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Le primarie nel Donbass e la realtà ucraina

Sono in corso da questa mattina le “primarie” nella LNR e DNR, per scegliere i candidati in vista delle elezioni per le amministrazioni locali, previste dagli accordi di Minsk, ma tuttora rifiutate dalla junta golpista. Uno degli scopi delle votazioni, scrive Sputniknews “è dimostrare alla comunità mondiale la possibilità di svolgere le elezioni nei territori del Donbass nel rispetto degli standard internazionali”. Già alle 12 di oggi l'affluenza era tale che permetteva di considerare valide e legittime le votazioni – come testimoniato anche dagli osservatori di Polonia, Finlandia, Grecia, Germania, Italia, Repubblica Ceca e Ossetia meridionale – e news-front mostrava le immagini di lunghe file ai seggi di Lugansk, con persone che dichiaravano di voler esprimere in tal modo la propria fiducia nella Repubblica popolare, a dispetto della propaganda ucraina, secondo cui i cittadini del Donbass sarebbero “spinti ai seggi con le canne dei fucili”. Stesse scene a Donetsk, dove i cittadini dichiarano di “votare per i nostri uomini” e perché “vogliamo così ringraziare coloro che, in questi tempi difficili, ci hanno assicurato luce e calore”.

Ma Kiev non solo si oppone a uno dei punti chiave dell'accordo, ribadito anche dalla road map formulata lo scorso 14 settembre dai Ministri degli esteri tedesco e francese, Frank-Walter Steinmeier e Jean-Marc Ayrault, quello appunto, sulle elezioni locali, ma sabota in ogni modo il perno della soluzione pacifica: il rispetto del cessate il fuoco e il ritiro delle truppe in tre aree pilota, il cui inizio era previsto per ieri. Ancora la notte scorsa le forze ucraine hanno esploso centinaia di colpi di artiglieria da 120 mm e di mortaio da 82 e 120 mm sulle periferie di Donetsk, Jasinovataja e Gorlovka; due miliziani della DNR sono rimasti uccisi e uno ferito. Ieri invece, il comando ucraino ha rimandato la decisione sul ritiro di truppe e mezzi pesanti in una delle tre aree pilota, quella di Stanitsa Luganskaja, nell'area della LNR, adducendo la non completa preparazione alla manovra di arretramento. Al contrario, secondo Novorosinform, le forze ucraine avrebbero addirittura rafforzato le proprie posizioni con mezzi blindati, corazzati e camion carichi di munizioni, lungo la linea di contatto con la DNR, in prossimità dei centri di Granitnoe, Bogdanovka, Petrovskoe.

E però ieri, dopo il colloquio telefonico di venerdì scorso tra Vladimir Putin e Angela Merkel, il portavoce presidenziale russo, Dmitrij Peskov, ha detto di non escludere un incontro del “quartetto normanno” – Francia, Germania, Russia e Ucraina. Ora, scrive news-front, dato che proprio Putin, al G20 di inizio settembre a Hangzhou, aveva escluso contatti a breve scadenza con esponenti ucraini, in risposta alle diversioni terroristiche ucraine in Crimea, il cambio di registro del Cremlino potrebbe esser dovuto a concessioni annunciate dalla Merkel, legate a una certa contrapposizione economica UE-USA. Aleksej Byčkov rileva che una certa tendenza europea a “sottrarsi all'influenza di Washington, potrebbe spingere la UE e in particolare la Merkel a mutare i rapporti con la Russia e l'atteggiamento sulle questioni della soluzione politica per il Donbass”. Secondo Byčkov, i risultati delle  presidenziali statunitensi potrebbero portare a un “mutamento radicale nei rapporti Mosca-Washington e, quindi, nelle maggiori crisi geopolitiche, quali Siria e Ucraina”. D'altro canto, nemmeno le pressioni europee su Petro Porošenko hanno sinora potuto costringerlo a un cambio di atteggiamento nei confronti di Mosca; questo, se da un lato testimonia del ribadito appoggio USA ai golpisti ucraini, ha determinato una certa “disillusione” europea nei confronti di Kiev e il conseguente “avvicinamento” alle posizioni russe sulla questione del Donbass.

