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La militarizzazione del mar Cinese Meridionale

Che gli attacchi di Washington alla Corea del Nord mascherino il crescente impegno USA per il “contenimento all’espansionismo cinese”, speculare a quello che in Europa è “il contenimento dell’aggressività russa”, pare ormai un dato di fatto. Tanto che, a parte le risoluzioni ONU, dettate direttamente dalla Casa Bianca, contro gli esperimenti nucleari di Pyongyang, la gestione della faccenda viene sostanzialmente lasciata a Seoul. E la Corea del Sud, in risposta alle varie proposte nordcoreane di colloqui sui problemi militari, esclude qualsiasi dialogo con il vicino settentrionale, finché non ci sarà “la decisione strategica della Corea del Nord di rinunciare all’arsenale atomico e alle proprie ambizioni nucleari”. Lo ha ribadito ieri il Ministro della difesa sudcoreano Han Min-koo, al Asia Security Summit a Singapore, dove è in corso il 15° summit dei Ministri della difesa della regione, conosciuto anche come “Shangri-La Dialogue” che, apertosi venerdì, si conclude oggi.

Ma la questione centrale al vertice, come ribadito anche nei colloqui trilaterali di ieri tra i Ministri della difesa di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, è quella delle “reiterate rivendicazioni territoriali cinesi sul mar Cinese Meridionale” e, come scrive l’agenzia sudcoreana Yonhapnews, “dell’espansionismo territoriale di Pechino”. Così, il capo del Pentagono Ashton Carter, pur affermando che gli USA non vogliono entrare in conflitto né con la Russia, né con la Cina, e che “gli Stati Uniti non desiderano alcuna guerra fredda o qualsiasi confronto nel mar Cinese Meridionale”, ha tuttavia dichiarato che “è necessario tener presente la possibilità che questi paesi facciano delle scelte che in fin dei conti li contrapporranno agli USA o alla restante comunità”.

Da parte sua, nell’incontro bilaterale di ieri tra il vice capo di Stato Maggiore della Commissione militare centrale cinese, ammiraglio Sun Jianguo e il Ministro della difesa sudcoreano Han Min-koo, la parte cinese ha espresso la speranza che Seoul non dispiegherà sul proprio territorio il sistema antimissilistico mobile statunitense THAAD (Terminal High Altitude Area Defense). Pechino, ha detto Sun, “ritiene che il dislocamento del sistema antimissile vada oltre le necessità difensive sia degli USA, che della Repubblica di Corea” e possa solo portare a un aumento della tensione nella penisola coreana.

Nel botta e risposta ravvicinato, è stato Ashton Carter ad accusare la Cina di destabilizzare la situazione in Asia, con la creazione delle isolette artificiali nel mar Cinese Meridionale. Secondo il capo del Pentagono “una serie di azioni di Pechino, in particolare nel mar Cinese Meridionale, destano preoccupazione per le intenzioni strategiche cinesi”. Carter ha auspicato la loro cessazione, minacciando, in caso contrario, “passi conseguenti da parte USA e di altri, il che porterebbe a un aumento della tensione e all’isolamento della Cina” e ha anche ripetuto la pretesa yankee su “libertà di navigazione e volo nel bacino nel mar Cinese Meridionale”. La medesima “preoccupazione” è stata ribadita anche dal Ministro della difesa di Tokyo, Gen Nakatani che, pur senza nominare direttamente Pechino, ha portato il discorso sull’appartenenza degli arcipelaghi Xīshā Qúndǎo (isole Paracel), Nánshā Qúndǎo (Isole Spratly) e l’atollo Huanyang (reef Scarborough), da anni contesi tra Cina, Viet Nam, Brunej, Malesia e Filippine.

“I paesi al di fuori della regione dovrebbero onorare i loro impegni e non fare commenti irresponsabili su questioni che interessano la sovranità territoriale”, aveva detto ieri il portavoce governativo cinese Hua Chunying, in risposta alle osservazioni di Ashton Carter e Gen Nakatani. E il rappresentante della marina cinese Huan Yu Fei aveva rinfacciato allo stesso Carter di perseguire l’isolamento della Cina, chiedendo a Pechino di unirsi ai principi della sicurezza regionale per evitare il proprio isolamento e “pretendendo dagli altri paesi di seguire la convenzione ONU sul diritto marittimo, mentre gli Stati Uniti non hanno sottoscritto tale documento. La libertà di navigazione nel mar Cinese Meridionale, ricordata dal Ministro della difesa USA, ha in effetti l’obiettivo di chiudere i porti di altri paesi per mezzo del dispiegamento di navi e aerei militari”.

Sta di fatto che tale “libertà” si concretizza in una sensibile crescita della presenza di naviglio militare statunitense nel bacino e già da diversi mesi Pechino sta protestando “contro ogni atto che violi la sovranità della Cina e minacci la sua sicurezza”, in particolare dopo la proposta avanzata dal Congresso USA sull’aumento del numero di operazioni della marina statunitense in prossimità degli arcipelaghi contesi. Appena poche settimane fa, il Ministero della difesa di Pechino aveva dichiarato che il pattugliamento congiunto del mar Cinese Meridionale da parte di vascelli statunitensi e filippini sta minando la stabilità dell’area: “Le forze armate della Repubblica popolare cinese seguiranno attentamente la situazione e difenderanno energicamente la sovranità territoriale e gli interessi marittimi della Cina”. Nell’ottobre scorso, di fronte all’invio di navi militari statunitensi a ridosso di quelle che Pechino considera proprie acque territoriali, entro le 12 miglia dalle isole contese, un editoriale del Zhongguo Ribao aveva scritto che “l’invio di navi militari mostra con precisione chi spinga davvero alla militarizzazione del mar Cinese Meridionale”.

Oggi il Segretario di stato John Kerry, in visita in Mongolia e alla vigilia del suo viaggio in Cina per l’incontro ufficiale sul Dialogo strategico ed economico sino-americano, ha ammonito la Cina contro l’eventuale realizzazione di una zona di difesa antimissile nel mar Cinese Meridionale, affermando che gli Stati Uniti lo considereranno “un passo provocatorio e destabilizzante”. Stamani, rispondendogli indirettamente dal vertice di Singapore, l’ammiraglio Sun Jianguo ha accusato “i paesi situati al di fuori dell’area” di essere responsabili della “crescita della tensione nel mar Cinese Meridionale e di sfruttarla ai propri fini” e, come aveva già fatto ieri nell’incontro bilaterale con il Ministro della difesa sudcoreano, ha dichiarato che “la Cina esprime la propria decisa contrarietà alla dislocazione del sistema THAAD nella Corea del Sud da parte degli Stati Uniti, che viola la stabilità strategica”.

Quanto al dispiegamento di armi, il loro dispiegamento non si limita alla Corea del Sud: Ashton Carter ha dichiarato che gli USA intendono fornire armi a Indonesia, Malesia, Filippine e altri paesi dell’area, tra cui il Viet Nam che, secondo Carter, rappresenta un mercato importante per le armi statunitensi, dopo l’annuncio dell’abolizione dell’embargo fatto da Barack Obama durante la sua recente visita ad Hanoi.

Un altro passo quantomeno “originale” verso la pretesa smilitarizzazione dell’area, di contro alla “destabilizzazione” di cui si accusano gli altri.

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