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Marittimi: la liberalizzazione sull’uso dei migranti fa litigare gli armatori

In attesa della manifestazione di protesta dei lavoratori marittimi a Roma, il 15 novembre1 davanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la rabbia di una parte dei marittimi italiani viaggia in rete in vari gruppi facebook, come ad esempio ‘Marittimi Dite la Vostra’ che conta 1619 membri (https://www.facebook.com/groups/556163311145228/?fref=ts). Leggendo i post emerge un mare di scontento per il comportamento degli armatori, del sindacato, del ministero, per l’ondata di costosi corsi di formazione a cui sono costretti a partecipare per il rinnovo delle certificazioni di idoneità al lavoro2; corsi che i lavoratori stessi considerano ripetitivi ed inutili rispetto alle conoscenze e competenze che hanno già acquisito in anni di studio e di mare. La logica alla corsa all’aggiornamento, al perfezionamento e all’accreditamento continuo è uno strumento per precarizzare ulteriormente il lavoro ed esporre i lavoratori al rischio di demansionamento.

locandina-marittimi-15-novembre-20161Sempre nei gruppi dei marittimi in rete non sono pochi i riferimenti all’ultima vicenda dello scontro tra Emanuele Grimaldi e Vincenzo Onorato, due grossi armatori italiani a capo di due multinazionali della logistica- Gruppo Grimaldi e Gruppo Moby Lines-Tirrenia, in merito alla revisione del Registro Internazionale marittimo (legge 30/1998 – in particolare l’articolo 243), e sulla questione dei ‘privilegi fiscali’, e l’uso di lavoratori extracomunitari per ridurre il costo del lavoro e ‘spiaggiare’ in via definitiva il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro-marittimi.

Questa volta gli extracomunitari servono, non sono da scacciare, non si alzano barricate come succede altrove; anzi, al contrario, sono indispensabili agli armatori italiani, o almeno ad alcuni, per ridurre nel settore del cabotaggio, così come in altri, il costo del lavoro e disfarsi del contratto collettivo nazionale dei marittimi italiani che, tra le altre cose, stabilisce, a secondo della grandezza delle navi e delle mansioni, retribuzioni diverse che oscillano da poco più di 900 euro per un mozzo ai 3000 euro e più per un comandante, così come si evince da questa tabella sulle tariffe retributive previste dal CCNL (http://www.filtcgil.it/ccnl/tab-retr-all1.pdf).

Nel settore del cabotaggio, il gravoso e pericoloso lavoro dei marittimi, per assurdo non riconosciuto come lavoro usurante, è segnato a livello normativo, contrattuale, retributivo da grosse disparità. Una selva di nome a livelli diversi creano il terreno fertile per eludere i diritti minimi. Ad esempio, una nave battente bandiera inglese sulla base della normativa nazionale può ingaggiare lavoratori extracomunitari e muoversi sulle stesse rotte battute da compagnie italiane, l’esempio più comune è la tratta Genova-Porto Torres, dove però in base all’attuale normativa nazionale le navi che battono bandiera italiana possono impiegare solo marittimi italiani.

Questo perché per le compagnie italiane sono previsti una serie di lauti incentivi vincolati all’assunzione di personale italiano. Ovvero, se mi imbarco su un traghetto che da Civitavecchia o da Genova mi porta in Sardegna e scelgo una compagnia battente bandiera italiana a bordo tutta la squadra, dal mozzo, al barman, al cuoco fino al capitano dovrebbe essere composta da italiani e questo appunto perché la politica degli incentivi era pensata per salvaguardare l’occupazione dei marittimi italiani, un esercito di diverse migliaia di persone, con salari, previdenza, norme sulla salute che devono rispettare il C.C.N.L. Come si accennava, invece, la selva di norme a vari livelli- internazionale, comunitario e nazionale- stanno producendo una significativa deregolamentazione nel settore dei traffici via mare, ed in particolare per i traghetti e le navi da crociera, con un gioco al ribasso sui salari e le condizioni di lavoro. Non ci soffermeremo, per limiti di tempo, su questi aspetti legali rinviando per chi volesse approfondire ad una serie di documenti riportati in nota4.

Veniamo, invece, alla questione italiana, e allo scontro tra armatori che ruota anche intorno alla questione dei lavoratori extracomunitari e soprattutto agli incentivi statali e all’abolizione dell’obbligo di assumere marittimi italiani nel settore del cabotaggio, usando la leva del dumping sociale per aumentare i profitti, che tradotto in termini padronali si declina con il refrain del ‘far fronte alla competitività’ e di adeguarsi alle norme comunitarie ’.

