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Bari: i giorni di Benedetto Petrone. 28 novembre 1977

Ripubblichiamo questa testimonianza di Nicola Latorre di qualche anno fa, sulle giornata del 1977 che portarono all’omicidio di Benedetto Petrone.

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Pubblico questi brevi stralci su quelle giornate del ’77, tratti da una precedente mia collaborazione editoriale sulla storia antagonista in terra di Bari, perché la memoria è parte della lotta di classe e il 28 novembre non è nessuna liturgia, né può esser pretesto per alchimie politiche, né tantomeno passerelle per il pensiero unico liberista di vecchie destre e delle nuove che hanno in questi anni sdoganato il fascismo e legittimato il razzismo ed autoritarismo istituzionale; gli stessi che mentre cercano ora in Italia di darsi una verniciata di “antifascismo”, nel Parlamento Europeo hanno votato una infame risoluzione che equipara il Nazismo con il Comunismo.

Ed ancora perché, dal 77 in poi, chi ha impedito che la memoria di Benedetto e la lotta antifascista e militante fosse rimossa non è stato certo il Pci e le sue derive e palingenesi, ma i movimenti reali che, nel deserto degli anni 80 e nelle nuove moltitudini degli anni 90, dalla Pantera allo sviluppo dei Centri Sociali e la nuova opposizione sindacale e poi ancora come generazione di Genova, hanno continuato non solo a ricordare Benedetto, bensì hanno mantenute vive le sue idee: con le lotte, nelle lotte.

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Ci avviamo all’autunno del ’77 attraversando mesi segnati dalla quotidiana violenza fascista. A Carrassi e Poggiofranco la situazione era ormai critica, con la persistente presenza organizzata della “Passaquindici”, la cui leadership già iniziava a tessere relazioni con il gruppo terrorista di Terza Posizione.

L’assassinio di Benedetto fa implodere qualsiasi equilibrio in quella Bari delle due città: una, espressione della borghesia bottegaia, reazionaria e perbenista, l’altra dall’anima popolare, democratica ed antifascista. La notte stessa del 28 più di mille compagni ed antifascisti riempiranno fino all’alba la piazza della Prefettura.

Ci organizziamo in gruppi tra Lotta Continua ed area Autonoma. Un grappolo di molotov viene lanciato contro la Federazione del MSI, da cui è partita la squadraccia. Vengono bruciati alcuni negozi e bar di proprietà di fascisti a Carrassi e Poggiofranco. Per la mattina seguente, il Pci indice solo una manifestazione con comizio in piazza Prefettura. La FLM, nonostante il parere non favorevole della CGIL, indice lo sciopero per quattro ore.

Noi dell’Artistico andiamo all’appuntamento al “Polo” a Carrassi, cosí chiamato per la filiera di scuole presenti (Panetti, Salvemini, Romanazzi e Fermi). In centinaia di compagni, il Movimento decide di chiudere dal basso il covo fascista della Passaquindici. Messa in fuga la polizia, le saracinesche delle sedi del Msi e del FdG vengono divelte, gli archivi saccheggiati, i locali incendiati. Con decine e decine di cordoni compatti in corteo ci dirigiamo in centro città.

All’ingresso in Piazza Prefettura troviamo trentamila persone: lunghi applausi ci accolgono, la notizia della Passaquindici ci ha preceduti. Ci sono tutti i consigli di fabbrica della zona industriale, migliaia di studenti, tanti nostri compagni arrivati dalla provincia. E poi le facce, tantissime, di dolore e rabbia della gente di Barivecchia. Giancarlo Aresta e Franco Giordano si sgolano dal palco gridando di “non accettare le provocazioni”. Inutilmente. A centinaia, militanti del PCI, operai in tuta blu, giovani compagni si uniranno al nostro tentativo di assalto alla Federazione provinciale del MSI.

Ma non ci restano più “bocce” da lanciare e quelle sembra promesse dall’Mls non ci sono… Questa volta celere e carabinieri reggono l’impatto. Diversi agenti sparano colpi di pistola ed i lacrimogeni riempiono l’area, ma la piazza non sbanda, rimane nonostante gli appelli del Pci dal palco ad abbandonarla. Mettiamo di traverso e incendiamo alcune macchine per difenderci dalle cariche mentre una moto della polizia urbana brucia nell’angolo di Via Piccinni.

Ma è un muro umano quello che protegge i compagni che invadono la vicina sede del sindacato fascista CISNAL, la devastano, tirano tutto il mobilio dalle finestre e la incendiano tra gli applausi entusiasti di migliaia di persone.

☆I FUNERALI DI BENEDETTO
Il PCI organizza i funerali per Benedetto nella piccola Piazza Chiurlia, alle porte del centro storico, con la città blindata. Una moltitudine riempe tutta la zona circostante. Vergognosamente il PCI fa intervenire al sindaco della DC Lamaddalena: le sue parole vengono coperte dagli slogan ed i fischi dell’intera piazza.

Il massiccio servizio d’ordine del Pci e FGCI impedirà a colpi di “Stalin” l’entrata nella piazzetta a molti compagni. Decidiamo allora di accompagnare in corteo Benedetto al cimitero, nonostante il divieto della Questura suggerito dallo stesso PCI. Diecimila persone attraversano l’intera città militarizzata rompendo il divieto. È un corteo gigantesco e combattivo, un centinaio di fitti cordoni autodifesi ne compongono la testa, alla quale si aggregano decine di “extralegali”, armati di pistole, provenienti dai quartieri proletari.

È una vittoria enorme del Movimento, la dimostrazione della maturità e forza sedimentata nelle lotte, alla quale il PCI ed i suoi sgherri con il loro vergognoso comportamento hanno consegnato centinaia di propri simpatizzanti (non a caso nei primi mesi del’80, dalla stessa sezione di Barivecchia, uscirà un folto gruppo di compagni della FGCI – compreso il fratello di Benny – che aderiranno alla nascente Lotta Continua per il Comunismo).

☆FERMARE LE SQUADRACCE DI ANDREOTTI&KOSSIGA. CHIUDERE I COVI FASCISTI.
Il Movimento, le moltitudini sociali protagoniste in tutti i mesi precedenti, è deciso a continuare l’azione iniziata con l’assalto e distruzione della Passaquindici e della Cisnal e colpire e chiudere i covi neri, quelli di chi li finanzia e li protegge. Alcuni giorni dopo l’assassinio di Benny in 200, compagni e compagne di Lotta Continua e della area Autonoma, ci muoviamo dal “Giardino”, superando il confine invisibile che separa la zona dell’Ateneo, la nostra “Piazza Rossa”, da quella della mercantile borghesia levantina della città.

Ci separiamo in due gruppi. Il nostro attacca la sede locale del quotidiano fascista “il Tempo”, la sede del partito Monarchico ed negozi dei finanziatori del Msi di via Sparano: Fratelli Rossetti, Esperia, Mincuzzi, Mossa, Trione… i Carabinieri ci arrivano all’improvviso senza sirene alle spalle in Corso Cavour: sentiamo i colpi ripetuti, i criminali in divisa ci sparano addosso raffiche di mitra… due, poi ancora un’altra boccia esplodono al centro della strada e il fuoco delle molotov ci permette disperderci fino ad arrivare a Madonnella…

Le settimane succesive mostreranno come il governo liberticida e criminale del regime democristiano garantisce l’impunità ai fascisti, con l’obiettivo di fermare con la violenza poliziesca e quella squadrista il movimento di opposizione alle politiche dei “sacrifici” che il patto di cogestione degli interessi del capitale, il chiamato compromesso storico Dc-Pci, si accinge ad inaugurare…

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