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Congo. Assaltata la radiotelevisione di stato. Settanta morti. Italiani bloccati

Sono ancora molto confuse le notizie che continuano ad arrivare dalla capitale della Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa dove, stando a fonti di agenzie internazionali, le compagnie aeree operative all’aeroporto di Ndjili avevanosospeso i voli nazionali e internazionali dopo lo scontro a fuoco avvenuto ieri che avrebbe provocato almeno una settantina di morti. Secondo la tv pubblica (ieri al centro di una occupazione e di una violenta sparatoria), le attività presso presso l’aereoporto sarebbero invece riprese. Sulla dinamica degli eventi resta profonda incertezza, dopo che ieri ben tre attacchi simultanei hanno visto per protagonisti una settantina di uomini armati hanno interessato altrettanti luoghi strategici: l’aeroporto, la Radio televisione nazionale congolese (Rtnc), dove per alcune ore sono stati trattenuti in ostaggio i giornalisti, e lo Stato Maggiore delle Forze armate congolesi (Fardc) e del ministero della Difesa.

“Le armi si sono fatte sentire per alcune ore, a partire dalle 9, e attorno a noi ci sono stati ingenti movimenti di militari in uscita dalla base della guardia repubblicana. Così siamo rimasti bloccati alla sede dell’organizzazione. Da poco siamo usciti e ora la situazione sembra più calma anche se ancora confusa”: avevano raccontato ieri alla MISNA fonti della locale organizzazione di difesa dei diritti umani ‘Voix des sans voix’ (Vsv), contattate a Kinshasa, precisamente nel quartiere di Kintambo (nord-ovest). In base alla ricostruzione dei fatti riferita da fonti di stampa congolese, tra cui l’emittente locale dell’Onu ‘Radio Okapi’, individui “non meglio identificati in abiti civili” hanno fatto irruzione nella sede della Radiotelevisione nazionale congolese (Rtnc), causando una breve interruzione delle trasmissioni  e prendendo in ostaggio alcuni dipendenti. Sotto attacco è stato anche l’aeroporto di N’Djili (nord-est) da parte di una ventina di assalitori mentre un terzo gruppo sarebbe entrato in azione al campo Tshatshi, sede dello stato-maggiore generale delle Forze armati regolari congolesi (Fardc) e del ministero della Difesa, nel comune di Ngaliema, a una decina di chilometri dalla Rtnc.

Il portavoce del governo, Lambert Mende, ha assicurato che la “situazione è sotto controllo” dopo gli attacchi di “terroristi” contro tre sedi distinte del potere a Kinshasa. Invitando la popolazione a “tornare alle normali attività quotidiane”, il portavoce dell’esecutivo ha annunciato che nell’intervento dei militari almeno 40 assalitori sono rimasti uccisi e tre sono stati arrestati. Secondo lo stesso bilancio non ci sarebbe alcuna vittima civile né tra guardie repubblicane, soldati, poliziotti dispiegati nella capitale, dove il dispositivo di sicurezza è stato rafforzato. “I responsabili degli attacchi, poco e mal armati, non sono stati ancora identificati. Abbiamo l’impressione che l’unico obiettivo sia stato quello di seminare paura tra la gente alla vigilia delle festività di capodanno” ha concluso Mende.

Gli assalitori della televisione pubblica – che il governo ha affermato di aver respinto con un bilancio complessivo di 70 morti – si sono dichiarati seguaci del pastore evengelico Joseph Mukungubila Mutombo, candidato alle presidenziali del 2006, vinte dall’attuale capo dello Stato Joseph Kabila.

Entrambi sono originari di Lubumbashi, capoluogo della regione mineraria sud-orientale del Katanga, dove Kabila soggiorna attualmente. Nella seconda città del Congo, sempre ieri, alcune ore dopo gli attacchi di Kinshasa, si sono dapprima uditi colpi di arma da fuoco, secondo alcuni testimoni proprio nei pressi della residenza di Mukungubila Mutombo, e poi sono stati segnalati scontri fra militari e seguaci del pastore.

Sullo sfondo degli scontri nella capitale congolese, si innesta la vicenda di un gruppo di genitori adottivi italiani presenti sul posto e che sono rimasti bloccati. L’Ansa riferisce di una telefonata che Michela Gentili e Andrea Minocchi, in attesa di adottare un bimbo di 2 anni, hanno fatto ieri da Kinshasa ai loro parenti a Macerata. ”Mia sorella – racconta Francesca Gentili – ha parlato con mia madre brevemente. Lei e il marito sono bloccati in una struttura religiosa, le altre 23 coppie in attesa di adozione ciascuna in un posto diverso fra alberghi e residence, tutti con i visti ormai scaduti. Ieri notte e stamani hanno sentito gli spari del conflitto fra ribelli e forze governative, l’Unità di crisi della Farnesina ha consigliato di non uscire di casa, ma noi siamo molto, molto preoccupati. Sono ore che provo a rimettermi in contatto con Michela via cellulare, ma non ci riesco”. La coppia maceratese, che non ha figli, è in Africa da due mesi. I due coniugi avevano avviato le pratiche per un’adozione in Camerun ma quella possibilità ”era sfumata, e avevano ricominciato tutto da capo in Congo”. Alla vigilia di Natale c’è stata una conversazione telefonica tra il premier Letta e il primo ministro della Repubblica Democratica del Congo, Matata, che due giorni dopo a Kinshasa, ha incontrato una delegazione di funzionari del ministero degli Esteri e dell’ufficio del ministro per l’Integrazione. Il primo ministro Matata ha confermato la situazione complessiva di temporanea sospensione delle adozioni internazionali, che riguarda vari Paesi oltre l’Italia, e la necessità di effettuare verifiche a fronte di irregolarità riscontrate nelle procedure. Il primo ministro congolese ha confermato l’impegno a velocizzare il riesame delle adozioni, disponendo che i casi italiani siano verificati per primi. A tal fine, una missione di funzionari della Repubblica Democratica del Congo è attesa a Roma, a breve, per avviare le verifiche, che richiederanno inevitabilmente qualche tempo. Le autorità congolesi si sono inoltre impegnate a consentire alle famiglie che, nell’attesa, decideranno di rientrare in Italia, di stabilire presso quale struttura in Congo potranno essere ospitati i propri figli. 

(fonti: Misna, Ansa, Afp)

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