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Livorno. Tre giorni di blocco al porto fermano nave Usa con armamenti

Tre giorni che valgono un anno. Dopo 56 anni Livorno ha fatto nuovamente la storia . Abbiamo fermato una nave americana carica di mezzi militari e caterpillar Israeliani.

Lo ha fatto una città intera, con i suoi lavoratori e con gli studenti. Con i bambini sulle spalle dei genitori e i cartelli in mano, con gli anziani in prima fila e famiglie intere che hanno portato da mangiare e bere. Con portuali che non avevo mai conosciuto che hanno guidato le navette per ore e ore. Con migliaia e migliaia di persone che si sono riversate dentro il porto. Operai che si sono “dimenticati” di andare a lavoro o che sono usciti, senza pensarci, dai piazzali. Con una marea di insegnanti che hanno portato tutte le classi su una banchina portuale.

Avremo tutto il tempo per mettere nero su bianco gli eventi che si sono susseguiti in questi giorni. Adesso c’è ancora bisogno di lottare.

Ma una cosa la possiamo dire subito. Dopo 56 anni da quando un gruppo di portuali “assaltò” un’altra nave americana in porto issando la bandiera Vietnamita sul pennone, abbiamo fatto nuovamente la storia.

Quando, prima dell’ultima manifestazione, abbiamo ascoltato le parole di un padre Palestinese appena arrivato da Gaza per curare suo figlio abbiamo pianto tutti insieme. Ma se fino a qualche giorno fa, quando vedevano le immagini di Gaza, la tristezza era accompagnata da una sensazione di impotenza e solitudine adesso abbiamo imparato che possiamo trasformarla in lotta. Che dobbiamo trasformarla in lotta.

Sia chiaro, è una goccia nell’oceano, un gesto potentissimo ma anche simbolico. Ma com’era quella storia che scioperare non serve a niente? Che a protestare non si ottiene nulla?

Sono ancora più orgoglioso di far parte di un’organizzazione sindacale che ha avuto il coraggio e la determinazione, con lo sciopero del 22 settembre, di rompere gli schemi. Di andare a bloccare tutto non a parole ma con i fatti.

Se il popolo è unito e c’è un’organizzazione sindacale degna di questo nome, non dobbiamo avere paura. Non ci ha spaventato l’esercito americano e la polizia figuriamoci qualche padrone o padroncino prepotente che vorrebbe comandare a “casa nostra”.

Adesso non è tempo di fermarci. Per Gaza e la Flottilla. Per il futuro di guerra e miseria che ci aspetta.

Potrà sembrare una sciocchezza ma tra le centinaia di messaggi che ho ricevuto in questi giorni ce n’è uno che mi ha colpito profondamente. Un lavoratore, padre di famiglia, con contratto precario in scadenza tra pochi mesi. Aveva recentemente perso il lavoro a tempo indeterminato. Parlandoci, prima dello sciopero, gli avevo dato un consiglio da sindacalista. L’ho fatto con tutta la buona fede possibile. Questa è stata la sua risposta:

“Giovanni, capisco i tuoi consigli e ringrazio. Io comunque domani mattina sarò al Valessini. Starei male con la mia coscienza ad andare a lavoro. La situazione è troppo grande per pensare solo alle possibili conseguenze….”

Ci vediamo al presidio permanente al Varco Zara. Non molliamo ora..

*USB

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