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Non può che essere sciopero generale

Il governo Gentiloni/Renzi e l’Unione Europea cercano di convincerci che la crisi economica è finita, che c’è la ripresa e che da ora in poi la strada sarà in discesa. Ma per chi?

Nel Documento di programmazione Economica e Finanziaria che il Governo italiano sta scrivendo, e che sarà soggetto ai vincoli e alla preventiva approvazione dell’Unione Europea, l’unica cosa che si capisce
bene è che ancora una volta il sostegno dello Stato andrà alle imprese invece che ai lavoratori. Infatti mentre si rinnovano gli sgravi contributivi alle imprese, che mettono sempre più in difficoltà l’INPS, per favorire un’occupazione che sarà ad orologeria, cioè scadrà non appena scadranno gli sgravi come è sempre successo negli ultimi anni, non si concede nulla ai salari e agli stipendi dei lavoratori ormai stremati da una crisi che ha ridotto pesantemente la capacità di acquisto delle famiglie. Oltre 200.000 ulteriori posti di lavoro sono a rischio solo nelle grandi aree di crisi industriale e le privatizzazioni hanno prodotto e stanno ancora producendo centinaia di migliaia di esuberi.


E allora dov’è questa tanto decantata fine della crisi?

La disoccupazione giovanile non accenna a diminuire, ogni volta che si mette mano alle normative sul lavoro si introducono nuove forme di precarietà e di schiavitù mentre si evita accuratamente di introdurre un reddito garantito per chi non lavora o pur lavorando non ha salari adeguati. Si continua a tentare la carta della contrapposizione tra giovani e anziani, tra garantiti e non garantiti e sull’onda di queste vere e proprie “fake news” si continua ad aumentare l’età pensionabile per chi lavora, si riducono gli importi delle pensioni e così facendo si impedisce anche l’ingresso stabile nel mondo del lavoro ai giovani e ai disoccupati.

Intanto l’evasione fiscale ha raggiunto i 111 miliardi di euro.

I contratti nazionali invece che essere rinnovati ed essere strumento di avanzamento economico e di miglioramento delle condizioni di lavoro sono diventati l’occasione per contribuire allo smantellamento dello Stato Sociale introducendo il cosiddetto Welfare aziendale, attraverso cui supplire alle carenze dei servizi pubblici dovute alla incessante opera di smantellamento operata scientificamente per favorire la sanità, la scuola, la previdenza privata.

Con i soldi dei contratti dovremmo quindi pagarci le cure, gli asili nido privati, la pensione integrativa contribuendo così ad un ulteriore indebolimento dei servizi pubblici e contemporaneamente rinunciando ad una parte non piccola degli aumenti contrattuali.

Se la situazione economica continua perciò ad essere gravissima, la situazione sociale lo è altrettanto. Le guerre in medio oriente, lo sfruttamento selvaggio delle risorse dei Paesi del sud del mondo hanno prodotto una imponente fuga verso l’Europa di migliaia di profughi e rifugiati che cercano di salvarsi dalle guerre e dalla fame. Le forze più reazionarie hanno immediatamente lanciato una campagna xenofoba e razzista, alimentata dai mezzi di informazione, contro chi arriva fortunosamente nel nostro Paese scampando alla morte nel Mediterraneo, indicandoli agli Italiani più poveri e disagiati come la colpa della loro condizione e fomentando la guerra fra poveri.

I fascisti sono sempre stati uno strumento del capitale e anche in questa occasione stanno cercando di orientare la rabbia delle masse popolari non contro chi li affama, li licenzia, li lascia senza una casa o un lavoro ma contro chi, come loro, cerca di sottrarsi alla fame e alla miseria.

Ma che la situazione complessiva sia diventata eccezionalmente pesante e si rischi l’esplosione della polveriera i nostri governanti lo hanno capito benissimo e hanno prodotto una nuova, inaccettabile stretta repressiva.

Il Ministro dell’Interno, Minniti ha emesso decreti che, con la scusa della maggiore sicurezza, introducono norme severissime per colpire chiunque si azzardi ad organizzare e praticare il conflitto nella società e nei luoghi di lavoro. Intanto il Parlamento discute di una ulteriore pesante stretta al diritto costituzionale allo sciopero. Non disturbare il manovratore! È questa la parola d’ordine fatta propria da tutti partiti e anche in questo caso si cerca mettere gli utenti contro i lavoratori in lotta per giustificare una ulteriore stretta repressiva e sviare l’attenzione dalle responsabilità del governo e dei padroni che sono alla base delle lotte.

E allora c’è bisogno di fermare il paese
E allora c’è bisogno di tornare nelle piazze

10 novembre 2017
SCIOPERO GENERALE NAZIONALE
CONVOCATO DA USB CONFEDERAZIONE COBAS E CIB UNICOBAS
MANIFESTAZIONI NELLE PRINCIPALI CITTÀ

11 novembre 2017 USB ADERISCE E PARTECIPA ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA PROMOSSA DALLA PIATTAFORMA SOCIALE EUROSTOP
LO SCIOPERO GENERALE È CONVOCATO CONTRO LE POLITICHE
ECONOMICHE E SOCIALI DEL GOVERNO ITALIANO E DELL’UNIONE EUROPEA

Per affermare ed ottenere il diritto al salario, al reddito, alla pensione.
Per veri rinnovi dei contratti.
Per il rilancio della buona occupazione e la cancellazione della precarietà e di ogni forma di
sfruttamento.
Per la cancellazione della legge 107 nella scuola.
Per la difesa e il miglioramento della scuola e della sanità pubblica e per servizi sociali pubblici e gratuiti.
Contro le privatizzazioni e per la nazionalizzazione delle aziende strategiche per il paese.
Per fermare la deriva autoritaria e repressiva in atto,

Per la democrazia sindacale contro il monopolio delle organizzazioni sindacali concertative e per
difendere il diritto di sciopero, per il ritiro di ogni normativa che ne mini e riduca l’efficacia.

Per nuove politiche sociali in tema di diritto all’abitare, di salvaguardia e messa in sicurezza del
territorio, di contrasto alla xenofobia e al razzismo.

Abolizione completa del Jobs Act, della Legge Fornero, della “Buona scuola”, delle Leggi Minniti/Orlando

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