Manuel Grimaldi un noto imprenditore del settore (Grimaldi group) e presidente della Confederazione nazionale armatori (Confitarma), il 24 ottobre 2016, all’assemblea degli armatori a Roma, ha denunciato l’inadeguatezza del decreto legislativo in discussione in questi giorni alla Camera5 sul riordino delle disposizioni legislative vigenti in materia di incentivi fiscali, previdenziali e contributivi in favore delle imprese marittime (n.321), che tra le altre cose concede esenzioni fiscali solo alle imprese che assumono lavoratori italiani e/o comunitari. Il presidente di Confitarma ha chiesto a Graziano Delrio, ministro dei trasporti e delle infrastrutture, di intervenire per consentire l’estensione degli sgravi fiscali anche a quelle compagnie che battendo bandiera di altri paesi europei impiegano, in base alla legislazione di quei paesi, marittimi extracomunitari, motivando la richiesta come un percorso indispensabile per evitare che l’Unione Europea avvii un processo d’infrazione all’Italia 6.

Il ritornello è sempre lo stesso, quello della crisi del settore e l’urgenza di intervenire per modificare l’attuale impianto a favore di una maggiore flessibilità e lavoro a costi ridotti. Gli armatori dal canto loro, vale la pena ricordarlo, avevano già trovato una loro soluzione per aggirare i vincoli con l’uso delle ‘bandiere di comodo’- spiega un lavoratore – navi italiane che cambiano bandiera.

Di fatto gli extracomunitari ci sono già, lavorano a prezzi scontati e in mansioni a bassa qualifica, a spiegarlo è un altro noto armatore, il rivale in armi di Grimaldi, Vincenzo Onorato, che a gennaio ha comprato una pagina del quotidiano il Foglio per pubblicare un suo intervento dal titolo lapidario ‘Stop alle esenzioni fiscali agli armatori’, dove denunciava che le richieste di Manuel Grimaldi erano dettate da interessi personali dal momento che l’armatore napoletano impiega già su 29 navi extracomunitari a meno di 800 euro mensili, quasi la metà di quello che invece Onorato dice di pagare ai suoi marittimi. Qui di seguito alcuni stralci del testo pubblicato da Onorato: ‘‘Se negli anni lo Stato italiano si è dimostrato sensibile alle problematiche dell’armamento è perché ha sempre avuto grande attenzione all’occupazione dei marittimi italiani. Questo era l’unico ritorno ai privilegi fiscali per gli armatori. Oggi la Confitarma (l’associazione degli armatori italiani) con il suo presidente, Emanuele Grimaldi, sta pressando affinché, riporto le sue parole, ‘’i privilegi legati alla bandiera italiana vengano allargati anche a tutte le unità di bandiera comunitarie che fanno capo ad aziende armatoriali italiane o a strutture con stabile organizzazione in Italia’’, sostenendo che l’Unione europea potrebbe aprire un processo d’infrazione al nostro Paese’’.

E poi continua spiegando quelle che secondo Onorato sono le vere ragioni e le conseguenze che questo potrebbe avere sui costi del lavoro e sull’occupazione:‘’ L’apertura dei benefici fiscali a tutte le bandiere comunitarie, con il conseguente esborso da parte dello Stato, è comunque il male minore. Molte bandiere comunitarie, consentono di imbarcare marittimi extracomunitari a meno di 800 euro al mese, anche sulle rotte nazionali per le nostre isole, che dovrebbero oggi essere riservate ai marittimi italiani o comunitari. Tutto il settore del cabotaggio italiano, incluso quello per le isole minori, conta circa 20.000 lavoratori italiani. Le compagnie di navigazione italiane coinvolte si troveranno nella forbice di dover scegliere fra licenziare gli italiani con contratto nazionale per imbarcare extracomunitari o chiudere i battenti. Nella sostanza Confitarma sta chiedendo allo stato italiano di continuare a finanziare gli armatori per dismettere la bandiera italiana e soprattutto sbarcare i marittimi italiani’’. Segue, poi, fornendo alcuni dati sull’occupazione sulle navi di Grimaldi: “ Oggi Grimaldi impiega extracomunitari su ben 29 navi, anche su tratte nazionali: a bordo solo il 40% dei marittimi è italiano; sulle restanti navi del gruppo che navigano con alte bandiere, la percentuale scende drammaticamente sotto il 10%’’ (http://www.ilpost.it/2016/01/22/il-messaggio-a-pagamento-di-vincenzo-onorato-sul-foglio/copia-di-f20160122_00-trascinato/).

C’è questo e anche dell’altro, se quella di Grimaldi con il suo esercito di riserva fatto di extracomunitari sottopagati è una parte della diatriba tra armatori a questa bisogna aggiungere che Grimaldi è presente su alcune tratte verso le isole da sempre battute dalle navi di cui Onorato è proprietario.

Insomma, sconfinamenti su rotte altrui, marittimi extracomunitari pagati la metà o un terzo di quanto stabilisce il CCNL marittimi e rottamazione del contratto nazionale, sono alcuni dei motivi, insieme alla preoccupazione per la sua flotta, che hanno spinto Onorato a comprare una pagina intera del quotidiano il Foglio, a gennaio, per chiedere che agli imprenditori che usano gli extracomunitari vengano tolti i vantaggi della esenzioni fiscali di cui hanno ampiamente goduto negli anni. Nei mesi la diatriba tra armatori non si è spenta. Un mese dopo a febbraio Vincenzo Onorato torna sulla questione in modo più esplicito, a Milano, per il lancio della sua nuova holding che vede insieme tre compagnie Moby, Tirrenia e Toremar, e qui i toni si fanno pesanti: accusa Confitarma di voler mantenere i privilegi fiscali pur assumendo marittimi extracomunitari con tariffe al ribasso rispetto a quanto stabilito dal contratto italiano. La spesa del Governo, di 300 milioni, stando ad Onorato non sarebbe più giustificata in questo modo.

