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Firenze. Giù le mani dagli/dalle internazionalisti/e!

Giù le mani da chi lotta e combatte per la libertà!

In queste ora si sta svolgendo l’udienza di convalida della richiesta di misure restrittive della libertà personale a cinque internazionalisti di Torino, accusati di “pericolosità sociale” dai Pubblici Ministeri torinesi sotto indicazione di Digos e Questura locale.

Per questi compagni e stata richiesta la Sorveglianza speciale con obbligo di dimora, misura che, pur concepita nei vari decreti sicurezza degli ultimi anni, si inserisce nella tradizione di analoghe misure presenti nel codice penale fascista. Al sorvegliato speciale vengono ritirati il passaporto e la patente di guida, è revocata qualunque licenza o iscrizione ad albo professionale, e se ne colpisce lo stile di vita tramite una serie di obblighi (presentarsi alle autorità di sorveglianza nei giorni stabiliti) e divieti (incontrare più di tre persone alla volta di frequentare persone che abbiano subito condanne, restare fuori casa dopo una certa ora ecc) con l’obiettivo di isolare chi ne viene colpito.       

Il motivo di questa accusa ai compagni tornati dal Rojava (Kurdistan siriano) dove erano impegnati nelle file delle Unità Popolari della Difesa del Popolo e delle Donne (YPG-YPJ) o avevano lavorato nelle strutture popolari della società civile, facendo un prezioso lavoro di informazione su quanto stava accadendo nelle zone sotto attacco dell’esercito turco e delle milizie jiyadiste, sarebbe secondo i PM da individuare nel fatto che sono stati addestrati all’uso delle armi. 

La gravità della vicenda fa pari con l’ipocrisia di chi sostiene di combattere le guerre e Isis e poi sostiene accordi e affari con paesi come la Turchia e le petromonarchie del golfo, di chi “piange” e commemora da morto un volontario che muore in Siria, ma poi controlla, processa, reprima chi dal Rojava invece ritorna, di chi si appresta a depenalizzare ed incentivare l’uso delle armi con la legge su legittima difesa, e non tollera che ad imparare ad usarle siano militanti politici dei famigerati centri sociali o attivisti dei movimenti No Tav.

Socialmente pericolosa non è tanto la loro esperienza in Rojava, ma la ricaduta in termini di presa di coscienza, che è sempre più necessario lottare ed organizzarsi per mettere in pratica un sistema politico e di relazioni che metta fine a capitalismo e patriarcato.

Quello che fa paura a giudici, governo e polizie è l’aver toccato con mano che le idee e la forza dei valori di uguaglianza e solidarietà e giustizia sociale della rivoluzione portata avanti dal movimento curdo, che è oggi strumento di emancipazione per le donne, per i lavoratori e per i popoli di tutto il Medio Oriente, possono e devono essere messi in pratica anche da tutte e tutti noi! 

Vogliamo dunque ribadire la nostra solidarietà ai compagni torinesi, e con loro a tutti gli altri internazionalisti che in Italia ed in Europa sono colpiti dalla repressione al loro ritorno dal nord della Siria. Vogliamo ribadire che, a prescindere dal risultato delle udienze e vicende processuali, nessuno di loro deve essere lasciato solo perché la solidarietà è e resta la nostra arma più potente. E lo faremo con forza anche durante il corteo che domenica 31 marzo attraverserà le vie di Firenze per rendere omaggio al compagno Orso Tekoser e a tutti coloro che dedicano la propria vita alla lotta.

 

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