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Un antifascismo strumentale

Recentemente il PD di Renzi, per iniziativa di Emanuele Fiano, ha depositato alla Camera una proposta di legge che introduce il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista, incontrando la contrarietà e il disappunto del M5S, che, dal canto suo, ha tempestivamente denunciato il provvedimento come un atto fortemente liberticida[1]. Quale posizione assumere, di fronte a questo scontro?

La sensazione più immediata, che la parola antifascismo suscita nei nostri petti, spinge a schierarsi, istintivamente, con il decreto. L’istinto e la sensazione, tuttavia, sono guide fallaci: riflettendo ed entrando più a fondo nella quesione, invero, questo episodio si presenta sotto ben altra luce.

In primo luogo occorre sgombrare il campo dall’equivoco, che l’orizzonte culturale egemone alimenta, secondo cui democrazia e fascismo siano realtà antitetiche. Antonio Gramsci che ha vissuto la ferocia mussoliniana sulla propria pelle, non ha mai parlato di fascismo come di un fenomeno isolato ed autosufficiente, bensì di alternanza fascismo-democrazia. Il che significa, spiega l’intellettuale sardo, che tra fascismo e democrazia vi è stata in Italia…una perfetta divisione di lavoro…La democrazia consisteva solo in questo, per i contadini e per gli operai: che essi avevano, alla base, la possibilità di creare una rete di organizzazioni e di svilupparle…Anche in questo semplicissimo fatto era implicita, per il regime democratico, una sentenza di morte.

Non appena le masse popolari cominciarono ad aggregarsi e a scuotere le fondamenta del dominio capitalistico, sfruttando gli spazi, sia pur ridotti, di democrazia giuridico-politica, ovvero le possibilità legislative di organizzarsi e coordinarsi, ampi settori della borghesia supportarono «il fascismo», che operò «in modo sistematico, per distruggere queste possibilità». Il risultato fu che «dopo tre anni di un’azione di questo genere la classe operaia ha perduto ogni forma ed ogni organicità, è ridotta ad una massa slegata, polverizzata, dispersa». A questo punto, quindi, i gruppi borghesi sedicenti liberali possono…:

  1. separare la loro responsabilità da quella del fascismo che essi hanno armato, favorito e incitato alla lotta contro gli operai;
  2. restaurare “l’impero della legge”, cioè una condizione di cose in cui non sia negata la possibilità della esistenza di una organizzazione dei lavoratori.

In sostanza, «la libertà di organizzarsi è concessa dai borghesi ai lavoratori solo quando essi hanno la sicurezza che i lavoratori sono ridotti al punto da non potersene servire». Democrazia e fascismo non costituiscono pertanto galassie sociali contrapposte, ma forme relate e complementari del dominio capitalistico. Istanze di un unità che si alimentano a vicenda. Infatti «la “democrazia” ha organizzato il fascismo quando ha sentito di non poter resistere più oltre, in condizioni anche solo di libertà formale, alla pressione della classe lavoratrice» e «il fascismo, disgregando la classe operaia, ha ridato alla “democrazia” possibilità di esistenza»[2].

Come stanno le cose oggi? La classe lavoratrice attuale versa, quanto a coscienza e forza politica, in una condizione di disorganicità e frammentazione maggiore che ai tempi di Gramsci. Benché quindi sia stata interamente svuotata di contenuto e ridotta ad uno scheletro esanime, in quello scheletro la democrazia capitalistica può dormire, al momento, sonni tranquilli. Non vi sono masse di lavoratori organizzati e partiti comunisti imponenti che minacciano di sovvertirne i rapporti, né eserciti di fascisti disciplinati che si stanno avvicinando alla presa del potere. Nessun pericolo alle porte.

Perché allora quella proposta che va a sovrapporsi alle già esistenti norme contro la riorganizzazione del partito fascista e contro l’apologia di fascismo (legge Scelba e legge Mancino)? Avverte forse il PD, allo stato attuale, il terrore per l’ombra di Mussolini e intende respingerla con tutte le forze? Inverosimile. Piuttosto, sembra che l’antifascismo abbia conosciuto, con questa vicenda, un ennesimo episodio di strumentalizzazione. Non venne il decreto salva banche (Imu-Bankitalia), approvato a colpi di ghigliottina alla Camera con l’accompagnamento a gran voce del canto Bella ciao?

