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La Francia manda altri militari in Africa

Rimasta scottata dallo stop dell’intervento militare diretto contro la Siria, Parigi continua a perseguire l’aumento della sua influenza nell’area che storicamente ha visto l’espansione coloniale e neocoloniale della Francia, l’Africa.

Il governo di Hollande ha annunciato ieri un rafforzamento della presenza militare francese in Centro Africa entro la fine dell’anno nell’ambito di una risoluzione che verrà approvata nelle prossime settimane dal Consiglio di sicurezza dell’Onu: è la proposta del capo della diplomazia francese Laurent Fabius resa nota al termine di una breve visita a Bangui insieme al commissario dell’Unione Europea (UE) per gli Aiuti umanitari, Kristalina Georgieva. D dimostrazione che le politiche di ‘assistenza’ e ‘aiuto’ alle popolazioni africane sono legate sempre più strettamente con le strategie di controllo militare della potenza francese. Ad oggi Parigi ha 410 soldati dispiegati nell’ex colonia incaricati di garantire la sicurezza dell’aeroporto di Bangui e di tutelare i cittadini e gli interessi della Francia nel paese africano.

Secondo fonti diplomatiche occidentali, dopo la risoluzione approvata la scorsa settimana dal Consiglio di sicurezza a sostegno della forza panafricana Misca dispiegata in Centrafrica, potrebbe arrivare il via libera dell’Onu a una missione internazionale. In quel contesto Parigi potrebbe inviare fino a 1200 uomini per appoggiare la Misca, come già avvenuto in Mali nei mesi scorsi nell’ambito della cosiddetta missione Serval. Paese in cui tra l’altro continuano i combattimenti con le milizie fondamentaliste del Nord e dove varie fonti hanno denunciato violazioni dei diritti umani, arresti ed esecuzioni sommarie.

Al termine di un colloquio col presidente ex-capo ribelle Michel Djotodia, il ministro degli Esteri francese Fabius ha ribadito la necessità di “organizzare elezioni libere all’inizio del 2015 e alle quali non si candiderà alcun rappresentante della transizione” in corso a Bangui dallo scorso 24 marzo, giorno del colpo di stato della coalizione ribelle Seleka ai danni dell’ex presidente François Bozizé. Fabius ha riferito di una situazione “spaventosa” sul piano della sicurezza, chiedendo alle autorità di “fare cessare le esazioni dei signori della guerra e delle bande armate”, ma anche lo scioglimento “effettivo” della Seleka. Dal mese di settembre almeno 150 persone sono rimaste uccise nel nord-ovest del Centrafrica, in particolare nella zona di Bossangoa, in scontri tra ex-ribelli e milizie di autodifesa. Dal canto sua la Georgieva ha lanciato un appello per un aiuto umanitario urgente da destinare ai 400.000 sfollati interni e ha auspicato la “ricostruzione dello Stato”. Finora l’UE ha sbloccato 123 milioni di dollari destinati alla crisi centrafricana.

“Se il Centrafrica potesse ricevere i soldi utilizzati per cacciare gli islamisti dal Mali, il nostro paese sarebbe tranquillo per i prossimi 30-40 anni” ha dichiarato il portavoce del governo di Bangui, Guy Simplice Kodegue, sottolineando che “oggi le casse dello Stato sono vuote”. Ma la crisi sta avendo ripercussioni anche nei paesi confinanti: dopo il Camerun anche la Repubblica democratica del Congo viene destabilizzata dal conflitto centrafricano. “Combattenti della Seleka e dell’Esercito di Resistenza del Signore (i fondamentalisti cristiani della Lra ugandese, ndr) varcano il confine e saccheggiano, stuprano e uccidono in tutta impunità” ha denunciato dalla provincia Orientale Suor Angélique Namaika.

Per aumentare il suo ruolo in Africa Parigi non può fare a meno di tener conto dell’egemonia sudafricana e quindi la diplomazia francese sta tentando di raggiungere un accordo con Pretoria. “E’ chiaro che in queste circostanze non si può procedere con l’organizzazione delle elezioni, pertanto un intervento urgente è necessario” ha detto il presidente sudafricano Jacob Zuma in merito alla crisi in Centrafrica dopo un colloquio col suo omologo francese François Hollande, in visita ufficiale per due giorni a Pretoria. “Noi sudafricani siamo d’accordo sul fatto che dobbiamo fare qualcosa e fare presto perché la situazione si sta deteriorando di giorno in giorno. Siamo pronti a far parte di una soluzione per aiutare il Centrafrica a tornare alla normalità” ha aggiunto Zuma, precisando che ogni intervento deve comunque realizzarsi nell’ambito dell’Unione Africana (UA) e delle Nazioni Unite (Onu).

Lo scorso 24 marzo durante l’offensiva della coalizione ribelle Seleka diretta verso Bangui 15 soldati sudafricani che erano dispiegati in Centrafrica sono rimasti uccisi; Pretoria ha poi ritirato le sue truppe da Bangui. I due presidenti si sono anche confrontati sulla situazione nell’est della Repubblica democratica del Congo, dove i militari sudafricani partecipano alla brigata di intervento della locale missione Onu (Monusco) per arginare i gruppi ribelli attivi in Nord Kivu.

Nell’ultimo incontro Zuma e Hollande si sono detti favorevoli a un “partenariato equilibrato” tra Pretoria e Parigi. Sono stati firmati due importanti accordi commerciali: Gas de France costruirà una centrale termica, con un contratto di 1,5 miliardi di euro, e una centrale solare mentre Alstom fornirà 3600 vagoni alla Passenger Rail Agency of Sudafrica (Prasa). Inoltre la Francia spera di poter partecipare alla costruzione di sei nuovi reattori nucleari di cui la potenza emergente ha bisogno per far fronte al suo crescente fabbisogno energetico.

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