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I “Tomahawk” sulla Siria puntati verso Pyonyang

Mentre rimangono quantomeno enigmatici alcuni lati “tecnici” dell'attacco missilistico USA contro la base aerea siriana di Shayrat (un fallimento dal punto di vista strettamente militare, una dimostrazione di incompetenza o di deficit tecnologico USA? Una conferma della superiorità russa di disturbo elettronico?) e solo furfanti o impostori consapevoli (non c'è bisogno di infierire sui quotidiani italici, che si svergognano da soli) indugiano ancora sulla “versione” della responsabilità siriana nell'incidente chimico a Khan Sheikhun, il dato certo di oggi è che una squadra navale USA è in rotta per la penisola coreana.

Quello che pressoché tutti gli osservatori internazionali hanno detto, nemmeno troppo sottovoce, sin da venerdì scorso, cioè che i “Tomahawk” su Shayrat fossero in realtà puntati sul mar Cinese Orientale, sembra prender corpo molto prima di quanto ci si aspettasse. Dunque, il comando USA per l'Oceano Pacifico (USPACOM) ha confermato che una squadra navale con alla testa la portaerei atomica pesante “Carl Vinson”, dopo aver lasciato ieri Singapore, è in rotta verso la penisola coreana, invece della prevista destinazione australiana. Di scorta alla portaerei, apparecchi CVW-2 (Carrier Air Wing), i cacciatorpediniere lanciamissili “Michael Murphy” e “Wayne E. Meyer”, dotati di sistema plurifunzionale a guida automatizzata“Aegis” e l'incrociatore lanciamissili “Lake Champlain”. Si tratta della stessa squadra navale che appena una decina di giorni fa aveva condotto manovre congiunte americano-giapponesi nel mar Cinese Orientale.

Da tempo circolano indiscrezioni niente affatto velate, circa un memorandum preparato dal Consiglio di Sicurezza Nazionale per Donald Trump con le possibili varianti di contrasto alla minaccia nucleare, che, secondo Washington, proverrebbe dalla Corea del Nord. Tra queste, la dislocazione nella base sudcoreana di Osan (un'ottantina di km a sud di Seoul e meno del doppio dalla frontiera con la RDPC) di parte dell'arsenale nucleare USA e l'eliminazione fisica di Kim Jong Un e alti funzionari nordcoreani. Di facciata, la Casa Bianca proclama di contare su Pechino per convincere Pyongyang ad abbandonare l'ulteriore sviluppo del proprio programma nucleare. Un'ulteriore variante di intervento USA sarebbe quella di operazioni speciali terrestri coordinate tra Washington e Seoul contro le principali infrastrutture nordcoreane. D'altronde, Trump ha più volte ripetuto di voler “venire a capo della questione nordcoreana” con o senza l'appoggio cinese.

Trump starebbe inoltre coordinando col primo ministro giapponese Shinzō Abe una serie di azioni antiPyongyang: nello specifico, secondo quanto emerso dal colloquio telefonico di stamani tra i due leader, Tokiō, avendo “appoggiato pienamente l'azione USA in Siria”, si incaricherebbe di una più diretta verifica dei rapporti sino-nordcoreani.

Per tornare ai “Tomahawk” diretti sulla Siria e puntati verso la Corea del Nord, venerdì scorso Aleksej Maslov scriveva su Pravda.ru che se quell'attacco costituiva “un'allusione di Trump alla Cina e ai programmi nucleari della RDPC, ebbene, che solo ci provi…”. Era già stato detto che, a dispetto dell'opinione cinese, nonostante la posizione russa e fregandosene dei rischi per Corea del Sud e per il Giappone, gli USA non negano di esser pronti all'impiego di armi nucleari tattiche per colpire bunker strutture sotterranee per la produzione di armi in Corea del Nord, nel caso Pyongyang, “anche una sola volta”, ripeta i propri test missilistici. Ovviamente, come è stato nel caso siriano, Washington dichiara di “difendere il proprio paese e gli alleati”.

Nella sostanza, però, secondo la britannica Sky News, citata da Maslov, “Un attacco delimitato sulla base aerea siriana, con opportuno preavviso, è diverso da un'azione sulla Corea del Nord, con la minaccia di rappresaglie che, per quanto proporzionate possano essere, sarebbero comunque molto serie", in particolare per milioni di abitanti della Corea del Sud. D'altronde, nota Maslov, questa "allusione" americana sarà interpretata dai nordcoreani non come un "segnale", ma come una sfida. “Sono convinto” scrive Maslov, “che nei prossimi due o tre giorni i media della RDPC saranno pieni di slogan anti-americani e di dichiarazioni che se l'America continua a minacciare l'uso della forza militare, conseguentemente Pyongyang non potrà che sviluppare il proprio potenziale nucleare; così che, se quella era l'intenzione di Trump, gli USA otterranno piuttosto l'effetto opposto”. Credo che simili “allusioni” ad azioni future “lanciate ai nordcoreani o a qualunque paese asiatico significhino una mancanza di comprensione della logica di questi paesi”, conclude Maslov, mentre “la strada giusta sarebbe quella di pazienti e prolungate trattative, invece che promesse e minacce”.

Finora, la KCNA si è limitata a una risposta molto contenuta, associata alla condanna per l'attacco americano sulla Siria. L'agenzia nordcoreana scriveva ieri che il Ministero degli esteri della RDPC sottolinea come si sia trattato di un evidente atto di aggressione contro uno stato sovrano, assolutamente inammissibile, attraverso cui il mondo ha visto chiaramente chi sia il disgregatore e distruttore della pace.

Le “precedenti amministrazioni USA” è detto nella dichiarazione ministeriale, “avevano colpito solo paesi non dotati di armi nucleari. Anche l'amministrazione Trump non differisce da quelle. Si dice anche che l'attacco militare USA contro la Siria sia una sorta di “avvertimento" rivolto a noi, ma non ne abbiamo paura. Quanto accaduto in Siria, ci fornisce un ulteriore insegnamento del fatto che non si debba assolutamente nutrire illusione sugli imperialisti e ci si debba proteggere dalle loro aggressioni solo con le proprie forze. La nostra potente capacità difensiva basata sulle forze nucleari è una spada preziosa, che infrange il cinismo, il dispotismo e i tentativi aggressivi USA, mentre protegge la sovranità del paese e il suo diritto all'esistenza. La realtà dimostra che abbiamo cento e mille volte ragione nella scelta di resistere alla forza con la forza e di incrementare le nostre forze nucleari. Rafforzeremo in ogni modo il nostro potenziale di autodifesa” conclude la dichiarazione di Pyongyang, “in risposta alle minacce di guerra USA e continueremo a difenderci con le nostre forze”. Come dire, guardando a Washington ma ricordando Omero: “tutta la notte il saggio Zeus meditò mali per loro”.

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