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Il “Piano per il Sud” tra proclamazione di principi e perpetuarsi dei “furti di Stato”

In attesa che venga meglio dettagliato e successivamente realizzato, la qualcosa, come hanno osservato il costituzionalista Massimo Villone ( La Repubblica Napoli, 14 febbraio 2020) e gli economisti Pietro Massimo Busetta ( Economia Sicilia, 14 febbraio 2020) e Gianfranco Viesti ( Il Mattino, 15 febbraio 2020), non è affatto scontata, tra vecchie e nuove disponibilità liquide, il Piano per il Sud prevede investimenti per 123 miliardi di euro in dieci anni.

Di questi 123 miliardi, 30,7 miliardi sono soldi europei per il settennio 2021-2027, 5 miliardi sono il frutto del recupero di risorse europee del ciclo 2014-2020, 23,4 miliardi sono di cofinanziamento nazionale, 5,2 miliardi rientrano nel finanziamento territoriale, ed infine, 58,8 miliardi sono risorse nazionali per il Fondo di sviluppo e coesione.

Dunque, al netto di finanziamenti europei e dei corrispettivi cofinanziamenti nazionali, che, in realtà, la recente storia italiana insegna che non sono affatto scontati, il Piano promette che per il prossimo decennio lo Stato dovrebbe investire nel Mezzogiorno 63,9 miliardi, su base annua, la media di 6,39 miliardi.

Un cifra congrua sia rispetto ai principi di equità e perequazione fissati dal dettato costituzionale sia rispetto ai costi effettivi degli investimenti che si intendono realizzare?

Come è noto, di recente, Marco Ascione, ricercatore dell’ Eurispes, ha calcolato che dal 2000 al 2017 al Sud sono stati scippati ben 840 miliardi netti di spesa pubblica allargata. Su base annua, la cifra media di 49,4 miliardi di euro indebitamente sottratti ai diritti dei cittadini del Meridione.

Ora, stando agli attuali criteri di ripartizione iniqua della spesa pubblica in Italia, in primis, ma non solo, il “piede di porco” della spesa storica, se lo scippo di 49,4 miliardi dovesse essere confermato anche per l’anno corrente e per quelli successivi, la spesa media annua di 6,39 miliardi annunciata dal Piano per il Sud farebbe sì che il “furto di Stato” non solo non sarebbe eliminato ma continuerebbe al ritmo di 43,01 miliardi annui.

Inoltre, rispetto ai costi effettivi degli investimenti indicati nel Piano, come ha osservato l’economista Pietro Massimo Busetta: “ Mi pare che vi siano molte parole e buone intenzioni. Ad esempio, per l’alta velocità della Salerno-Reggio Calabria mi pare che siano stati previsti appena 3 miliardi mentre si sa benissimo che per fare l’alta velocità per 400 km, di miliardi ne occorrano circa 20”.

Insomma, sembra proprio che il Piano per il Sud sia un elenco di buoni principi che occultano il perpetuarsi delle politiche di spoliazione ai danni del Mezzogiorno e la conseguente inconsistenza delle risorse previste per quanto si intende realizzare.

Altro che equità! Altro che perequazione e restituzione del mal torto nel corso dei soli ultimi diciassette anni! Giù al Sud si stia attenti al “fumo della politica”, agli inganni dei “lupi” travestiti da “agnellini” e si continui a vigilare su un possibile scambio al ribasso tra la promessa di 123 miliardi e la “statuizione della ruberia” tramite l’attuazione del cosiddetto regionalismo differenziato.

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