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Libia. Tra i ribelli c’è anche Al Qaeda. Brividi per l’amministrazione Usa.

Sono piovute come pietre le dichiarazioni dell’ammiraglio James Stavridis in un audizione ieri al Congresso Usa, le quali segnalano le “possibili complicazioni per l’amministrazione Obama e per altri governi occidentali che vorrebbero fornire più supporto, anche armato, agli insorti in Libia”.

E’ quanto scrive oggi il Washington Post a commento delle parole del comandante in capo della Nato, secondo cui, fra l’opposizione libica “non mancano infiltrazioni di al-Qaeda e di Hezbollah”. Gli infiltrati sarebbero in numero “irrilevante” ha aggiunto l’ammiraglio a quattro stelle. La circostanza, rileva il quotidiano, era nota agli esperti secondo cui fra i ribelli e al-Qaeda “esistono legami di lunga durata”

Ma a visualizzare gli incubi dell’amministrazione è arrivato oggi anche il predicatore di al Qaeda Anwar Al Awlaki, il quale in un articolo in lingua inglese pubblicato ieri online, dice che “la rimozione degli autocrati anti-islamici comporta che ora combattenti e studenti islamici sono più liberi di discutere e organizzarsi” riferisce la Reuters. Al Awlaki, è un americano di origine yemenita che si ritiene sia nascosto nel sud dello Yemen. Il predicatore dice che non importa che tipo di governo subentrerà agli autocrati e che “le rivolte che infiammano il mondo arabo aiuteranno la causa anziché danneggiarla, dando agli islamici liberati dalla tirannia maggiori opportunità di esprimersi”. Immaginare che solo un regime come quello talebano possa portare benefici ad al Qaeda è “un modo con un orizzonte troppo ristretto” di guardare agli eventi. “Noi non sappiamo ancora quale sarà il risultato… Il risultato non dev’essere un governo islamico per poter considerare ciò che sta succedendo un passo nella giusta direzione” ha aggiunto Al Awlaki.

E’ evidente come l’orientamento dell’amministrazione USA di cominciare ad armare i ribelli libici, cominci a visualizzare qualche serissimo problema sul campo. Come è noto,è già accaduto nel recente passato che le armi fornite ai ribelli sulla base di un ragionamento “congiunturale” si sia poi trasformata in un micidiale boomerang per gli interessi statunitensi.

Il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov si è detto contrario, chiarendo che «il segretario generale della Nato Rasmussen ha dichiarato che l’operazione in Libia si svolge per proteggere la popolazione e non per armarla e noi su questo siamo pienamente d’accordo con il segretario della Nato».

La Norvegia, membro della coalizione internazionale attaccante, non intende armare i ribelli: «per quanto riguarda la Norvegia – ha detto il ministro della difesa di Oslo, signora Grete Faremo – dare armi ai ribelli libici non è di attualità».

Ma è soprattutto la Cina che fa capire molto chiaramente che la misura ormai è colma. il presidente cinese Hu Jintao, che oggi ha ricevuto quello francese Nicolas Sarkozy, ha spiegato che «gli attacchi aerei della coalizione in Libia potrebbero violare il mandato dell’Onu». «Se le azioni militari colpiscono popolazioni innocenti e provocano gravi crisi umanitarie, allora violano il mandato originale del Consiglio di sicurezza dell’ Onu». La storia ha dimostrato che «l’uso della forza non risolve i problemi, ma che anzi non fa che complicarli», ha aggiunto Hu.

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