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Catania ha  ricordato il giornalista Pippo Fava, fra certezze e polemiche

Catania ha ricordato il 5 gennaio, con tre iniziative, la morte per mano mafiosa del giornalista Pippo Fava avvenuta il 5 gennaio 1984 in Via dello Stadio, da anni Via Giuseppe Fava. Particolarmente attenzionato il corteo, che da piazza Roma ha raggiunto il luogo dell’uccisione di Pippo Fava. Quest’anno, l’organizzazione del corteo “silenzioso” ha suscitato non poche contraddizioni e polemiche, come emerge dall’articolo che segue, a firma di Mari Cortese, del giornale catanese FreePress Online.

“Terza manifestazione in memoria di Pippo Fava, organizzata da “I Siciliani giovani”, puntuale anche quest’anno ma con una sottrazione non di poco conto: l’assenza di Claudio Fava che ha deciso di disertare, dopo l’anno scorso, ulteriori commemorazioni perché, a suo dire «Questi eventi devono smettere di essere sfoghi emotivi. I vivi si devono staccare dai morti e lasciarli andare».

Non sappiamo, inoltre, se il Presidente regionale della Commissione antimafia abbia voluto sottolineare, attraverso il suo diniego a partecipare, le distanze da ogni forma di strumentalizzazione politica dell’incontro dedicato al giornalista baluardo dell’antimafia. E tuttavia, a dire di Matteo Iannitti, giornalista de “I Siciliani giovani” ai microfoni di Freepressonline, la stima e la vicinanza a Claudio Fava sarebbero immutati, nonostante le strade a volte si separino durante la campagna elettorale. Durante il silenzioso corteo, alcuni manifestanti hanno tentato di lanciare degli slogan contro la borghesia mafiosa, ma sono stati bloccati dagli organizzatori della manifestazione, che hanno affermato quanto importante fosse “il silenzio del corteo”. Niente slogan, né bandiere.

Un moto di malumore quindi si è diffuso fra i partecipanti alla manifestazione che ha raggiunto il culmine quando davanti alla lapide di Fava, è stato eseguito l’inno di Mameli, preceduto dal Silenzio,  ritenuti inopportuni.

Capo fila del corteo  Giovanni Caruso, giornalista de “I Siciliani.it”, che ai microfoni di Freepressonline ha detto: «La mafia negli anni non è cambiata, si è raffinata, trova altri sistemi ed è sempre quella borghese. Per cui non si spara più, come sappiamo tutti, e si sente moltissimo non nella città ma nei quartieri popolari, attraverso i pusher e il controllo del territorio. Lì si può toccare la mafia. Tanti ragazzi fanno o provano a fare giornalismo antimafia. Poi è vero che l’informazione oggi è piuttosto edulcorata. Per fare inchieste di antimafia ci vorrebbe un giornale che sostiene sia da un punto di vista legale che economico. Poi ci sono le minacce, che sono uguali a sempre. Queste sono anche più raffinate. Vi sono le querele ed altre cose che fanno paura ai ragazzi che poi difficilmente possono fare poi queste inchieste. Noi facciamo giornalismo antimafia. Lo rivendico con orgoglio. I nostri ragazzi lo fanno, anche in pezzi dove non si scrive mafia, ma raccontando come è difficile vivere a Catania, dove il lavoro non c’è o è arma di ricatto”.

Non sappiamo, comunque, quanto la manifestazione abbia di politico e quanto di lotta alla mafia, ma Matteo Iannitti, portavoce di Catania Bene Comune e giornalista de “I Siciliani giovani”, ha colpito dritto contro il sistema di potere che comandava a Catania 36 anni fa e che è ancora esecutivo, piu che mai. Secondo Iannitti, infatti, i cognomi di chi comanda a Catania e le linee di contatto con la criminalità organizzata sono sotto gli occhi di tutti, ufficiosamente ma anche palesati dalla magistratura.

Sempre secondo l’ex candidato sindaco e coordinatore de “Il Giardino di Scidà”, inoltre, la mafia sarebbe affatto slegata dalla criminalità organizzata che attacca i sistemi d’accoglienza virtuosi dei migranti, sia di natura statale che privata. Sarebbe questa, dunque, la connessione fra la commemorazione verso Pippo Fava e l’invito all’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, raggiunto da un nuovo avviso di garanzia lo scorso Dicembre ma, nonostante ciò, presente questa mattina al Teatro Machiavelli all’Assemblea dei Siciliani Giovani.

La responsabile della Federazione del Sociale USB Sicilia, Claudia Urzì, ha spiegato che il corteo è assolutamente politico anche se, per scelta degli organizzatori, senza striscioni e bandiere (VIDEO shttps //youtu.be/tobMZIepmKk ). La sindacalista dell’USB ha detto: «Per noi il modo migliore per ricordare Pippo Fava, a cui tutti noi dobbiamo tantissimo, è il nostro impegno nella lotta quotidiana alla mafia. Noi come Usb siamo impegnati in prima linea contro il caporalato mafioso, molto diffuso nell’agro industria».

Urzì ha ricordato, inoltre, il corso di formazione per docenti dal titolo “Interpretare le mafie”, organizzato da Usb Pubblico Impiego Scuola, che quest’anno si è tenuto a Milano, Palermo e Catania. «Il corso è stato molto seguito e ha avuto tantissimi interventi. Il protagonista è stato proprio Pippo Fava, il primo a denunciare la presenza della mafia a Catania». Laconicamente, Urzì ha affermato che nel capoluogo etneo “la mafia la troviamo dappertutto. È cambiata perché non ci sono più i morti ammazzati ma chi fa attività come quella sindacale, la mafia la incontra e ci si scontra. Devi avere il coraggio e il dovere di combattere con la mafia”.

Fra contraddizioni, polemiche , inni e silenzi una cosa è certa: Pippo Fava ha insegnato, che oltre le denunce, il potere mafioso (politico-affaristico) teme la mobilitazione popolare delle coscienze e delle piazze. E la coscienza popolare non è mai silenziosa. In modo particolare quella che scaturisce dalla lotta di classe.

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