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Ancora scontri nel Nagorno-Karabakh

Sabato scorso a Stepanakert, capitale della Repubblica del Nagorno-Karabakh, è stato ricordato con una fiaccolata il 101° anniversario dell’eccidio di oltre un milione e mezzo di armeni da parte dell’esercito ottomano, ufficialmente ricordato il 24 aprile. I partecipanti alla manifestazione hanno condannato le azioni di un secolo fa e quelle attuali di Turchia e Azerbajdžan contro il popolo armeno, una forte maggioranza del quale compone l’enclave proclamatasi indipendente da Baku venticinque anni fa. Ankara nega tutt’oggi il genocidio, a dispetto di stati come Uruguay (che per primo lo riconobbe nel 1965) e Russia e anche dei propri sponsor occidentali, tra cui Francia, Italia, Germania, Olanda, Belgio, Polonia e 45 dei 50 stati USA.

In ogni caso, dopo il riaccendersi degli scontri all’inizio del mese, per i quali si era da più parti puntato il dito su Ankara, quale “patrocinatore” dell’offensiva militare azera contro l’autonomia del Nagorno, nei giorni scorsi sono tornati a intensificarsi gli scambi di artiglierie tra forze azere e armene. Secondo informazioni diffuse dal Ministero della difesa di Erevan, per l’intero pomeriggio di sabato, batterie di mortai azeri da 60 e 82 mm, lanciagranate, razzi anticarro “Spike” e droni da combattimento avrebbero martellato le posizioni del Karabakh, prima lungo la direttrice di Talyš e, successivamente, nelle aree di Martakert, Askeran e ancora Talyš. Secondo Baku, al contrario, le forze azere avrebbero respinto un tentativo armeno di attaccare le loro posizioni con obici, lanciagranate e mortai.

Anche stamani Erevan è tornata ad accusare l’Azerbajdžan di aver violato per ben 120 volte, la notte scorsa, il cessate il fuoco sottoscritto il 5 aprile scorso tra Baku e Stepanakert, con l’intermediazione russa, dopo i duri scontri del 2 e 3 aprile, che avevano visto l’impiego di mezzi corazzati e aviazione e avevano provocato vittime anche tra la popolazione civile. Riportando la nota armena, la Tass specifica di non disporre di informazioni da parte azera. Appena lo scorso 21 aprile, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa era tornata sul tema degli ultimi scontri armati nel Nagorno-Karabakh, ma la distanza tra le posizioni armene e azerbajdžane non aveva portato ad alcun risultato costruttivo.

Il conflitto tra Armenia e Azerbajdžan per la questione del Nagorno-Karabakh è rimasto più o meno “congelato” dalla fine delle ostilità, nel 1994. Abbastanza improvvisamente, erano tornati a registrarsi scontri di una certa gravità nel luglio e nel novembre 2014 e ancora nel settembre 2015. Poi, all’inizio di questo mese, c’era stata quella che l’Armenia considera una ”aggressione militare su larga scala da parte dell’Azerbajdžan” al Nagorno-Karabakh. In quei giorni, secondo notizie diffuse da Interfax, si era parlato di un probabile coinvolgimento turco nel riaccendersi del conflitto, dopo che Ankara aveva espresso a più riprese il proprio appoggio alla parte azera e Recep Erdoğan personalmente aveva dichiarato che “la Turchia farà tutto il possibile perché i territori occupati dell’Azerbajdžan vengano liberati”.

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