Su tale “disillusione” potrebbe avere qualche effetto anche il continuo stillicidio di bravate dei golpisti. Svjatoslav Knjazev scrive su news-front che Kiev, nell'euforia nazionalistica, continua a calpestare la costituzione: il vice Ministro dell'istruzione e della ricerca, Roman Greba, ha proibito a tutti i funzionari e lavoratori del dicastero, dalle più alte sfere fino agli addetti alle pulizie nelle scuole, di usare qualsiasi lingua all'infuori dell'ucraino. Una direttiva questa – peraltro emanata da un vice Ministro e non dal titolare del Ministero e non sulla Gazzetta ufficiale, ma su feisbuc – che va contro la legge del 2012 “Sui fondamenti della politica linguistica nazionale”, tuttora in vigore e fissata nella Costituzione al punto sul “Libero sviluppo della lingua russa”. E, del resto, se ciò vale per le regioni del sudest, altrettanto è richiamato a proposito dell'uso delle lingue ungherese e rumena, rispettivamente nelle regioni di Transcarpazia e Černovts. Oltretutto, nota Knjazev, l'Istituto Gallup ha rilevato che l'83% di tutta la popolazione ucraina, in casa, usa la lingua russa e addirittura, anche nelle regioni occidentali, il 30% degli studenti nel 2016 ha avuto appena la sufficienza all'esame di lingua ucraina.

Su un altro versante dei modelli “democratici” mondiali, nota Vasilij Volga, il Ministro degli interni Arsen Avakov, colui che non aveva avuto remore a reclutare truppe tra la criminalità comune, vista la renitenza di massa alla leva da parte dei giovani ucraini, si richiama oggi agli USA del dopo-Viet Nam, allorché il 40% dei veterani era finito in galera e dichiara che il 40% dei reduci dal Donbass, poco meno di centomila uomini, è destinato alla galera. D'altronde, anche senza i criminali arruolati e gli arruolati divenuti criminali nei saccheggi, assassinii e stupri nel Donbass, la stragrande maggioranza della popolazione ucraina, grazie alle delizie imposte da FMI e Banca Mondiale, per sopravvivere è obbligata a barcamenarsi nei meandri della piccola illegalità, quando non rimane direttamente vittima dell'illegalità “democratica” della junta europeista. Pare che nella sola ultima decade di settembre si siano verificati un'ottantina di casi (di cui quasi la metà con esiti mortali) di avvelenamento per bevande adulterate al metanolo. Le stesse autorità ucraine sono state costrette ad ammettere che ciò è in larga parte dovuto alla crescente “economia ombra”, illegale (40% nel 2015, equivalente a 44 miliardi di $: quasi la metà del PIL, secondo il primo ministro Vladimir Grojsman), all'assenza di controlli pubblici e alla corruzione, che portano alla morte di quasi diecimila persone all'anno, per avvelenamento da surrogati alcolici. Se una bottiglia di vodka, dice il direttore di “Ukrvodka”, Vladimir Ostapjik, “considerate le accise attuali, dovrebbe costare almeno 70 grivne (poco meno di 3 euro), ma alcuni commercianti riescono a smerciare la vodka fatta in casa a 35-40grivne, qualcosa non torna”.

D'altra parte, scrive rusvesna, mentre l'inflazione galoppa a due cifre per il terzo anno consecutivo, lo stipendio medio è dimezzato dai circa 400$ del 2013 ai 200 attuali; tra le spese domestiche, quelle per le tariffe comunali, se rappresentavano il 10% nel 2013, sono oggi al 22%, con il gas rincarato di dieci volte, secondo le “raccomandazioni” del FMI. L'alimentazione costituisce, come per il passato, il 50% delle spese familiari, mentre sono drasticamente diminuite quelle per vestiario e tempo libero; nonostante ciò, nell'ultimo semestre è stato venduto il 20% in meno di prodotti alimentari, a scapito in particolare di carne, verdure, prodotti ittici e caseari. Secondo i dati ufficiali, se prima gli ucraini riuscivano a mettere da parte circa il 20% delle entrate, oggi la media nazionale è inferiore al 10%.

Le cose vanno “male” anche per gli oligarchi: i 100 uomini più ricchi d'Ucraina secondo Forbes.ua, nel 2016 hanno perso complessivamente 20 miliardi di $ rispetto al 2015, soprattutto per la caduta dei prezzi nel settore metallurgico. Viktor Pinčuk, ad esempio, è passato dal secondo al quarto posto della classifica, avendo perso circa 300 milioni di $ (è passato da 1,5 miliardi nel 2015 a 1,2 miliardi) nel mercato delle tubazioni per condotti energetici. Nonostante ciò, rimane immutata la lista delle sei persone più ricche d'Ucraina: Rinat Akhmetov (2,3 mld $), Igor Kolomojskij e Gennadij Bogoljubov (entrambi con 1,3 mld $), Viktor Pinčuk, Jurij Kosjuk (1 mld $), Petro Porošenko (858 milioni $).

Anche loro cominciano a passarsela male; ma non così male, in fondo, no?

 

Fabrizio Poggi

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