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Torino. Le donne latinoamericane sono al fianco delle donne palestinesi

Mercoledì scorso, nello spazio popolare Ost Barriera, si è tenuto un incontro organizzato dall’Assemblea Sororas, un gruppo femminista di donne latinoamericane attive a Torino e da Progetto Palestina.

Durante l’iniziativa si è fatto il punto sul genocidio in corso in Palestina, sulle responsabilità del sistema sionista israeliano e dei paesi occidentali e sulla condizione delle donne palestinesi sotto occupazione.

Gli interventi sono stati tanti, il dibattito altrettanto carico di contenuti: dopo questo partecipatissimo momento, vogliamo proporre qualche riflessione che pensiamo possa essere utile per continuare a sostenere la resistenza palestinese e combattere la propagando israeliano-occidentale che distorce la realtà dei fatti.

I contenuti emersi durante l’incontro hanno toccato punti fondamentali che proviamo brevemente a riassumere. L’Assemblea Sororas ha spiegato le ragioni del sostegno delle donne del sud del mondo verso il popolo e le donne palestinesi.

Infatti, le popolazioni del Sudamerica conoscono i massacri, la repressione, le incarcerazioni e le persecuzioni politiche che per la maggior parte sono eterodirette da quegli stessi paesi, come gli Stati Uniti, che adesso sostengono i bombardamenti su Gaza; lo stesso stato di Israele ha un ruolo anche nei paesi sudamericani, esportando tecnologie militari avanzate ed essendo un partner storico delle dittature militari sostenute dagli Stati Uniti.

Quindi, in quanto donne del sud del mondo, la costruzione di un ponte di resistenza tra donne e popoli oppressi dall’imperialismo occidentale diventa fondamentale per prendere una posizione netta e costruire pratiche di lotta efficaci.

Progetto Palestina ha raccontato la situazione insostenibile che il popolo palestinese sta vivendo e, insieme, la forte resistenza che da più di 75 anni porta avanti, focalizzandosi su quanto sia importante prendere posizioni nette a favore del popolo palestinese, contro il sistema sionista israeliano e contro la propaganda martellante assecondata anche da parte della sinistra nostrana.

È importante, invece, capire quanto sia diversa la condizione delle donne palestinesi colonizzate e delle donne israeliane colonizzatrici, quanto occorre costruire una diversa narrazione che leghi il femminismo all’anticolonialismo e all’antimperialismo.

Durante l’iniziativa sono intervenute anche campagne di BDS Torino, di BDS Spagna e del collettivo femminista colombiano Menstrual Escuela Sorora che hanno parlato dell’importante pratica del boicottaggio e del sostegno di molte organizzazioni femministe colombiane alla lotta del popolo palestinese.

In questo momento storico, la sostanza dei numerosi interventi che si sono succeduti mercoledì scorso ha un’importanza fondamentale per opporsi al genocidio e alla guerra imperialista che non solo lo Stato di Israele, bensì l’intero occidente sta perpetrando in tutto il Medio Oriente.

Questa iniziativa ci dimostra che in Italia, nel cuore dell’imperialismo europeo, occorre in primis lottare contro la propaganda israeliana che accomoda la sinistra nostrana e anche parte del movimento femminista su posizioni equidistanti e neneiste.

In un momento in cui a Gaza le persone uccise sono più di 25.000, anche lo Yemen viene bombardato da Stati Uniti e Gran Bretagna e l’Italia continua ad avere rapporti commerciali e militari con Israele, è inaccettabile la strumentalizzazione delle donne che abbiamo visto nelle ultime settimane finalizzata a sostenere lo sterminio del popolo palestinese.

In particolare, negli ultimi giorni, i giornali stanno dando risalto a un appello chiamato “Non si può restare in silenzio” nel quale si legge che “il 7 ottobre le donne non sono state uccise come gli altri civili durante l’attacco di Hamas a Israele” e che “il femminicidio del 7 ottobre deve essere dichiarato femminicidio di massa e gli autori devono essere condannati per tale reato”.

Un appello promosso da un gruppo di donne, guidato dalla regista milanese sefardita Andrée Ruth Shammah che ha già raggiunto circa 15mila firme, tra cui molti nomi della politica, del giornalismo, della musica e del cinema: Eugenia Roccella, Maria Elena Boschi, Letizia Moratti, Giovanna Melandri, Corrado Augias, Vittorio Sgarbi, Concita De Gregorio, Marco Tronchetti Provera, Dacia Maraini, Ferruccio de Bortoli e tanti altri.

Questo appello è simile ad altre prese di parola delle ultime settimane a livello internazionale che puntano il dito sulle presunte violenze del 7 ottobre sulle donne israeliane.

Innanzitutto, queste violenze sono presunte poiché riportate soltanto da fonti militari israeliane e statunitensi.

In seconda battuta, questa falsa narrazione è l’ennesimo tentativo di pinkwashing e di strumentalizzazione della questione di genere per dipingere la resistenza palestinese come barbara in confronto alle giuste missioni di pace e ai “valori di civiltà” che l’Occidente si vanta di esportare in tutto il mondo.

In terzo luogo, con questo tipo di propaganda l’Italia e l’Occidente non fanno che dimostrare la propria natura razzista, imperialista e sfruttatrice: il sistema di valori che condanna i presunti stupri del 7 ottobre è, infatti, lo stesso che in casa sfrutta le donne sul posto di lavoro e non fa assolutamente nulla per fermare la violenza sulle donne ormai ineludibile.

La propaganda non è ovviamente fine a se stessa ma va a costituire la base per un ulteriore aumento della violenza imperialista come è ben evidente nel momento in cui la Meloni, evitando la discussione in parlamento, porta l’Italia in guerra nel Mar Rosso, al fianco di Francia, Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna.

L’iniziativa organizzata dall’Assemblea Sororas e da Progetto Palestina ci dà spunti importanti per rifiutare le posizioni di equidistanza sul genocidio in corso e per affermare che la solidarietà va tutta alle donne palestinesi che sono quelle che da più di 75 anni vengono violentate e uccise dall’esercito e dai coloni israeliani.

Il silenzio dell’Occidente è colpevole, lo schieramento pieno di precondizioni e premesse di parte del movimento femminista tira acqua al mulino della propaganda israeliana.

La lotta per l’emancipazione delle donne non può essere separata dalla lotta contro l’imperialismo e dalla parte di quei popoli che dalla Palestina al Sud Africa fanno muovere la storia contro un sistema occidentale ormai completamente reazionario e dedito alla guerra.

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