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Grosseto e il revisionismo storico in Provincia

A Grosseto per il secondo anno consecutivo si è riprodotta l’ennesima kermesse di tutta la destra locale in occasione del “giorno del ricordo”. Quest’anno con il patrocinio del Comune stesso, si è tenuta Domenica 10 Febbraio una conferenza al termine della quale si è posta una targa commemorativa per tutte le vittime delle foibe e per gli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati “perseguitati dai sanguinari comunisti di Tito”.

Questa volta però qualcuno in città non è voluto rimanere con le mani in mano, mentre per l’ennesima volta si gettava fango sulla Resistenza e sul suo valore storico, culturale e politico. Per l’appunto infatti alla mattina di Domenica scorsa, tutta la destra cittadina si è trovata a fare i conti con un nostro striscione che citava “CHIUSO PER REVISIONISMO”. A seguito dell’azione di contestazione subita, il Sindaco ha direttamente e personalmente condotto una fortissima campagna di denigrazione del gesto andando a dare ai compagni di Maremma Antifa degli “Antidemocratici di una sinistra rancorosa”, ed esecutori di un gesto “vile e deplorevole”.

Dopo aver rivendicato l’azione nel nostro comunicato: https://www.facebook.com/maremmaantifa/posts/298574364189691, qui di seguito alleghiamo la risposta diretta al sindaco in persona.

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Lettera aperta al Sindaco di Grosseto

A seguito delle Sue dichiarazioni, Sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna, da cui risulta evidente l’intenzione di insegnare cosa è e cosa non è la democrazia, ci teniamo a darle una risposta, anzi tre.

Partiamo da un preambolo: per noi essere democratici significa essere antifascisti. Crediamo nel legame genetico tra antifascismo e democrazia. La democrazia (quella sana!) è il contrario del fascismo, in qualsiasi forma esso si presenti o ri-presenti.

Non siamo ‘devoti’ costituzionalisti. Non veneriamo la costituzione come un feticcio e non ci appigliamo ad essa per legittimare e dare senso alla nostra idea di democrazia. Sentiamo nostra la costituzione italiana in quanto nata storicamente dalla lotta antifascista di liberazione dal fascismo e quindi come atto di affermazione delle libertà politiche, civili, economiche e sociali sopra la barbarie autoritaria del ventennio. Crediamo nel diritto democratico, ma ancora di più crediamo nella lotta per la democrazia: siamo antifascisti! Essere antifascisti significa essere continuamente democratici, ribelli a ogni abuso di potere, impermeabili alla fascinazione dell’uomo leader, stare all’erta sulle violazioni e in difesa delle libertà individuali e collettive, essere continuamente impegnati a vigilare su una democrazia che sia veramente popolare e quindi partecipativa ed essere convinti che tra oppressi e oppressori si necessario stare sempre dalla parte degli oppressi senza nessuna distinzione di nazionalità, genere o credo religioso. Ma oggi I fascisti, caro Sindaco, hanno imparato ad usare la Democrazia o meglio, la sua retorica e il suo sistema giuridico e politico per la propria riabilitazione di fronte alla Storia e soprattutto (non ce lo dimentichiamo) per raccattare voti a destra e a sinistra e creare consenso. Consapevoli di questo, sappiamo che il nostro lavoro di antifascisti diventa ancora più difficile. Non basta dire che Lei è antidemocratico: come si fa? Del resto è la maggioranza che l’ha scelta.

Dobbiamo smascherare la Sua falsa retorica democratica e far emergere tutte I suoi tentativi di mistificare il limite morale e politico che esiste tra democrazia e fascismo.

1) In una democrazia sana tutti I partiti dell’arco costituzionale dovrebbero tenere a mente la storia. La storia è memoria e la memoria è la cultura di un popolo. La democrazia è una conquista storica delle rivoluzioni politiche e della lotta antifascista. Rompere o negare questo legame storico è la maniera più diretta per distruggere la democrazia e aprire la via per l’imbarbarimento culturale e antropologico del popolo.

