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Università di Catania. ISEE errato e Giuseppe si ritrova nella fascia di maggior reddito

L’errore è stato commesso dall’operatore di un Caf al momento della compilazione dell’Isee, il documento che consente di certificare la condizione patrimoniale e la fascia del reddito di appartenenza, e consente di accedere alle previste riduzioni delle tasse universitarie. E Giuseppe Pecora, studente di filosofia al secondo anno, si ritrova, all’improvviso, nella fascia di maggior reddito perchè nel documento non è stato inserito il suo codice fiscale fra quelli dei componenti del nucleo familiare. Giuseppe, dopo aver presentato la documentazione alla segreteria dell’Università si era accorto dell’errore, prima della scadenza prevista per la presentazione della documentazione, e aveva presentato la certificazione corretta pagando 80 euro di penale. Fatto! Ma per il sistema informatico dell’Università è stato impossibile sostituire il documento errato con quello regolare!

– Perchè?

E’ previsto l’inserimento tardivo della documentazione, previo pagamento di una penale, ma la documentazione Isee, che è annuale, è valida solo se è certificata entro, in questo caso, l’anno 2017. Insomma, i due certificati presentati da Giuseppe Pecora , seppure nel contenuto sono identici, il sistema informatico dell’Università non li accetta lo stesso, perchè la “correzione” all’Isee è un documento che porta la data del 2018. Assurdo, ma vero, e il caso di Giuseppe non è un caso limite. Maggior reddito, significa il pagamento di due rate da 700 euro ciascuna, tra marzo e maggio.

– Giuseppe Pecora: “Lascio l’Università, ma non solo per un problema economico…

Frequentare l’Università è un’esperienza stomachevole. Altro che istituzione umanistica e culturale. E’ più che altro un ente accademico, digitale (più nell’accezione negativa che in quella positiva) e finanziario. Oggi mi ritrovo a doverla lasciare prima del tempo. Perché? Ogni anno inseriamo il nostro reddito Isee e in base a quello vengono quantificate le tasse che dobbiamo pagare. Quest’anno il Patronato che ce lo consegna da dieci anni si è dimenticato di inserire il mio codice fiscale e dunque il sistema informatico dell’Università mi ha collocato nella fascia di reddito più alta, quella dei ricconi che pagano la seconda e la terza tassa 700€+700€, totale 1400€. Ci siamo accorti dell’errore prima della scadenza prefissata e abbiamo pagato una penale di 80€ per inserire il reddito Isee corretto. Nulla da fare: per il sistema informatico non era più possibile farlo sebbene fossimo ancora in tempo e, inoltre, l’Inps e l’Università hanno degli evidenti problemi di coordinamento. Così, un nucleo familiare in cui l’unico reddito è quello di mia madre, che insegna nelle scuole da vent’anni con uno degli stipendi più bassi d’Europa, sarebbe costretto a pagare quelle cifre folli. Non è fattibile, per condizioni economiche ma soprattutto per principio. Abbiamo cercato di risolvere il problema, sperando (ma pur sapendo che ormai non è più così) che la volontà e il buonsenso degli esseri umani potessero regolare il funzionamento del sistema informatico. Siamo stati in Segreteria per ben 4 volte, abbiamo incontrato impiegati e direttori vari, ma non hanno trovato soluzioni: il sistema informatico viene posto in cima alla piramide (più comodo così), dunque niente da fare. Si può pagare oppure lasciare l’Università e interrompere i propri studi. Anche nel mio caso (più fortunato di altri), ovvero quello di un reddito statale e trasparente (ma comunque basso), non è possibile fare nulla. Basterebbe constatarlo per risolvere ogni cavillo burocratico. Ma niente: per il sistema informatico, padrone assoluto della situazione, sono diventato ricco da un giorno all’altro (anche se sono perfettamente in grado di dimostrare che non è così) e dunque devo pagare le tasse più alte (sarebbe giusto se lo fossi davvero). Quest’episodio rappresenta l’epilogo (ma anche l’emblema, perché casi del genere sono all’ordine del giorno) di un percorso tanto demotivante quanto disumano, anche se in tanti lo lodano, da chi vi ha trovato posto per campare (non tutti, ma tanti) agli studenti in giacca e cravatta, spesso rappresentanti di corso, che lodano il sistema (e attaccano chi lo critica) perché questo gli è stato insegnato. E’ questa l’Università 2.0, quella della digitalizzazione incontrollata, ma anche e soprattutto quella dei crediti, delle scadenze, delle ansie, dei sensi di colpa, dell’obbedienza, della sudditanza, dell’indifferenza, dell’apatia. Non è realmente un’università pubblica, con il dovere etico di considerare i suoi studenti come persone e non come numeri, ma un’azienda competitiva e poco umana, perfettamente in linea con il modello di società che hanno costruito per noi. Ma il ruolo del Pubblico da noi è stato accantonato e dimenticato da un po’. Gramsci la definiva “cimitero della cultura”, circa 90 anni fa. Oggi si strapperebbe i capelli. Comunque, come Gramsci e nonostante tutte le difficoltà del caso, continuo a ritenere gli studi universitari come uno strumento utile a me stesso, dunque continuerò avviando un nuovo percorso di studi. In questi anni l’università non è stata la mia priorità assoluta perché ne ho avute delle altre, a volte per esigenza altre per scelta, ma comunque questo episodio fa rabbia perché emblematica è la sua essenza e perché l’anno prossimo mi sarei potuto laureare. Mi laureerò un paio d’anni dopo senza per questo sentirmi perdente o ritardatario come vorrebbero farci credere. La mia vita è tanto altro. Vorrei comunque capire chi ha avuto un problema simile al mio (siamo in tanti/e) e organizzarci per dire assieme e ad alta voce quanto indecente sia questa situazione, anche se apparentemente “legale”, perché come ben vediamo anche all’interno della “legalità” c’è ingiustizia dappertutto, da sempre. Mai rimanere in silenzio di fronte all’ingiustizia“.

– Movimento Universitario Organizzato: “Ci opponiamo ai cavilli telematici!

Sulla vicenda interviene Lorenzo Mirabella, studente universitario in Scienze e Tecniche Psicologiche, militante del Mua (Movimento Universitario Autorganizzato): “Troppo spesso gli atenei sono enti che mostrano una chiusura nei confronti delle esigenze dei ragazzi . Non abbiamo intenzione di arrenderci di fronte alla prima spiegazione offerta dall’amministrazione. Crediamo che i cavilli telematici non possano rappresentare un problema reale di fronte a vicende che incidono così profondamente sulla vita delle persone. Ci organizzeremo e faremo tutto ciò che per noi è possibile per trovare una soluzione al problema“.

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1 Commento


  • ANTONIO MANUNTA

    E’ UNA VERA VERGOGNA, COSTRETTO A LASCIARE GLI STUDI PER UN ERRORE INFORMATICO, DI ALTRI. E COSA DIRE DELLE PENALI PER IL RITARDATO PAGAMENTO DI TASSE UNIVERSITARIE. UN BALZELLO IN PIU’ ALLE FAMIGLIE CHE TANTO FATICANO AD ARRIVARE A FINE MESE. MA NON SAREBBE PIU’ GIUSTO PAGARE SOLO GLI INTERESSI.??
    VERGOGNATI AMMINISTRAZIONE ITALIANA.

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