Come si sa, i primi a scappare dalle navi che affondano sono i maestri dell'opportunismo. E all'interno del PD inizia una gara per smarcarsi da un risultato devastante che mette in crisi non solo l'attuale leadership, ma la tenuta stessa dell'organizzazione.
Certo, c'erano state delle avvisaglie già nell'ultimo periodo di campagna elettorale, quando vari rappresentanti locali cominciavano a dimostrare una certa dose di indifferenza, pur manifestando una fedeltà totale alle ragioni del SI alla riforma, ma erano in parte rientrate con la mossa a (non) sorpresa dell'ineffabile Cuperlo, che novello Caronte cercava di traghettare una parte dei democratici insoddisfatti di nuovo in seno alla linea renziana (senza riuscirci, evidentemente); ma anche con il ringalluzzimento degli ultimi tre giorni dati dall'endorsement di Prodi, il vigliacco accordo dei sindacati confederali sulle spalle degli operai metalmeccanici, fino anche a segnali di benevola distensione a parte della Commissione Europea.
Ma i sogni a occhi aperti si sono infranti contro la materialità di un 60% di dissenso – evidentemente non solo alla riforma costituzionale e al governo Renzi – ma al partito stesso; che non solo non è riuscito ad allargare le proprie fila agli elettori più prossimi, moderati sia un po' più a destra che più a sinistra, ma non è nemmeno riuscito a tenere compatto il proprio elettorato di base.
Se Renzi si è dimesso (anzi, si sta dimettendo) da presidente del consiglio, unico gesto di coerenza in tutto il suo percorso politico (dal “non lascerò Firenze per andare a Roma”, “non accetterò mai un incarico senza essere eletto”, fino all'elegantissimo “Enrico stai sereno”), ancora nessuna dichiarazione è stata fatta in questo senso riguardo alla segreteria del partito, nonostante ovviamente qualcuno stia già chiedendone la testa (per non essere volgari).
Un primo round della guerra fra bande che certamente sta per iniziare dentro il PD lo vedremo a brevissimo, il 19 dicembre a Bologna, in una delle città in cui l'apparato del partito ha retto di più, pur senza sfondare: una convention convocata (a onor di verità prima dell'esito referendario) da quella che vorrebbe mostrarsi come la “sinistra” del PD senza mai essere stata dissidente, e che riunirà insieme al sopracitato Cuperlo, anche il sindaco Merola e l'ex Pisapia. Di un'eleganza di stampo renziano sono le parole del sindaco bolognese, che cerca di sbolognare (appunto) tutta la responsabilità solo sulle spalle di Renzi: “il voto democratico che dimostra che c'è una profonda e radicata protesta rivolta soprattutto contro l'iniziativa del premier”, cita la Repubblica.
Riusciranno i nostri eroi a riciclarsi senza farsi rottamare?
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Daniele
Fanno schifo dopo la sconfitta come facevano schifo prima