Ora, caro Sindaco, non è un segreto che da quando è entrato in carica uno degli obiettivi che l’ha vista più impegnato sul nostro territorio è stato quello di portare avanti un pedissequo, ipocrita e subdolo tentativo di riabilitazione del Fascismo, dei suoi personaggi di spicco, dei suoi martiri e dei suoi metodi. La Sua retorica democratica nasconde in realtà un goffo tentativo giustificazionista e revisionista di un periodo storico aberrante per il popolo italiano e per il nostro territorio in primis. Se questo periodo merita di essere ricordato (e lo merita eccome!), dovrebbe esserlo per le atrocità commesse da quegli stessi criminali a cui lei vuole intitolare le strade della nostra città; dovrebbe esserlo per quegli innocenti che sono stati assassinati per mano dei fascisti dopo il bando della morte nel ’44 firmato dallo stesso boia a cui Lei pare essere tanto devoto. L

a consapevolezza storica dovrebbe essere il mezzo privilegiato di un’Istituzione come la sua per arginare movimenti e partitini neofascisti che si espandono come una piaga sul nostro territorio e con cui lei, invece, ha stretto alleanze (non ci scordiamo il Suo applauso in consiglio comunale mentre il suo ex-alleato di CPI strappava la mozione antifascista per l’utilizzo degli spazi pubblici); la Memoria dovrebbe essere tramandata per insegnare il valore della lotta contro i fascismi alle nuove generazioni, affinchè gli errori e le atrocità del nostro passato non si ripetano.

Ma è chiaro a tutti e tutte, caro Sindaco, che il valore da Lei attribuito alla Memoria vada invece in opposta direzione. Lei parla di una memoria condivisa e di pace sociale, peccato che dietro questa accomodante retorica l’unico ricordo che vuole difendere e riammettere come legittimo nel pubblico discorso è quello legato alla barbarie fascista e ai suoi simboli, mentre, dall’altra parte infanga e degrada la nostra democrazia e la nostra storia condivisa.

La cosa non ci sorprende. Sappiamo bene che il fascismo decostruisce e cambia la Memoria come strategia di auto-legittimazione. E sappiamo bene che mantenere viva la memoria del fascismo e saperla usare a tempo debito (tipo in clima di elezioni provinciali e amministrative) è un mezzo per riconoscere l’importanza di un leader e creare consenso. Se poi ci si aggiunge un pizzico di narcisismo mediatico con la pubblicazione di selfie in tutte le posizioni possibili, il ‘culto del leader’ è pronto!

2) Una democrazia autentica ha bisogno di eguaglianza e giustizia sociale. Democrazia significa libertà dalla emarginazione e dalla povertà, e solo quando si gode di queste libertà si è realmente sicuri. Democrazia significa quindi anche sicurezza, ma una sicurezza sociale ed economica e MAI esclusivamente di ordine pubblico.

Grosseto è scesa al posto 66 per qualità della vita, decine di attività chiuse, giovani disoccupati e precari, una partecipazione politica sempre minore: tante persone con le loro famiglie che continuano a essere sfrattate e c’è chi muore per strada dal freddo, qui a Grosseto. Abbiamo un tasso di occupazione giovanile (18-29 anni) al 42.4 %, un servizio di trasporto pubblico che diventa sempre più scarso e più costoso, un’ emergenza abitativa che aumenta(ultimi dati sulla casa del Ministero degli Interni danno un’aumento delle esecuzioni di sfratto del 34,2% nella nostra Provincia dal 2016 al 2017) ed un’ università sempre più privatizzata (vedi partecipazione della diocesi nella società del Polo Universitario) e con sempre meno mezzi per gli studenti.

Non neghiamo che questa situazione disastrosa sia stata in parte ereditata da chi prima di lei e della sua lista civica ha governato la nostra città e, in senso più ampio il nostro paese, ma è lampante l’assenza di una concreta ed efficace strategia di risollevamento sociale ed economico del nostro territorio nelle sue politiche.

La marginalità, la povertà, l’esclusione sociale e la criminalità sono questioni da affrontare con politiche di welfare e di riduzione delle disuguaglianze e MAI con politiche marginalizzanti, securitarie e criminalizzanti come quelle raccolte nei 2 regolamenti comunali (comune + polizia municipale in via d’approvazione) che la sua Giunta ha magistralmente istituito negli ultimi due anni. E’ chiaro come la Sua strategia (e del Suo Ministro dell’Interno) sia quella di evitare di affrontare le questioni importanti di questo Paese e di creare invece il fantomatico ‘nemico comune’ per acquisire consensi. E’ facile eh!

L’abbiamo già vista pure questa negli anni ‘30: più un popolo si sente vittima e sotto minaccia più si unirà per difendersi e cercherà un capo che lo guidi e lo protegga per uscire dal baratro. La semplificazione di qualsiasi problema è la chiave di tutto. Il nuovo nemico è lo straniero, il povero, il diverso, il gay, la donna e tutte quelle soggettività vittime di disuguaglianza sociale del nostro sistema. E’ vero a livello nazionale, come a livello locale: sotto la sua amministrazione Grosseto sta diventando la città della paura, del sospetto, del pericolo costante.

