Giovedì 16 luglio 1992, dall’agenda grigia – quella rossa dov’è? – di Paolo Borsellino: ore 9:00 Roma, riunione presso la DIA; ore 13:30 incontro con di De Gennaro.
Intanto, a Milano, all’insaputa di Borsellino, un confidente dei carabinieri stava rivelavando che ci sarebbero stati due attentati dinamitardi: al PM di Milano Antonio Di Pietro e a Paolo Borsellino. La fonte era ritenuta tanto attendibile che i Carabinieri del raggruppamento ROS di Milano inviava un rapporto alla Procura di Milano ed a quella di Palermo.
Ma com’e’ stato possibile che questo rapporto sia stato inviato per posta ordinaria? Il rapporto dei ROS, infatti, è arrivato a Palermo dopo la strage di Via D’Amelio. In seguito a questa notizia veniva rafforzata la scorta a Di Pietro ed alla sua famiglia, il PM milanese non dormirà a casa sua.
Il maresciallo Cava del ROS di Milano, invece, aveva tentato di mettersi in contatto diretto con la Procura di Palermo. Tentativo rimasto invano.
Lo stesso 16 luglio, Borsellino interrogava il mafioso pentito Gaspare Mutolo. Il pentito accettava di verbalizzare le accuse su Contrada e Signorino. Ma, si era fatto tardi, e Paolo Borsellino non ha fatto in tempo a verbalizzare le dichiarazioni. Tutto rimandato a lunedì 20 luglio. Fuori tempo massimo.
Domenica 19 luglio a Palermo, in via D’Amelio, il secondo botto di luglio, dopo quello di Capaci. Tutto si era compiuto, esattamente come era stato annunciato giovedì 16 luglio. E se la missiva dei ROS di Milano non fosse stata inviata per posta? E se Cava fosse riuscito a contattare la Procura di Palermo?
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