Domani alle 10.00 davanti alla RAI si terrà una conferenza stampa per lanciare un Primo Maggio alternativo. Difatti, il Primo Maggio nella storia torinese si è caratterizzato sempre di più come la giornata in cui nel centro città sfilano le burocrazie dei sindacati concertativi e dei partiti auto-definitisi di sinistra – che con disinvoltura da anni portano avanti le stesse politiche della destra – e in coda i movimenti sociali.
Fino ad arrivare al Primo Maggio del 2019 – l’ultimo che ha visto una partecipazione in presenza tra le strade della città – quando le forze di polizia unite al servizio d’ordine del PD, con manganelli e cinte, hanno represso qualsiasi possibilità di rappresentazione del così detto spezzone sociale, quell’anno attraversato da decine di bandiere NoTav.
Le misure cautelari arrivate qualche mese fa per gli scontri del 2019 dimostrano plasticamente che la repressione delle forze dell’ordine è direttamente orientata a snaturare la natura del Primo Maggio a tutto vantaggio di forze politiche e sindacali innocue e collaborazioniste. Per lo Stato e le istituzioni, gli unici autorizzati a rappresentare gli interessi dei lavoratori sarebbero i sindacati concertativi CGIL, CISL e UIL e i partiti di governo mentre agli altri non vanno concessi spazi.
Se qualcuno prova a opporsi a questo connubio d’amore (Questura – Sindacati concertativi) e a rappresentare degnamente le rivendicazioni delle classi popolari, sgherri di partito e celerini picchiano sui manifestanti.
Allo stesso tempo l’apparato mediatico costruisce quella narrazione falsa e rovesciata che da una parte vede schierati i sindacati – e quindi, a parer loro anche i lavoratori – e dall’altra i violenti antagonisti. Una dinamica che esiste da troppo tempo e che ha allontanato sempre più le lavoratrici e i lavoratori dal corteo del Primo Maggio torinese, stretti tra l’incudine dei sindacati concertativi e della stampa e il martello della repressione.
Ne abbiamo avuto la conferma anche quest’anno, già prima di scendere in piazza. Agli inizi di Aprile, insieme ad altre forze sociali, abbiamo chiesto alla questura l’autorizzazione a svolgere un corteo che partisse da Piazza Vittorio per finire in Piazza San Carlo. Inutile dire che l’autorizzazione ci è stata negata in quanto per via delle restrizioni dovute al Covid i cortei sono vietati fino al 30 Aprile, dopo non è dato sapere cosa sia permesso e cosa no.
Parallelamente altre organizzazioni hanno richiesto un presidio statico in Piazza San Carlo, qualche giorno fa anche a queste è arrivato il divieto di occupare la piazza. Nonostante il largo anticipo con cui è stata chiesta l’autorizzazione per il presidio pare che qualcuno si sia mosso ancora prima… dai giornali abbiamo scoperto che la piazza è stata concessa a CGIL CISL e UIL. Chiara dimostrazione che i manganelli agitati nel 2019 sullo spezzone sociale e le recenti misure cautelari non sono certamente un caso ma anzi il risultato di una strategia che vede uniti questi sindacati agli apparati repressivi dello Stato.
Non abbiamo intenzione di cadere nella trappola di giornali e questura, non abbiamo intenzione di lasciare la festa dei lavoratori nelle mani di tutte quelle forze che palesemente stanno dall’altra parte della barricata.
Quest’anno non ci stiamo. Vogliamo essere la scintilla che sfugge dall’incudine.
Il Primo Maggio ci vedremo in Piazza Castello:
– Contro il Governo Draghi e tutte le forze che lo sostengono, da destra a sinistra.
Per una gestione del Recovery Fund orientata ai bisogni delle classi popolari e non agli interessi delle aziende.
– Per la risoluzione concreta della pandemia da Covid-19: sanità pubblica, più presidi territoriali, più vaccini.
-Per un reddito Universale che permetta a tutti di uscire da questa crisi, per dire basta alla precarietà.
– Per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
Il 98 % di coloro che hanno perso il lavoro nell’ultimo anno sono donne. È evidente che la crisi la stanno pagando le categorie contrattualmente più deboli, come appunto le donne e i giovani.
La disoccupazione nella nostra città raggiunge picchi spaventosi soprattutto tra le fasce giovanili, la soluzione di questa piaga non è certo la “turistificazione” ma è necessario agire a livello strutturale.
– Per investimenti pubblici per la cura del territorio e dell’ambiente.
Basta finanziare le grandi opere inutili come il TAV!
– Per investimenti pubblici nella scuola.
Siamo di fronte ad un black-out pedagogico, è il momento finanziare la scuola pubblica affinché sia un luogo sicuro in cui studiare e lavorare. Vogliamo investimenti in edilizia scolastica, nuove assunzioni e contratti stabili.
Costruiamo l’alternativa!
Rete dei Comunisti – Torino
Cambiare Rotta Torino – Noi Restiamo
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