Il nemico? Il senzafissadimora che riposa su una panchina in via Ximenes, l’immigrato che vuole aprire un’attività commerciale in centro, la prostituta che ammicca, I giovani che bevono in centro, le donne che portano abiti ‘succinti’, le persone che mangiano ‘in maniera indecorosa’ per strada. Praticamente tutti coloro che non si conformano alla sua idea bianca, maschilista, borghese ed eteronormata di persona ‘socialmente accettabile’. Ed a questa visione si conforma anche la Sua idea di riqualificazione economica del centro: vetrina commerciale solo per chi ha soldi da spendere. Non luogo prediletto della polis, ma centro commerciale a cielo aperto.

3) Una democrazia che pretende di realizzarsi con metodo fascista è un fascismo perchè in politica la forma è sempre sostanza e il come determina anche il cosa.

Il fascismo utilizza metodi autoritari, demagogici e intimidatori per affermarsi e creare consenso. Il fascismo trae beneficio dalla paura dei cittadini. Per questo quello che fa è creare dei nemici e un leader-superuomo capace di proteggere il popolo da tali nemici. In sostanza, il fascismo criminalizza il ‘diverso’ per creare capri espiatori, decostruisce la memoria collettiva e costruisce nuovi nemici, fa del controllo e della sorveglianza un mezzo per il disciplinamento del popolo e in particolare delle ‘classi pericolose’, uniforma la pluralità attraverso la costruzione del mito della ‘comunità purificata’ dal degrado sociale ed elimina, di conseguenza, il ‘diverso’ utilizzando politiche di ‘contenimento repressivo’ contro tutti coloro che non si conformano politicamente, socialmente o economicamente con la classe che vuole rappresentare.

Il suo metodo, caro Sindaco, non è molto diverso da quello descritto sopra. Ci dica, secondo Lei, quali saranno le conseguenze sociali e politiche dei suoi già citati regolamenti, delle Sue ordinanze e politiche securitarie, incluso l’uso sfrenato delle telecamere, l’uso politico di concetti come quelli di ‘decoro urbano’ e ‘sicurezza’ e, non per ultimo, l’uso repressivo della polizia?

Il decoro, ad esempio, distingue tra ciò che è ‘perbene’ e ciò che è ‘permale’: mediante questa divisione, si giustificano politiche nazionali e locali volte a disciplinare quelli che sono i soggetti scomodi e ‘pericolosi’ per la tenuta e la legittimità del sistema, ovvero giovani, donne, e migranti, e a indirizzare paure e scontento. Ie politiche in nome del decoro criminalizzano le conseguenze della miseria e delle disuguaglianze per creare capri espiatori utili al governo per ottenere consenso. Questo consenso però ha dei costi, caro Sindaco, che una figura Istituzionale come la sua dovrebbe tenere bene di conto. Un consenso ottenuto promuovendo cattive ed inefficaci politiche urbane, invece di contrastare la marginalità sociale, la crea e la riproduce.

Riteniamo che le sue politiche securitarie fatte di zone rosse e militarizzazione degli spazi pubblici siano il primo modo per rendere asettici, vuoti e degradati i luoghi della nostra città. L’unico modo per rendere vivi gli spazi della nostra città è viverli in una logica che esuli dalla commercializzazione forzata o dalle feste comandate, creando situazioni aperte allo scambio e alla condivisione sociale. La democrazia, la libertà e la sicurezza, teniamo a ripeterglielo, non si costruiscono con la sorveglianza e con la repressione; bensì con la tutela e l’accesso a beni comuni come sono gli spazi della nostra città e con la creazione e l’incentivazione di una socialità basata sul mutualismo e la solidarietà di classe.

La sua democrazia è marcia, malata, autoritaria. Dietro la maschera da sindaco dei selfie, delle pose da orso-abbraccia-tutti e dei record da superuomo, si cela un padrone, un potente, un amico dei fascisti: la nostra Democrazia vuole ogni cittadino e cittadina sullo stesso piano, nella giustizia così come nelle possibilità di realizzazione.

Saremo sempre pronti a ricordarle che è questa la nostra concezione di democrazia, e non sarà certo una tigre di carta come Lei a farci cambiare idea.

 

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