Scriviamo a caldo, ancora in preda a rabbia ed adrenalina. Vale la pena una piccola cronaca di quanto accaduto la sera del 21 marzo a Torino.
Doveva essere una pedalata per la città, una critical mass come molte altre, un momento in cui riprendersi le strade in quella che, va ricordato, è una delle città più inquinate non dell’Italia ma del mondo. Così, coi polmoni infiammati dallo smog dell’ora di punta ma felici di correre per i viali della città, condividendo la gioia di una pedalata collettiva, siamo stati invece protagonist* di un episodio mai avvenuto nella storia di questa iniziativa.
Non ci vergogniamo di dire che non ce l’aspettavamo. La solita polizia in borghese e in moto, infastiditi e aggressivi, ma nulla di nuovo. Certo, la presenza di diverse camionette dell’antisommossa che tentavano l’inseguimento nel traffico avrebbe dovuto metterci in allerta. Così, in un attimo, dal nulla, ci hanno attaccato alle spalle: scesi al volo dalle camionette caricando a freddo biciclette e persone mentre pedalavano, d’improvviso, senza nessun motivo.
Hanno rovesciato le bici, manganellato le mani che stringevano i manubri, ci hanno spint* a terra ed hanno infierito sulle teste e sulle costole, a calci, ripetutamente.
Non ce l’aspettavamo, così come non ci aspettavamo la seconda e la terza carica, la celere impazzita tra biciclette, la caccia al ciclista, le botte su chiunque tentasse di frapporsi tra i manganelli e le persone a terra.
Hanno approfittato della sorpresa, ma soprattutto hanno approfittato dell’affetto verso le nostre bici.
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