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Genova, il portavoce di Casapound che inneggia a Mussolini ma prendeva lo stipendio dagli ebrei

Per trovare le notizie, spesso, bisogna faticare parecchio. Anche perché le più interessanti – dal nostro punto di vista – vengono spesso nascoste tra le curiosità locali, se non addirittura ignorate.

Abbiamo preso questa dalla cronaca genovese di Repubblica, giornalaccio del Pd che soltanto ora, per motivi elettorali, va rimettendosi una casacca “antifascista” (per chiarimenti leggi qui, qui, qui e qui; ma ci sarebbero altre decine casi), ma prontissimo a dismetterla quando – subito dopo il voto di marzo – dovrà partecipare a un governo insieme a Berlusconi e probabilmente anche Salvini e Meloni.

Cosa si dice in questo articolo? Che un dirigente locale di CasaPound, addirittura il portavoce, “è stato per otto anni, fino al 2015, un alto dirigente di Zim, la società di shipping dello stato israeliano”.

Notate qualcosa di strano?

Noi ci vediamo almeno due cosette divertenti. a) Per essere assunti e lavorare 8 anni in una società di stato di Israele bisogna certamente passare qualche esame di idoneità politica, e un simpatizzante del “fascismo del terco millennio” dovrebbe aver vita dura ad essere abilitato dal Mossad ad operare in un settore delicatissimo come lo shipping (circolazione delle navi di proprietà dello Stato israeliano); b) CasaPound non si fa problemi a prendere come dirigenti gli odiati funzionari del “complotto demo-pluto-giudaico”; c) il servizio segreto israeliano – il Mossad, appunto – o si è distratto o ha messo un suo uomo alla guida dei neofascisti genovesi, tanto quelli se la possono prendere solo con i migranti, gli operai dotati di bandiera rossa e i “centri sociali”.

Comunque sia, si conferma che il neofascismo è sempre servo dei servi dei servi dei servi…

A seguire l’articolo di Repubblica

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Nelle scorse settimane un volantino anonimo, firmato “Lavoratori del porto di Genova” chiedeva l’intervento di Assiterminal e Confindustria ipotizzando due situazioni: la prima che la compagnia di navigazione Messina potesse finanziare CasaPound; la seconda che un alto dirigente della stessa società fosse un esponente di primo piano di Casa Pound.

Alla prima indiscrezione rispondono così i fratelli Messina: “Non abbiano nessuna tessera di partito e non abbiamo mai finanziato CasaPound”.

Più interessante, e per certi versi sorprendente, invece, il secondo punto.

Gabriele Parodi, cinquantenne, manager di primo piano di Messina da un paio di anni dopo esserlo stato presso altre società e altri terminalisti, è un dirigente di CasaPound Genova.

Lui stesso il 21 ottobre sul Secolo XIX si definisce “portavoce di CasaPound” quando annuncia che il suo partito si schiera a fianco dei cittadini di Multedo che boicottano l’accoglienza ai migranti nell’ex asilo Govone.

Ma Parodi è un personaggio particolare che si discosta dalla maggior parte dei simpatizzanti neofascisti che dopo la vittoria in Comune del centro destra sono apparsi, o riapparsi con maggior evidenza, sulla scena genovese.

Passa infatti dal gessato alla maglietta d’ordinanza della tartaruga nera, disquisisce nelle interviste di traffici portuali, mentre nella sua pagina Facebook oltre a foto con Iannone, leader di Casa Pound, e a proclami a favore dell’italianità e contro lo “ius soli” e l’accoglienza ai migranti, o contro gli operai Fiom, ci sono anche numerosi con post inneggianti a Mussolini. Nulla di strano per un militante di Casa Pound.

Ma il risvolto curioso è che nella sua vita da manager.

Parodi è stato per otto anni, fino al 2015, un alto dirigente di Zim, la società di shipping dello stato israeliano. Ci sono cioè buone probabilità che lo stipendio glielo pagasse un nipote di qualche ebreo finito nelle camere a gas grazie al contributo di quel Mussolini che Parodi nei suoi post ricorda con evidente nostalgia, ad esempio quando scrive, commentando una foto del duce a Genova “Quando si costruivano opere, non centri di accoglienza”.

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