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Il flop fascioleghista

Se voleva “marciare su Roma”, dovrà prenotare per un’altra visita… Questa, a Salvini e i suoi fascio-leghisti è andata proprio maluccio. Grande imbarazzo nelle redazioni di regime, costrette a inquadrature “basse”, con lo zoom stretto sulle facce di qualche pallido coglione con le corna da vichingo, qualche mazziere di CasaPound dalla faccia tra il feroce e il perplesso. Mai una visione dall’alto, neanche nel momento topico, che desse il riscontro numerico inoppugnabile della dimensione dei presenti.

Vi diciamo noi come stanno le cose: Piazza del Popolo contiene 25.000 persone al massimo, se il palco – come questa volta – non se mangia quasi la metà. Per il resto, larghi spazi vuoti, riempiti con bandiere, cartelli, striscioni e cartelli buttati per terra (spicca un Mussolini che … aspettava Salvini), o direttamente dall’imponente contingente di poliziotti schierati a difesa. Insomma: 15.000 persone, a voler essere generosi, in gran parte scesi dai pullman della gita con visita a Roma.

Un buco nell’acqua, nonostante il regime abbia scelto Salvini come “l’alternativa” a Renzi. Ma questo non vuol dire che l’operazione “populista” finisca qui. Il discorso del segretario leghista ha una sua logica perversa, ma va capita bene. Da un lato attacca il nemico che tutta la popolazione – indipendentemente dai livelli di reddito o dai ruoli sociali – avverte come tale: l’Unione Europea, la Troika, dunque il governo Renzi. Lo fa con slogan e temi chiaramente da “piccola impresa” (riferimenti continui alle quote latte, all’agricoltura, ai camionisti), occhieggiando però anche ai pensionati (al nome “Fornero” qualunque piazza reagisce con un ruggito di rabbia) e soprattutto provando a mettere lavoratori italiani contro migranti. Un’ipotesi di “blocco sociale” teoricamente vasto, ma handicappato da differenze sociali interni laceranti. E soprattutto inaccettabile per il potere multinazionale, quello che muove l’Unione Europea e i mille pupazzi della politica nazionale.

E’ un’operazione complessa, ambiziosa, complicata dalla totale assenza di credibilità del gruppo dirigente leghista al di fuori del territorio originario. Un’operazione che non è stata ancora metabolizzata dalla sua base storica, comunque. “Corna vichinghe” a parte, era utto un distinguere tra “prima gli italiani”, anzi “prima il nord”, ma quando mai “prima la Padania”, anzi “prima il Veneto”. Un modo idiota di presentarsi, si si vuole “conquistare Roma”. Ma di questa pasta è fatto il microuniverso legaiolo.

Allo scopo non sembrano molto utili né i vecchi attrezzi di Fratelli d’Italia, tantomeno i picchiatori di CasaPound, fermi alla “sovranità nazionale”, ma ferocemente contrari – storicamente e nel presente – alla “sovranità popolare”. Sembra chiaro il loro ruolo futuro: braccio armato collaterale, “mondo di mezzo” con lama o bastone alla mano, mentre i “pensatori leghisti” provano a delineare una strategia migliore.

Devono camminare tanto, però. Per ora – e tanto meno a Roma – per loro non c’è spazio. Giusto nei talk show…

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