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La repressione in Val di Susa non si ferma: arrestata Fabiola.

L’emergenza sanitaria, come la crisi sociale ed economica, non fermano i lavori per il TAV. Il cantiere si amplia e ovviamente i tribunali fanno il loro solito lavoro, come l’anno scorso per Nicoletta così anche quest’anno – proprio nel mezzo delle vacanze natalizie – è arrivata la sentenza di carcerazione per Fabiola.

D’altra parte le ruspe nel cantiere del TAV si muovono solo se la macchina repressiva funziona a dovere, non è una questione di legalità, sappiamo bene quanto TELT sia legata a doppio filo ad organizzazioni criminali e mafiose, ma questo per le procure è secondario rispetto all’obiettivo di criminalizzare gli attivisti NoTav.

E curano ogni dettaglio… Anche le tempistiche con cui emettere i verdetti. Difatti una sentenza del genere in un periodo come questo significa avere l’intenzione esplicita di combattere qualunque opposizione al TAV, lo schema è il solito: arrivano i nuovi fondi, il parlamento approva i lavori, si cominciano a spostare contingenti interi di polizia e carabinieri verso la valle, nel frattempo arriva Natale e si aprono le porte del carcere per gli attivisti e soprattutto le attiviste del movimento. Le sentenze si emettono non tanto per combattere le presunte illegalità – parliamo di attivisti che sono stati condannati al carcere per qualche euro di mancati incassi del casello autostradale – ma piuttosto per sfiancare una lotta con gli odiosi mezzi tipici di questura e tribunali, che puntualmente l’ultimo dell’anno hanno prelevato Fabiola da casa sua.

Potrà sembrare banale ma il punto è molto semplice: la repressione dello Stato permette a TELT di fare i propri interessi contro quelli della popolazione della valle, una popolazione che si ritrova con i presidi ospedalieri chiusi, forze di polizia ovunque, amianto nell’aria e il tunnel del TAV sotto i piedi.

E’ chiaro che lo Stato oltre a finanziare direttamente l’opera investe somme spropositate per mantenere alto il livello di repressione nella Valle di Susa, a dicembre il paesino di Giaglione – quello maggiormente interessato dall’allargamento del cantiere – è stato cinto da uno stretto cordone di camionette delle forze dell’ordine, un utilizzo della forza paragonabile solo ai teatri di guerra oltre che uno spreco di risorse ingiustificabile in generale ma soprattutto in questi mesi di pandemia.

Questa volta si tratta di una condanna a due anni di carcere che arriva in seguito ai fatti del 2012 quando i NoTav organizzarono l’iniziativa “Oggi paga Monti”, nonostante il Movimento 5 Stelle sia salito al governo nulla è cambiato sul fronte repressivo e gli attivisti NoTav continuano a scontare con il carcere il prezzo di una lotta giusta. Tanto più in un momento come questo, proprio quando è più evidente la necessità di investire in istruzione e sanità, si continua a militarizzare la valle e a incarcerare gli attivisti NoTav.

La valle continua ad essere un laboratorio di repressione, il contesto giusto nel quale le questure affinano gli strumenti per contrastare gli attivisti sociali e politici su tutto il territorio nazionale. Ed è anche per questo che la lotta dei valligiani è una lotta che riguarda tutti, gli anni di carcere inflitti a Fabiola e a Dana e a tutti gli altri sono l’arma più arrogante con la quale lo Stato colpisce gli interessi delle classi popolari.

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