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11 settembre, veto di Obama sull’Arabia Saudita

Il presidente Barack Obama ha posto il proprio veto, il 23 settembre scorso, alla legge che permetterebbe alle vittime dell’11 Settembre 2001 di perseguire diversi esponenti della diplomazia saudita e di richiedere un risarcimento economico a Ryadh. Un ultimo gesto di cortesia da parte della confusa e discontinua politica estera dell’amministrazione Obama nei confronti della petromonarchia saudita. Se da una parte, infatti, il presidente statunitense ha messo in difficoltà Ryadh con gli accordi sul nucleare con l’Iran, dando un ruolo prioritario a Teheran nella regione mediorientale, dall’altra ha concesso ai Saud commesse militari miliardarie ed ha sostenuto favorevolmente la nuova convergenza politico-militare tra lo stato saudita e Israele.

La stessa confusione è riscontrabile nelle sue dichiarazioni post-veto. Dichiara, infatti, di “essere vicino ai parenti delle vittime dell’11 Settembre e di considerare legittimo il loro desiderio di giustizia”,  ma si oppone a questa legge perché “avrebbe un impatto nefasto sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.

La legge denominata “JASTA” (“Justice Against Sponsors of Terrorism Act”) è stata portata avanti trasversalmente da entrambe gli schieramenti politici statunitensi, repubblicani e democratici. Ha avuto un ulteriore impulso dopo che nei mesi scorsi è stato desecretato, dopo 15 anni, il dossier sull’11 Settembre che indicava chiare connivenze tra diversi diplomatici sauditi e gli attentatori: 15 dei 19 kamikaze erano, infatti, di provenienza saudita. La legge permetterebbe alle vittime di terrorismo di poter perseguire tutti i paesi che favoriscono e finanziano i differenti gruppi della “black list” del terrore, prevalentemente la galassia jihadista. Secondo diversi giornali mediorientali la stratosferica cifra che la monarchia dovrebbe risarcire ai familiari delle vittime dell’11 Settembre si aggirerebbe intorno ai 3000 miliardi di dollari (Fonte Al Ray al Youm).

Il veto presidenziale sarebbe sicuramente un bel regalo nei confronti della monarchia saudita che vive un momento di difficoltà economica e politica.  Basti pensare, ad esempio, alle diverse sconfitte nelle guerre in Iraq, Yemen e Siria (con il finanziamento di gruppi legati ai Saud), l’allontanamento dalla  Turchia, un tempo alleata, che ha scelto la strada della riconciliazione con Mosca e dei negoziati con il governo di Al Assad e, infine, diversi Stati del Golfo – Qatar e Oman in particolare – che richiedono una riconciliazione con l’Iran.

La stessa “Conferenza Sunnita” dei diversi esponenti religiosi del mondo sunnita,  riuniti a Grozny in Cecenia, ha sorprendentemente dichiarato per voce del gran muftì egiziano di Al Azhar che “il wahabismo (corrente religiosa di stato in Arabia Saudita) non fa parte dell’Islam sunnita, visto che è la causa principale del terrorismo salafita (Al Qaeda e Daesh, ndr)” accostando, quindi, la monarchia saudita ai due principali network jihadisti.

Il veto presidenziale ha, però, trovato diverse voci in disaccordo da parte sia dei due candidati alle elezioni presidenziali di novembre, sia da parte di diversi esponenti del Congresso. Chuck Schumer, principale sostenitore della legge e senatore democratico dello stato di New York, ha dichiarato che “il veto sarà sicuramente rigettato dal Congresso”. Se i due terzi degli appartenenti al Congresso, infatti, voterà contro il veto presidenziale, allora la legge entrerà da subito in vigore. Sarebbe una pesante sconfitta per il presidente Obama, a pochi mesi dal termine del suo mandato, visto che dal 2009, anno del suo arrivo alla Casa Bianca, nessun veto presidenziale è mai stato rigettato dal Congresso.

Il candidato repubblicano Donald Trump ha immediatamente denunciato questa decisione come “l’ennesimo segno di debolezza da parte del presidente Obama e della mia rivale Hillary Clinton, visto che, impedire ai parenti delle vittime di chiedere giustizia, è una vergogna”.

La stessa candidata democratica, Hillary Clinton, ha dovuto, per la prima volta dall’inizio della campagna elettorale, discostarsi dall'attuale presidente, visto che  non vuole perdere voti in uno stato cruciale come quello di New York. Attraverso i suoi addetti stampa ha dichiarato che “continua a sostenere il senatore Schumer e gli altri colleghi del Congresso per far passare la legge e per assicurare la possibilità delle famiglie dell’11 Settembre e di tutte le vittime del terrorismo di far pagare i responsabili”.

Dietro le dichiarazioni di facciata pre-elettorali la questione sembra un po' più complessa. Washington stima che il testo della legge indebolirebbe il principio di immunità diplomatica rischiando di esporre gli USA nel resto del mondo. C’è da dire, quindi, che le preoccupazioni della Casa Bianca sono legate al fatto che una simile legge si potrebbe ritorcere anche contro gli stessi interessi statunitensi.  L’ex capo della CIA, Michael Morell, ha sottolineato come questa legge metterebbe gli USA in una posizione delicata rispetto all’immunità diplomatica, spesso utilizzata da Washington per sottrarsi alle sue responsabilità. Morell ha dichiarato infatti che “i nostri soldati, i nostri diplomatici e tutto il nostro personale all’estero potrebbero ritrovarsi perseguibili nelle altre nazioni del mondo”. Il veto di Obama sembra, quindi, un estremo tentativo per evitare ulteriori complicazioni sia a livello diplomatico con l’Arabia Saudita sia a livello di sicurezza nazionale. Vedremo se il Congresso vorrà favorire gli interessi nazionali o quelli delle vittime dell’11 Settembre. Obama, invece, ha già scelto, concludendo il suo mandato presidenziale con poche luci e tante ombre, soprattutto in politica estera.

 

Stefano Mauro

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