garante di tale Partito- definisce “l’ultima grande operazione urbanistica della nostra città”. Si preannuncia un grande business.

«È già pronto uno studio, realizzato da Cassa Depositi e Prestiti nell’ambito del Programma InvestEu, che prevede la realizzazione fino a 600 alloggi, integrando diverse soluzioni abitative: edilizia convenzionata in locazione, residenze temporanee per lavoratori, abitazioni per anziani autosufficienti, edilizia libera e un insieme di servizi di prossimità», ha detto Castelletti.

Che ha poi aggiunto: «Il nostro obiettivo resta azzerare gli appartamenti comunali sfitti entro il 2028, grazie a 26 milioni di euro di investimenti in quattro anni». Che cosa significhi quest’ultima frase non è chiarissimo.

Il triste destino di un quartiere popolare

Di sicuro chi già vive a San Polino non crede  alle “migliori pratiche (qualità architettonica, mix sociale, mobilità sostenibile e integrazione con il contesto urbano)” cui sarebbe impostata, a detta della sindaca, tutta l’ operazione.  Secondo lei infatti “il modello adottato combina intervento pubblico, partnership istituzionali e strumenti innovativi, in linea con le città europee più dinamiche”.

Tanto più che ai complessi abitativi andrebbero ad aggiungersi il nuovo impianto indoor e il Centro di preparazione olimpica per la ginnastica artistica, per collocare “Brescia tra le principali città sportive italiane”.

Ma gli abitanti di San Polino sentono che l’edificazione a tappeto avrà un impatto non positivo sulla qualità dell’aria e della vita degli abitanti del quartiere.

Ovviamente certe cose si fanno nelle periferie popolari e altrettanto ovviamente senza dialogare con gli abitanti.

Il quartiere era verde e vivibile. Dopo le enormi infrastrutture sportive e i 3 palazzi di 5 piani, quasi completati, sarà definitivamente devastato dal cemento di 600 nuovi appartamenti e dal conseguente incremento di traffico e inquinamento.

Cementificare significa non solo consumare suolo ma anche emettere ingenti quantità Co2 in atmosfera (altro che zero consumo di suolo!). Nuova distruzione di terreno permeabile, di piante, di biodiversità. Brescia è la provincia che consuma più suolo in Italia e ci sono 800 ettari di aree dismesse.

Costruire (mai recuperare!), perché è questo che serve al Partito Unico degli Affari, delle cui esigenze Castelletti e la sua maggioranza comprendente finanche ambientalisti e antagonisti di vario tipo si fa interprete.

La prolusione di fine anno della sindaca, tirando le somme, ha confermato ancora una volta che Brescia è una città in mano a un comitato d’affari che ne indirizza le svolte essenziali da molti anni.

Il centrosinistra in tutte le sue sfumature lo spalleggia e fa credere a molti elettori che questa amministrazione sia veramente il meglio in circolazione. Il baluardo contro il ritorno del nazifascismo, la città dei diritti, la capitale green, l’a2a che favorisce gli utenti ecc.! Ma certe ferite non rimarginate, come l’enorme fallimento della Freccia Rossa in pieno centro cittadino, stanno lì a ricordare di cosa siano capaci gli uomini del grande business.

E tutto ciò dopo aver abbattuto la Torre Tintoretto con 190 appartamenti di Erp andati in polvere, in una città con migliaia di appartamenti di proprietà pubblica (Aler e Comune) che avrebbero potuto essere sistemati e affittati a canoni sociali, risolvendo il problema dell’ emergenza abitativa. Ma non lo si è fatto e non sembra proprio che lo si voglia fare, per non turbare “il mercato immobiliare”.

Eppure se si pensa che, almeno fino a quando andiamo a pubblicare questo articolo, l’unica reazione critica ai progetti edificatori della Giunta è stata quella dei suprematisti razzisti di estrema destra, che si dichiarano sì favorevoli alla cementificazione, purché nessun alloggio a canone agevolato venga assegnato “alle pseudo risorse d’importazione che stanno sfigurando l’identità dei Nostri quartieri e della Nostra Città!!”, si può intuire che Castelletti dormirà sonni tranquilli.

Oscena stabilità della “democrazia matura”

Da oltre tre decenni si è creato in Italia  un regime oligarchico che ci ha raccontato che per avere il bene supremo della “stabilità” occorrevano leggi elettorali post-fasciste con doppi turni, e/o premi di maggioranza e altri marchingegni truffaldini che solo i gerarchi partitocratici riescono cinicamente a concepire.

Chiunque voglia capire sa  che ormai il problema sta nei partiti di Sistema  i quali, grazie a sistemi elettorali come quelli in vigore nelle amministrazioni locali, si sono trasformati in opache somme di clientele e quindi sono senza un’idea politica in grado di guidare la loro azione, senza una visione di società e di sviluppo che non sia quella di favorire i propri gruppi di riferimento. 

La conseguenza è che la maggioranza degli aventi diritto al voto non si reca più alle urne, avendo intuito l’ imbroglio. D’ altra parte, è proprio questo l’ obiettivo che si riproponevano gli oligarchi. E l’ hanno raggiunto, chiamandolo “democrazia matura”. Tutto ciò al di là delle chiacchiere cui ci ha abituati qui a Brescia Laura Castelletti.

Quel che va riformato è il sistema dei partiti con una legge che definisca le loro funzioni e imponga trasparenza e partecipazione nei processi decisionali interni, nell’affidamento degli incarichi, nella definizione dei programmi, nella selezione dei candidati. Così come vanno riformate in senso proporzionale vero le leggi elettorali degli enti locali. E così come va ridata una funzione fondamentale alla dimensione pubblica dell’ amministrazione, senza deleghe all’ associazionismo privato delle cerchie.

Brescia e la Lombardia, governate da un trentennio dagli stessi schieramenti, uno di centrosinistra, l’ altro di destra, sono un esempio eclatante della compiuta degenerazione. Cosa serve ancora per comprendere che solo un cambio di modello può invertire il processo di distruzione della democrazia in atto?

* da La Brescia del Popolo

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