Questa mattina la digos ha effettuato una perquisizione nell’hinterland di Cagliari, contro un giovane militante dell’area antagonista e indipendentista.
Il motivo delle perquisizioni sarebbe la ricerca di materiale informatico, audio, video o testuale riconducibile all’azione dimostrativa avvenuta lo scorso 6 novembre al Bastione di Saint Remy, quando una grande bandiera tricolore è stata data alle fiamme, propriola sera in cui entrava in vigore il coprifuoco notturno stabilito dall’ultimo dpcm come norma di contrasto alla diffusione del contagio da coronavirus.
I reati ipotizzati nel mandato di perquisizione comprenderebbero il vilipendio della bandiera italiana, l’incendio doloso e il danneggiamento, anche se al momento non è chiaro se questi reati siano contestati al compagno sottoposto a perquisizione, assistito dalle avvocate Cabras e Lai, e a cui va in ogni caso tutta la nostra solidarietà e il nostro appoggio.
Per il fatto sta procedendo la Direzione Distrettuale Antiterrorismo di Cagliari.
Quando abbiamo visto le immagini di quella bandiera data alle fiamme e abbiamo letto il messaggio di rivendicazione, non abbiamo potuto fare a meno di leggervi una contestazione ribellistica, con una venatura di “balentia” giovanile.
Però le radici politiche del gesto sono molto più serie, a prescindere dalle reali intenzioni degli autori.
La scorsa primavera è stato impedito deliberatamente che la Sardegna potesse difendersi dal ritorno dell’epidemia e ogni volontà di limitare il flusso turistico attraverso quarantena o tamponi obbligatori è stata ridicolizzata dal governo e dagli apparati dello stato italiano.
A causa di ciò l’economia della Sardegna vive una crisi senza precedenti e i sardi sono costretti a subire restrizioni dei propri diritti individuali.
Come possiamo non essere d’accordo che questo sia un trattamento di tipo coloniale, come scritto nella rivendicazione di quel falò notturno avvenuto lo scorso 6 novembre sulla scalinata monumentale del bastione che fu ribattezzato in onore del barone di Saint Remy, primovicerè piemontese che governò la Sardegna esattamente 300 anni fa.
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UDIENZA PRELIMINARE 12 OTTOBRE 2020 – SIT IN DINANZI AL TRIBUNALE DI NUORO
I PASTORI NON SI ARRESTANO.
Il pubblico ministero procede con la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di quattro pastori, tre dei quali difesi dagli Avv. Lai, Sollai, Zuddas e Cabras, per la protesta svoltasi a Lula il 13 febbraio 2019, con fissazione dell’udienza preliminare per il prossimo 12 ottobre, ore 9:00, presso il Tribunale di Nuoro.
Sulla richiesta di rinvio a giudizio deciderà, questa volta, il giudice per l’udienza preliminare Dott. Cannas.
Ricordiamo che per gli stessi fatti un altro giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nuoro, ha confermato l’archiviazione nei confronti di altri tre partecipanti alla medesima manifestazione.
Le ipotesi delittuose contestate sono le medesime: art. 1 d.lgs. 66/48 (blocco stradale) e art. 18 T.U.L.P.S (organizzazione di manifestazione non autorizzata), con l’aggravante delle più persone riunite.
Vogliamo ricordare in questa occasione che le proteste sono state provocate dallo sfruttamento di cui sono vittima i pastori sardi, che vedono il loro lavoro umiliato da un pagamento irrisorio del latte. E che in tutti questi mesi, nonostante si sia fermata la mobilitazione, le promesse non sono state rispettate lasciando che i prezzi rimanessero bassissimi e non facendo niente per rendere strutturale un pagamento equo degli stessi.
Per tutto questo invitiamo la popolazione a partecipare al sit-in davanti al tribunale di Nuoro, dalle ore 9:00, consci dell’importanza che la solidarietà tra i cittadini comuni e i soggetti colpiti dalla repressione sia il migliore strumento per non lasciare nessuno solo ad affrontare i procedimenti penali per fatti derivanti da legittime proteste.
Associazione Libertade
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