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Bologna: 22 denunce contro i No Tav sgomberati

Sono in tutto 22 le denunce spiccate dalla Digos di Bologna, per l’occupazione, conclusa oggi con uno sgombero, di una palazzina di via Libia da parte di un gruppo di giovani anarchici. 12 di loro – quelli accusati di aver iniziato l’occupazione venerdì facendo irruzione nel vecchio edificio – sono stati denunciati per invasione di terreni ed edifici e danneggiamento aggravato. Altre denunce sono state invece spiccate nei confronti di coloro che le forze dell’ordine, intervenute per sgomberare lo spazio di proprietà della Provincia, hanno trovato all’esterno dello stabile. Mentre Poliziotti e Carabinieri sfondavano la porta ed entravano all’interno dell’edificio, otto ragazze si sono arrampicate sul tetto e ci sono rimaste fino a tarda mattinata, quando sono state sollevate di peso e trascinate in Questura, poi denunciate anche per rifiuto di fornire le proprie generalità.

E’ finita così nella mattinata di oggi l’occupazione della palazzina di via Libia 67, a Bologna,  iniziata venerdì scorso da una ventina di attivisti in solidarietà con il movimento No Tav.
Mentre gli occupanti erano ancora sul tetto nelle vicinanze della palazzina occupata si sono radunati una cinquantina di manifestanti che hanno espresso la loro solidarietà a coloro che venivano fermati dalle forze di sicurezza, gridando slogan contro l’alta velocità e la repressione. Dopo lo sgombero il presidio che si era formato fuori dalla palazzina di Via Libia si è spostato in piazza Galilei, per manifestare in solidarietà alle fermate sotto la Questura.

Nei giorni scorsi gli attivisti avevano spiegato sul sito Indymedia le ragioni della loro occupazione, contro chi trasforma “i nostri quartieri e le nostre valli degli eterni cantieri con la promessa di farci vivere in luoghi migliori, più efficienti, più funzionali, più sicuri, ma ciò che resta è solo la devastazione delle lobbies del cemento”. “Vogliamo condividere con tutto il quartiere questo spazio – recitava il comunicato – per farne un luogo aperto e non un fortino (come dicono i giornali in questi giorni), per creare un luogo di socialità autentica e non quella che ci impone chi non sa far altro che costruire centri commerciali, per condividere ciò che ciascuno di noi conosce e sa fare, per sviluppare legami diversi da quelli che ci impongono il lavoro, la velocità del denaro, la paura di non saper cos’altro cercare”.

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