Già a loro tempo, è stato recentemente ricordato, sia Togliatti che Pasolini denunciarono il pericolo che un certo feticismo antifascista (che privasse cioè tale parola del suo reale contenuto storico) potesse diventare il mantra delle pratiche più feroci e antipopolari[3]. Invero, non esiste nessuna parola, del linguaggio umano, che non possa essere soggetta alle strumentalizzazioni e agli usi ideologici. È stato, d’altro canto, in nome della democrazia che Clinton, Bush jr, Obama, Trump hanno bombardato e destabilizzato paesi come la Serbia, l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria. Coloro ai quali stiano realmente a cuore i contenuti profondi e reali dei termini democrazia e antifascismo dovrebbero denunciarne e smascherarne tutti gli impieghi strumentali.

Quella del PD è stata una mossa meramente propagandistica, che aveva come bersaglio il M5S, una buona parte del cui corpo elettorale contiene al proprio interno individui (tra loro disgregati) che nutrono profonde simpatie verso il fascismo storico. Sicché, se il M5S avesse votato a favore avrebbe perso una parte del suo elettorato, se avesse (come ha) votato contro, il PD avrebbe potuto (come di consueto) accusarlo di fascismo e chiedere l’unità del fronte nazionale contro la minaccia alla democrazia. Avrebbe cioè, come sta accadendo, acquisito consensi di rigetto, vale a dire adesioni non sulla base della propria identità politica, ma sulla base del terrore (seminato ad arte) per quella dell’avversario.

D’altro canto, se il Partito Democratico nutrisse realmente e sinceramente una propensione politica  antifascista, avrebbe denunciato, nel 2014, il colpo di Stato di Maidan, in Ucraina, contro il governo Janukovyc, compiuto con il contributo decisivo di formazioni politiche e paramilitari neonaziste come Svoboda e Pravy Sektor, avrebbe quindi sostenuto la resistenza antifascista del Donbass anziché i militari di Poroshenko e i gruppi neonazisti alleati, avrebbe almeno, anziché taciuto, denunciato a gran voce la strage di Odessa. Così come avrebbe condannato i gruppi di estrema destra venezuelani impegnati con tutti i mezzi, compresi quelli della strategia della tensione, a rovesciare il governo Maduro. Si sarebbe espresso in modo favorevole, invece di astenersi, sulla mozione presentata dalla Russia all’assemblea dell’Onu, nel 2014, che condannava i tentativi di glorificazione dell’ideologia nazista (nonché la negazione dei crimini di guerra da essa incoraggiati – tra cui l’Olocausto)[4], e i suoi sindaci, nelle varie città d’Italia, si sarebbero mostrati meno transigenti sia verso gli spazi concessi alle non poche manifestazioni di esplicito richiamo al fascismo, che verso la costituzione di bande o gruppi sulla falsariga di CasaPound. Ma non essendo mai giunto dal PD nulla di tutto ciò, il suo si rivela, ad ogni piè sospinto, un antifascismo di facciata.

La facciata, tuttavia, viene spesso rivestita da decorazioni per occultare gli scempi dell’interno: la parola antifascismo, invero, appare il più delle volte pronunciata, oggi, con lo scopo di giustificare i più feroci processi di privatizzazione (su scala nazionale) e colonizzazione (su scala geopolitica).

Chi volesse riconferire un contenuto profondo ai termini democrazia e antifascismo, oltre a denunciare la presenza consistente di simpatizzanti mussoliniani fra i militanti e gli elettori del M5S, dovrebbe altresì denunciare tutti gli usi strumentali che di questi termini vengono compiuti dalle nostre forze politiche, sedicenti, non certo a caso, boriosamente democratiche.

[1]Ddl antifascismo, scontro Renzi-M5S, La Stampa 10-07-2017.

[2]Antonio Gramsci, Democrazia e fascismo, in Id., Per la verità, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 292-298.

[3]Cfr. Fabio Martini, Quando il comunista Togliatti convinse i Costituenti a non esagerare sui reati di opinione fascista, La Stampa, 11-07-2017; Diego Fusaro, Il fascismo dell’odierno antifascismo. Lettera a Fiano, Il Fatto Quotidiano, 12-07-2017.

[4]Cfr. Maria Grazia Bruzzone, I neo-Nazi imperversano in Ucraina, ma il Nazismo non è più il “male assoluto”(per l’Occidente), La Stampa 30-11-2014.

  • Università di Urbino

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1 Commento


  • Manlio Padovan

    Grazie. Un ottimo intervento chiarificatore…ci vogliono queste sintesi chiare, esplicite, perché non si può seguire e sapere tutto.
    Grazie di cuore.

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