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Seconda giornata di mobilitazione in Catalunya

Al termine di un’altra lunga giornata caratterizzata da manifestazioni, blocchi stradali e azioni rapide e ripetute, guidate soprattutto dai CDR e diffuse in tutto il paese, ieri si sono verificati scontri a Barcelona, Girona, Lleida e Tarragona, praticamente in contemporanea.

A Barcelona gli incidenti sono cominciati al termine della concentrazione convocata davanti alla delegazione del governo: la Policia Nacional ha sparato pallottole di gomma al Passeig de Gràcia mentre i manifestanti (intorno ai 40.000 secondo la stima della Guadia Urbana) hanno incendiato numerosi cassonetti nel tentativo di rendere difficile i movimenti delle forze dell’ordine, con le quali hanno a lungo giocato al gatto e al topo.

L’azione dei Mossos e della polizia spagnola è destinata a far crescere il bilancio dei feriti, il più grave dei quali è un giovane a cui una pallottola di gomma ha fatto saltare un occhio lunedì, nel corso dell’occupazione dell’aeroporto di Barcelona. Sebbene la Camera catalana abbia vietato l’uso di questo tipo di proiettili, la proibizione non si applica alla polizia spagnola. Fatta la legge trovato l’inganno: i Mossos d’Esquadra infatti sono dotati di proiettili di poliuretano simili ad una palla di golf, per i quali non esiste alcun divieto.

E l’azione dei Mossos, soprattutto all’aeroporto del Prat, ha aperto una forte contraddizione nel governo catalano, che da un lato pretende di sostenere le mobilitazioni mentre dall’altro invia la polizia a reprimerle. Per questo la CUP ha già chiesto le dimissioni del responsabile catalano dell’ordine pubblico, oltre naturalmente a quelle del ministro degli interni spagnolo, il socialista Grande-Marlaska.

La tenaglia dei CDR e della sinistra anticapitalista cerca così di mettere all’angolo il settore moderato del movimento, che è tutt’altro che vinto. Joan Tardà infatti, cervello della direzione di ERC, ha dichiarato dopo le cariche di ieri sera che non c’è niente di peggio per l’indipendentismo che l’azione violenta di alcune minoranze e l’operato senza controllo della polizia: una dichiarazione che apre la strada alla distinzione tra indipendentisti buoni e cattivi.

Dal canto suo il governo spagnolo ha emesso un comunicato nel quale sostiene che “una minoranza vuole imporre la violenza nelle piazze e che “il movimento che ci troviamo di fronte non è pacifico, bensì coordinato da gruppi violenti”.

Se le proteste continuano con la stessa intensità degli ultimi giorni, il governo del PSOE potrebbe ricorrere a un nuovo commissariamento della Generalitat, una mossa che gli potrebbe far guadagnare consensi a ridosso delle elezioni spagnole del 10 novembre e che sarebbe appoggiata anche da PP, Ciudadanos e Vox. Il partito neofranchista, che fa dell’anticatalanismo un autentico pilastro, ha persino proposto di inserire i CDR nella lista delle organizzazioni terroriste internazionali.

Ma i protagonisti della violenza sembrano per ora le forze di polizia, almeno a giudicare dai dati di Alerta Solidaria: secondo l’organizzazione contro la repressione, i manifestanti feriti soltanto ieri ammontano a circa un centinaio. Tra questi un minorenne colpito alla fronte, a tre dita dall’occhio, centrato da un proiettile di poliuretano sparatogli dai Mossos a Girona. Qui il CDR ha bloccato l’autostrada Ap7 per quasi tutto il pomeriggio e ricompattatosi dopo la carica dei Mossos e della Policia Nacional, si è diretto in corteo fino alla prefettura, a ridosso del centro storico, dove sono scoppiati gli incidenti.

All’insegna della parola d’ordine “liberi o ingovernabili”, il movimento indipendentista prevede anche oggi numerose mobilitazioni, nell’intento di consumare la resistenza dello stato spagnolo contando sulla forza e l’inventiva dell’autorganizzazione popolare. Le prossime settimane si incaricheranno di smentire o confermare l’autunno caldo catalano. A favore dell’indipendentismo gioca la determinazione della popolazione; a favore dello stato spagnolo, le istituzioni politiche ed economiche nazionali, il sostegno della Unione Europea e quello degli USA, uniti nel lasciare mano libera al PP come al PSOE nella gestione dell’”affare interno” catalano.

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