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Kiev può “ristrutturare” il debito, Atene no

Adesso non dite che siamo prevenuti… L’Unione Europea e gli altri componenti della Troika hanno deciso oggi che per l’Ucraina nazionalista si può fare quello che per la Grecia syrizista è assolutamente vietato: ristrutturare il debito.

Il negoziato è partito proprio oggi, nelle stesse ore in cui Wolfgang Schaeuble ribadiva che Atene potrebbe anche uscire dall’eurozona, se non farà quel che le viene ordinato. Il fortunato ministro delle finanze di Kiev, Natalie Jaresko, ha quantificato il guadagno per la sua parte di paese: «la combinazione di un taglio del capitale, una estensione delle scadenze e una riduzione delle cedole» consentirebbe di risparmiare 15 miliardi di dollari in 4 anni, più o meno il 10% del Pil. I creditori, in questo caso, sarebbero disposti a perdere il 50% di quanto avevano prestato a Kiev. Se non è amore questo…

Anche il debito delle banche di stato – come Ukreximbank e Oshadbank, così come il debito del comune di Kiev – entreranno nel calderone della ristrutturazione. Anche qui con modalità vietate per l’attuale governo di Atene.

C’è un però. I creditori privati occidentali, come Pimco, Blackrock (il fondo gestito da Warren Buffett) e Franklyn Templeton sono ampiamente disposti a rinunciare alla metà dei soldi prestati pur di mantenere Kiev nell’alleanza antirussa (tanto rientreranno tramite altri meccanismi, gestiti direttamente dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea). Il problema è costituito dai 3 miliardi di dollari che nel corso del 2015 Kiev dovrebbe restituire… a Mosca, in virtù di vecchi accordi firmati al tempo del governo Yanukovich. In teoria, se i rapporti internazionali fossero improntati alla logica del “diritto commerciale” normale, l’eventuale – probabilissima – opposizione russa alla ristrutturazione del debito sarebbe motivo sufficiente per bloccarlo. Ma naturalmente…

Farà la sua parte anche il Fondo Monetario Internazionale, che ha già versato in queste ore i primi 5 miliardi di un prestito complessivo di 17,5, appena stanziato (sia mai detto che a Kiev venga a mancare l’ossigeno proprio mentre è in guerra con i ‘separatisti’…). Naturalmente senza alcuna garanzia di poter rientrare di questa cifra, visto che il Pil ucraino l’anno scorso è precipitato del 7,5% (e già veniva da un paio d’anni negativi) e la moneta nazionale non vale più nulla.

Naturalmente un prezzo non finanziario per questi prestiti c’è: il governo Poroshenko si impegna a realizzare una serie di “riforme strutturali” che a noi suonano molto familiari: Naftogaz, la compagnia statale del gas, che rappresenta da sola il 6% del Pil, sarà privatizzata. Il prezzo del gas venduto ai cittadini ucraini sarà triplicato. Varie ed eventuali saranno discusse nei prossimi giorni.

Anche qui la differenza è chiara: si tratta delle “riforme” che il governo di Atene, a costo di ballare sui carboni ardenti, ha fin qui dichiarato di non voler accettare.

Due pesi, due misure, l’imperialismo eruopeo funziona come tutti gli altri, anche se è più “ggiòvane”.

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