Grimaldi, dal canto suo, risponde diffondendo una nota in cui accusa a sua volta l’armatore Onorato di perseguire i propri interessi ignorando i vincoli imposti dall’Europa7. La diatriba non si è spenta, nessuna tregua tra i due imprenditori, ma torniamo all’incontro del 24 ottobre, quando Grimaldi nel suo intervento in presenza del ministro Delrio ha dipinto uno scenario fosco che, per alcuni, suona come una sorta di ricatto: la perdita prevista di circa 1500 posti di lavoro, di personale italiano, e il cambio di bandiera delle compagnie italiane nel caso in cui non si modificasse l’attuale normativa che mantiene i privilegi fiscali alle sole compagnie che assumono marittimi italiani e/o comunitari.

Modificando, invece, l’attuale norma non ci sarebbero più vincoli e gli armatori potrebbero assumere per le tratte italiane chi vogliono.

Ora, al di là dello scontro tra i due armatori, la Confitarma e il suo seguito, è quello che emerge dal duello il dato interessante: il grosso bubbone, quello del lavoro, sarebbe rimasto in ombra così come le facilitazioni, gli sgravi e soprattutto lo sfruttamento del lavoro dei marittimi. Ebbene sì, questa volta gli extracomunitari servono, per ridurre i costi, offrire al padronato maggiore flessibilità e mettere in competizione gli operai con la vecchia logica dell’esercito di riserva. Niente di nuovo sotto il sole, si tratta di usare l’argomento della crisi, le differenze tra salari degli extracomunitari e non, per aumentare i profitti riducendo i costi e i vincoli nell’uso della forza lavoro mantenendo però il privilegio delle esenzioni. La risposta di Delrio a queste richieste è stata, per molti versi, semplice e accondiscendente.

Non c’è pace sul fronte dei porti e per le vie del mare e non sono pochi i grattacapi per il ministro Delrio costretto a barcamenarsi in un mare malmostoso; solo pochi giorni fa la patata bollente erano i 442 esuberi dei portuali di Gioia Tauro che ancora non ha trovato soluzione8. Il prossimo 15 novembre, la ‘gente di mare’ si è data appuntamento a Roma, al Ministero dei trasporti e delle infrastrutture, per protestare. Fino a che punto le acque resteranno calme e navigabili è difficile da stabilire, ma il malumore tra i lavoratori del mare è in aumento e potrebbe esplodere portando tempesta rivendicando, ad esempio, le stesse condizioni d’ingaggio per tutti comunitari e non, eliminando così le disparità di cui si avvantaggiano gli armatori adesso.

***

1 https://www.facebook.com/events/344598115884477/ la manifestazione nazionale dei lavoratori marittimi è stata promossa dai sindacati ma dal Coordinamento nazionale marittimi 3 febbraio che unisce un ventaglio di associazioni (http://www.themeditelegraph.it/it/shipping/shipowners/2016/09/27/certificati-ritardo-protesta-dei-marittimi-uzvjBA6RVblriCj9k0iH2J/index.html). Tra i motivi della protesta l’adeguamento e la concessione delle certificazioni imposte alla ‘gente di mare’ per poter lavorare; requisiti che non tutti i marittimi potrebbero conseguire sia per i tempi stretti stabiliti dal ministero sia perché i corsi di formazione sono costosi e in molti casi inutili. In base alle stime i lavoratori che non hanno le certificazioni sarebbero migliaia.

2

3 http://www.governo.it/sites/governo.it/files/TESTO_IMPRESE_MARITTIME.pdf

4 Vedi in particolare Normativa comunitaria 3577/92; La ‘Politica di Atene’ prodotta dalla Federazione internazionale trasporti (itf); gli standard ILO (International Labour Organization) (http://www.ilo.org/global/standards/maritime-labour-convention/lang–en/index.htm) ed alcuni documenti di fonte sindacale sulla vicenda: http://www.fitcisl.org/61?documento_fit=1366http://www.filtcgil.it/index.php/mare/trasporto-marittimo/contratto-nazionale/

5 Schema di decreto legislativo recante riordino delle disposizioni legislative vigenti in materia di incentivi fiscali, previdenziali e contributivi in favore delle imprese marittime (n. 321) (http://www.governo.it/sites/governo.it/files/RELAZIONE_IMPRESE_MARITTIME.pdf);

7 http://www.confitarma.it/dyn/doc/5244.pdf

8 https://contropiano.org/interventi/2016/10/20/gioia-tauro-senza-gioia-fallimento-della-pianificazione-industriale-la-forza-dei-portuali-084874

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