Sabato per le strade di Lecce si è svolto un corteo determinato, quasi interamente studentesco, che ha risposto alla chiamata di alcuni collettivi insieme all’Opposizione Studentesca d’Alternativa, sfilando da porta Rudiae fino a piazza Sant’Oronzo e che grazie alla sua tenacia ha ottenuto il proseguimento del percorso.
Un corteo che ha saputo coniugare la preoccupante stretta repressiva all’interno del nostro paese, a partire dalle manganellate nei confronti degli studenti a Pisa, con l’elemento antimperialista e al fianco del popolo palestinese.
Può sembrare assurdo, ma tutto questo è avvenuto in una regione, la Puglia, segnata da 30 anni di pacificazione sociale controllata dal centrosinistra, e una città, Lecce, che è uno dei capoluoghi di provincia più a “Sud” di tutto il paese, non solo a livello geografico, ma anche sul piano della condizione materiale degli strati popolari e studenteschi.
D’altronde è proprio in queste terre che è stata messa a sperimentazione per la prima volta la pratica della “concertazione” nei primi anni ’90, prima di essere estesa all’intero paese.
Una pratica i cui ideatori furono in primis Confindustria e i settori della piccola-media borghesia legati all’emergente polo imperialista europeo, e i cui esecutori materiali sono tutt’ora i sindacati concertativi, CGIL, CISL e UIL.
La concertazione ha permesso alla classe politica e al padronato di controllare il conflitto sociale in un’area potenzialmente dirompente come il Sud, in cui le forme di sfruttamento quasi neocoloniali accompagnano la sempre crescente disoccupazione, sfociando in una generale crisi di prospettive e nell’indifferenza /passività degli strati sociali, ma anche nell’abbandono scolastico di massa (vedendosi il proprio futuro ipotecato) o nell’emigrazione forzata.
Ma nei momenti come quello di sabato a Lecce, il meridione dimostra di essere una polveriera del conflitto sociale pronta ad esplodere in qualsiasi momento.
Lo si è visto per la presenza determinata degli studenti e dei giovani, che rappresentavano la quasi totalità del corteo, e di alcuni migranti arabi di prima e seconda generazione.
È stata una piazza che ha rappresentato anche un importante momento di sfogo collettivo per una generazione priva di punti di riferimento e che subisce i colpi della crisi economica, sociale e valoriale di questo sistema, specialmente in una città come Lecce, segnata da anni di passività studentesca e di assenza di momenti di mobilitazione come questo.
Piazze come quella di sabato ci dimostrano soltanto la necessità e l’urgenza di continuare a organizzare gli studenti, di intercettare le esigenze di questa generazione sul territorio di tutto il paese, anche nei luoghi in cui difficilmente si riescono ad innescare momenti di conflitto e mobilitazione.
Un’organizzazione che deve saper rappresentare un’alternativa a tutto tondo davanti alla crisi di egemonia della borghesia in Occidente, uno “stregone che non può più dominare le potenze da lui evocate”.
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