La nostra opposizione al Piano Casa della Giunta Solinas non è preconcetta e aprioristica, ma è dovuta alla constatazione di come utilizzi demagogicamente esigenze obiettive dei cittadini sardi per servire gli interessi della speculazione immobiliare sia sarda che straniera.
Tutti riconosciamo che sia necessario, dopo tanti anni, intervenire su una riqualificazione degli immobili destinati alla ricezione turistica, su un loro riadeguamento anche estetico e funzionale. Tutti riconosciamo l’urgenza di dare una boccata d’ossigeno al settore edilizio della Sardegna, fortemente contrattosi negli anni, con un notevole crollo economico e occupazionale.
Ma tutto ciò alla Giunta Solinas non interessa realmente, né per quanto concerne la ristrutturazione degli immobili, né per quanto riguarda il sostegno all’edilizia sarda. Alla giunta Solinas interessa soddisfare le necessità della speculazione, abbia essa il marchio del Qatar o del Nord Italia, che vuole ampliare i propri alberghi e trasformare strutture da ricovero attrezzi in lussuose ville.
L’affare del momento infatti è di carattere squisitamente speculativo: ampliare le volumetrie in periodo di crisi, con bassi costi e tirando su i prezzi; rivendere in tempi di ripresa con guadagni esponenziali.
Con il ridicolo pretesto dell’”aumento degli spazi per permettere il distanziamento per il Covid” (che durerà forse un altro anno, a differenza delle volumetrie) la Giunta regionale consentirà di aumentare fino a un 50% in più di volumetrie negli stabili situati al di fuori dei 300 metri dal mare. La norma presente nel Piano Casa, spacciata come sostegno al mondo delle campagne, che prevede la possibilità di costruire anche con un solo ettaro anche per i non agricoltori, permetterà invece di costruire interi villaggi turistici anche con pochi ettari a disposizione.
Noi crediamo che questa impostazione sia estremamente dannosa per la Sardegna, sia per quanto riguarda il nostro paesaggio – già saturo di alberghi e villaggi turistici – sia per quanto riguarda il comparto edilizio.
Pensiamo che sia necessaria una ristrutturazione degli alberghi esistenti e un riadeguamento funzionale, ma senza aumento delle volumetrie anche al di fuori della fascia dei 300 metri dal mare.
Il problema costante delle strutture alberghiere della Sardegna è che restano mezzo vuote, e questo è dovuto a due fattori.
Il primo è che negli anni passati si è costruito molto di più di quanto fosse necessario, immaginando un flusso turistico molto più importante e diffuso di ciò che realmente è.
Il secondo è che il costo dei trasporti esorbitante scoraggia gran parte dei possibili visitatori, dirottandoli su altre mete molto più concorrenziali.
Ciò significa che noi oggi abbiamo già anche troppa volumetria, e che se la vogliamo riempire di turisti dobbiamo agire sui trasporti, non sui volumi. Aumentare le cubature, costruire ancora, servirebbe solo a innescare i processi affaristici di cui abbiamo parlato.
Inoltre pensiamo che il permesso di costruire con un solo ettaro a disposizione e pur non essendo agricoltori non serva assolutamente a ripopolare le campagne ma solo ad alzare ulteriormente il prezzo della terra nelle fasce costiere, innescando una dinamica speculativa anche terriera. E in questo frangente non servirà nemmeno la norma che permette la costruzione ai soli imprenditori agricoli nella fascia dei mille metri dalla battigia: troppo facile fare accordi per interposta persona e troppo facile prevedere che queste case verranno costruite con finalità turistiche e non agricole, visto il prezzo sul mercato.
Non nascondiamo che simili dinamiche speculative attireranno le attenzioni non solo del grande capitale immobiliare straniero ma anche della grande criminalità organizzata italiana, che ha sempre visto nelle coste della Sardegna un ottimo investimento, come testimoniano innumerevoli inchieste. Tutte attenzioni di cui facciamo volentieri a meno, per il bene della nostra terra e della nostra gente.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, crediamo che il comparto edilizio possa essere rilanciato dall’intervento della politica sarda non solo col progetto di ristrutturazione privata senza aumento di volumetrie di cui abbiamo parlato, ma anche con un grande investimento pubblico di restauro e riadeguamento dei nostri edifici pubblici.
La pandemia ci ha mostrato impietosamente il costo di una carenza di ospedali pubblici nel territorio e l’insufficienza strutturale del nostro apparato davanti a sfide di tale portata. Inoltre tutti sappiamo, anche se spesso facciamo finta di non sapere, che addirittura l’80% delle scuole non sono a norma e spesso hanno bisogno di urgenti lavori di consolidamento.
Queste sono le occasioni in cui investire e rilanciare immediatamente l’edilizia, in cui si dovrebbe urgentemente portare riqualificazioni e, dove necessario, aumentare le volumetrie.
Abbiamo bisogno di un settore edilizio che lavori, e che lo faccia costruendo il benessere della nostra società, con materiali sani, con sicurezza, rispettando il paesaggio, tutelando l’ambiente, migliorando lo stato complessivo e la bellezza dei nostri edifici, dotando la Sardegna di scuole e ospedali comodi ed efficienti.
La Sardegna ha già conosciuto dolorosamente negli anni scorsi il vandalismo del mattone, adesso abbiamo bisogno di costruire una Sardegna migliore, sana, funzionale, di tutti.
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