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Manifesto per Piazza Verdi

Piazza Verdi deve il suo nome a Giuseppe Verdi, che scrisse il celebre “Va pensiero” parlando di un popolo oppresso, ed ispirandosi ai versi del poeta Temistocle Solera “Super flumina Babylonis”. Proponiamo con questo manifesto di aprire una riflessione pubblica “Super flumina Bononia”, sopra ai fiumi di una Bologna che troppo spesso negli ultimi tempi vede le sue acque intorbidite da un dibattito e da una gestione della crisi che sanno solo parlare di oppressione e riduzione di libertà, dignità, spazi e tempi di vita. Vogliamo provare a condividere un ragionamento che sappia invece partire da quel sentimento che ha portato ad intitolare la via limitrofa alle mura di Porta San Donato vicina a Piazza Verdi ad Anteo Zamboni, per il quale l’epigrafe esposta a Palazzo d’Accursio riporta la seguente frase: ..Nella ventennale lotta antifascista con questa pietra consacra nei tempi Anteo Zamboni per audace amore di libertà..

Dunque un manifesto che parli di idee, dell’idea che abbiamo noi e che proponiamo alla città per Piazza Verdi. Non pretendiamo di avere la soluzione in mano. Ma crediamo di poter dare un contributo a partire dall’esperienza ormai decennale che come Cua abbiamo di presenza in zona universitaria, per costruire altre direzioni possibili rispetto al fallimento della gestione della piazza che si è dato negli ultimi anni. E siamo convinti che il tempo della crisi possa essere uno spazio di opportunità per ripensare gli spazi urbani. Vogliamo innanzitutto riportare una parte dell’appello che convocava l’assemblea di lunedì 27 Maggio:

“..l’idea che i poteri bolognesi riescono a proporre è una sola: il deserto sociale, la svalutazione e dismissione del sapere, la gentrificazione, le complessità ed anche i sani conflitti del sociale gestite solo con la polizia e i manganelli. Per noi le piazze della città non possono essere luoghi militarizzati e lasciati allo spaccio e al consumo privato nei locali, così come non sono luoghi dove mettere musica a tutto volume fino alle 5 di notte per far manifestare comportamenti nichilistici. Per noi le piazza non sono fatte per strumentalizzazioni e giochetti elettoralistici, da qualsiasi parte essi provengano, ma terreni che devono essere costruiti e vissuti da chi quotidianamente li vive e li attraversa. Rifiutiamo la narrazione di uno scontro fra la rappresentazione e l’identificazione dei “residenti” con i comitati della destra e del leghismo cittadino, così come rifiutiamo la rappresentazione del giovane, dello studente, del precario, come portatore di caos. Crediamo sia necessario rompere questa logica, immaginando e costruendo le piazze, gli spazi urbani tutti, le università, come luoghi della tolleranza, dell’ascolto e della contaminazione fra differenze, della solidarietà sociale.”

Collettivo Universitario Autonomo

Manifesto per Piazza Verdi

1. Solidale

Piazza Verdi deve basarsi sulla solidarietà sociale. Un luogo della città che, assieme a tanti altri, possa costruire una mappa nella quale l’aiuto sociale, la mutualità, il venirsi incontro reciproco, siano le basi della cittadinanza.

2. Tollerante

Piazza Verdi è e deve rimanere attraversata dalle differenze. Differenze di ruolo sociale, biografiche e generazionali, di genere e di provenienza geografica. Per questo uno dei valori centrali dai quali partire per immaginare e praticare una forma di vita sociale collettiva è quello del rispetto di queste differente. Partire dalla volontà di ascolto e non di imposizione di un unico punto di vista o di una univoca gamma di bisogni.

3. Meticcia

Non ci basta constatare come Piazza Verdi sia punto di incontro tra differenze. La nostra idea è che queste abbiano l’apertura necessaria a mettersi in discussione, mescolarsi, ibridarsi. Siamo consapevoli che questo non può avvenire se non attraverso processi che implicano anche il conflitto, anzi crediamo che proprio a partire dal conflitto sociale giocato a viso aperto sia possibile individuare le forme del vivere collettivo.

