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Israele punta a ridisegnare i confini libanesi

Un nuovo progetto sionista è riemerso in questi giorni contro il Libano e la sua integrità territoriale. Come riportato da alcuni politici libanesi e pubblicato in questi giorni dal quotidiano di Beirut Assafir, Israele sta cercando di convincere la comunità internazionale della mancanza di una documentazione “certa” relativa al confine meridionale del Libano.

Durante un’interpellanza in sede ONU un diplomatico israeliano ha dichiarato che “non esistono dei confini terresti riconosciuti tra Israele ed il Libano, visto che lo stato libanese non ha mai fornito una documentazione relativa alla sua linea di confine meridionale mai veramente marcata”.  La questione del confine meridionale è comunque una delle cause di maggiore frizione tra i due paesi. Dal suo ritiro nel maggio del 2000, Israele ha occupato illegalmente una porzione di terra contesa tra il Libano e la Siria (le Fattorie di Shebaa, ndr). In seguito alla successiva invasione del Libano da parte dell’esercito israeliano nel 2006 quell’area, denominata “Blue line”, è presieduta dalle forze dell’UNIFIL. In questi anni sono state continue le violazioni sia da parte israeliana, soprattutto con l’invio di droni-spia, sia da parte della resistenza libanese, rappresentata dalle milizie di Hezbollah, con lancio di missili nell’Alta Galilea.

Il tentativo dello stato sionista ha principalmente due obiettivi. Il primo riguarda l’annessione di una parte di territorio libanese considerata strategica da un punto di vista militare con alcune alture che dominano tutta l’area circostante e che pongono in una posizione strategica di forza le truppe israeliane. Il secondo riguarda, invece, il controllo delle risorse di quel territorio. “Guadagnando” tutta la zona della regione di Naqoura, Israele controllerebbe sia le risorse idriche, abbondanti e cruciali in quella zona, ma soprattutto si accaparrerebbe i diritti ed il controllo dei giacimenti di petrolio e gas a largo del Mediterraneo riconosciuti come prolungamento dei confini terrestri che si vorrebbe annettere.

Le autorità libanesi hanno immediatamente ribadito la loro contrarietà a queste rivendicazioni da parte israeliana dichiarando che “il Libano è uno dei pochi paesi del Medio Oriente ad avere depositato tutta la documentazione legata al tracciato della propria linea di confine riconosciuta internazionalmente dagli anni ‘30” mentre, al contrario, la “Blue Line” è stata creata dall’allora segretario Kofi Annan, dopo il 2000, senza nessun documento presentato dallo stato sionista, ma solamente a causa delle pressioni israelo-statunitensi in sede ONU.

I confini del Libano furono definiti con 78 punti di demarcazione nel 1923 (i purtroppo celebri accordi di Sikes-Picot che ridisegnarono i confini di tutta l’area del Vicino Oriente) e furono riconosciuti a livello internazionale dalle Nazioni Unite nel 1934. Anche  dopo l’armistizio tra Israele e Libano nel ’49, la comunità internazionale controllò i confini, garantiti e riconosciuti internazionalmente, per evitare sconfinamenti, ovviamente, da parte israeliana. Infine tutte le risoluzioni Onu, 425,509 e 520, hanno sempre confermato che lo stato libanese ha un suo confine definito e riconosciuto da tutta la comunità internazionale. Solo dopo la creazione della “Blue line”, con la violazione e lo sconfinamento di circa 20 punti di demarcazione, Israele ha occupato una parte di territorio che il Libano da allora, come legittimo, continua a rivendicare.

Il tentativo israeliano di forzare la comunità internazionale sulla questione del confine con il Libano è legato anche alle  ripercussioni politiche interne allo stato sionista in seguito allo scontro per ora verbale con Hezbollah. Dopo le dichiarazioni e le minacce del segretario generale dell’organizzazione, Hassan Nasrallah, come risposta ad una possibile ed ipotetica aggressione al territorio libanese da parte delle truppe israeliane, le contromisure prese sono state immediate. Lo stato sionista ha, infatti, previsto la costruzione, proprio nei territori ancora contesi, di barriere e muri al fine di evitare incursioni da parte delle milizie sciite, che sono considerate pericolose e in grado non solo di difendersi ma anche di contrattaccare in territorio israeliano.

 

Stefano Mauro

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