4. Aperta

Piazza Verdi aperta vuol dire che non si può immaginarne una gestione interamente demandata al privato (che coerentemente ragiona in base a propri interessi specifici) né al pubblico (che è incapace e impotente di elaborare e promuovere una visione positiva della zona). Il business e gli interessi elettoralistici devono lasciare spazio alla possibilità che anche dal basso si costruiscano progetti e proposte per Piazza Verdi senza tentare di imbrigliarli nelle rispettive logiche.

5. Fra città e università

Piazza Verdi per noi deve essere la ricca e produttiva espressione dell’incontro tra città e università. Luogo nel quale sia possibile socializzare e condividere saperi, arte, creatività, cultura. In cui sia possibile discutere, fare assemblee, promuovere incontro e dibattito. Per fare questo deve essere possibile promuovere liberamente iniziative senza dover ricorrere alle infinite prassi burocratiche oggi richieste, reale blocco alla possibilità di espressione.

6. Costruita da chi la vive quotidianamente

Piazza Verdi come dimensione sociale deve poter essere messa in forma da chi la conosce perché la attraversa tutti i giorni, vi trascorre il proprio tempo. Deve essere un luogo per l’espressione dell’autonomia del sociale, che è l’unico luogo nel quale è possibile sviluppare gli anticorpi alla distruttività, alla disperazione, al rancore, alla disaffezione o al consumismo degli spazi urbani.

7. Sulle istituzioni

Si potrebbe aprire un lungo capitolo sui fallimenti delle istituzioni e delle amministrazioni nel costruire un Piazza Verdi differente. Da un lato ordinanze e divieti, dall’altro un laboratorio di urbanistica partecipata palesemente fallito (riuscendo di fatto a sperperare centinaia di migliaia di euro pubblici nel mettere quattro piante e qualche pilone d granito per sedersi, senza riuscire a pensare a cose primarie e tutt’ora assenti come bagni pubblici e bidoni della spazzatura, due esempi banali ma lampanti). Bisogna assumere il loro fallimento e lasciare spazio alla sperimentazione di altre forme che non possono essere né repressive né forme pilotate (magari anche in buona fede) dall’alto di decisione.

8. Demilitarizzata

Piazza Verdi deve essere liberata dal presidio costante delle forze dell’ordine. La loro presenza ha dimostrato di non potere risolvere i problemi ma anzi di acuirli. La sicurezza della zona non deriva da un suo controllo militare ma da dalle potenzialità sociali che in essa sono presenti e che il presidio delle forze dell’ordine non fa che limitare, intimorire o acuirne e portarne al nichilismo le potenzialità.

9. Sui comportamenti

Piazza Verdi è densa di contraddizioni, problemi, comportamenti inaccettabili, mancanze. Ma anche densa di un ricco e variegato potenziale di vita. Per limitare, contenere, risolvere questioni come lo spaccio, gli atteggiamenti nichilistici, le mancanze di rispetto della collettività ecc.. ognuno deve fare il suo. Ma bisogna rendersi conto che per molte di queste dimensioni è solo dal basso, a partire da chi quotidianamente vive e tiene a questi luoghi, che si può partire e che si può immaginare un cambiamento. Le isterie e gli ideologismi le lasciamo volentieri ad altri, ma se non si è capaci di accettare che solo lasciando spazio alle forme autonome ed indipendenti di aggregazione sociale è possibile iniziare a trovare soluzioni ai problemi, vuol dire che non si vuole veramente risolverli.

10. Sperimentazione

Concludiamo dunque proponendo di voltare radicalmente pagina lasciando spazio ad una nuova sperimentazione su Piazza Verdi. Attraverso il confronto ed il conflitto crediamo sia possibile collettivamente cambiare passo ed iniziare a scrivere una nuova storia di questa piazza. Una storia che come abbiamo scritto richiede rispetto, apertura mentale, coraggio e disposizione a mettersi in discussione. Una storia che deve essere scritta a tantissime mani e in maniera pubblica e aperta. Una storia di chi tiene veramente a Piazza Verdi e non la vuole deserta o espressione di un unico punto di vista. Noi ci siamo..

da http://www.univ-aut.org

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1 Commento


  • michel

    Il Pd come il mandarancio

    Avete presente gli innesti del mandarancio?Ne vien fuori un ibrido poco gustoso tra mandarino e arancia. Allo stesso modo innestando la vecchia Dc con l’ex Pci,viene fuori il Pd,il quale,deposto l’odiato colore rosso,si veste oggi di arancione.Il risultato,come sempre con gli ibridi,è sotto gli occhi di tutti.

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